Nella Nuova Strategia di Sicurezza Nazionale espressa dall’amministrazione Biden, Russia e Cina rimangono nel mirino.
Russia e Cina nel mirino
L’amministrazione Biden parla di allineamento crescente tra i Russia e Cina.
Si intuisce che gli USA percepiscano il mondo ancora come unipolare (forse non a torto, a dire il vero).
La Cina viene indicata come l’unico competitore in grado (e con la volontà) di sovvertire l’ordine internazionale (la globalizzazione americana unipolare).
Scopo verso la Cina è quindi il mantenimento del primato.
Mentre la Russia è indicata come profondamente pericolosa (dove quel profondamente acquisisce un particolare significato militare e strategico).
La Russia possiede l’area pivot e che tutte le amministrazioni USA hanno indicato come tale, almeno da inizio ‘900. Inoltre, il grande orso è al momento l’unico paese con potenziale bellico (visto sul campo) in grado di condurre una guerra su due o più fronti contro gli USA (e non beviamoci le panzane sulla guerra in Ucraina, un conto è una guerra in una provincia riottosa che può durare anche due anni – per esigenze economiche e di opinione pubblica -, un conto è se la Russia dovesse combattere apertamente gli USA).
Non solo: Mosca possiede circa 6000 testate nucleari e soprattutto ha una storia militare e di produzioni armi sul campo che la Cina non ha.
In ambito militare, ogni potenziale rimane tale finché non sperimentato (anche perché l’esperienza ha sempre un peso, specie nelle questioni gestionali o organizzative).
Nel corso della Storia, formidabili macchine da guerra sono state fatte a pezzi appena messe in moto, da meccanismi di dissenso interno o dalla semplice inesperienza dei comandi (questo non vuol dire che vada sempre così e che per la Cina sia così, vuol dire che il rischio esiste e i cinesi stessi lo sanno e per questo temporeggiano).
Il documento è importante perché indica due diverse strategie sia da parte dei secondi multipolari, che da parte USA.
La Russia punta a mantenere un peso militare e profondità strategica (l’area pivot) stipando armi, addestrando uomini (anche in piccole guerre locali, so che è cinico, ma così funziona il mondo).
La Cina punta invece a tutto campo, quella è la sfida geopolitica e come tale non si limita solo a costruire droni e navi telecomandate o portaerei, ma punta al dominio in tutte le tecnologie del futuro (spazio, estrazione mineraria su altri corpi celesti, computer quantistici, fusione nucleare, intelligenza artificiale, riconoscimento facciale, ecc).
Gli USA – che non sono amministrati da Topolino un po’ rimbambito, anche se vogliono farcelo credere – sanno bene che la Cina ha un vantaggio sul tempo: il predominio economico entro l’inizio degli anni ’30.
Qualcuno (forse nell’amministrazione Obama) ha pensato a un mondo gestito in duopolio con Cina potenza economica e Usa potenza militare, legando i due paesi con una serie di interessi economici (import-export e catena del debito) e sperando (perché credono alle loro stesse ideologie, invece di usarle per governare le masse) che questo avrebbe fatto crollare la Cina da dentro (capitalismo, soldi, democrazia e coca cola).
L’avvento di Trump ha di fatto rotto questa lettura un po’ superficiale del mondo e ormai il dado è tratto e anche l’amministrazione Biden si è settata su questo vincolo: vuoi perché ormai la macchina è partita o (forse più probabile), perché la Cina dal biennio 2010/2011 – mentre il resto del mondo cercava di tirarsi fuori dalla grande crisi economica -, ha investito nel mercato interno, smentendo la visione della Cina come paese destinato al solo export (e che quindi aveva negli USA e nella ricca corte di alleati bianchi, europei e anglofoni degli oceani, un destino). Insomma, le guerre iniziano anni prima che vengano dichiarate apertamente.
Se il Partito Comunista Cinese emancipa 900 milioni di poveri dalla fame e in 15 anni crea un’agenzia spaziale e fa missioni sulla Luna e su Marte (e ad esempio la missione cinese sul lato nascosto dalla Luna in termini tecnici non ha nulla da invidiare all’allunaggio umano), crea navi automatiche che trasportano droni, stipula accordi con isolette del Pacifico e soprattutto rimpiazza gli USA come partner mondiale del commercio e intanto alza il mercato interno, è già guerra.
È una guerra commerciale, ma come ci insegna tutta la Storia del mondo (o se preferite almeno dal blocco continentale di Napoleone, le guerre dei dazi di fine ‘800, il protezionismo degli anni ’30 o le sanzioni all’Italia del 1936 e della Russia dal 2014), ogni guerra commerciale prima o poi diventa guerra convenzionale.
Questa cazzata ideologica della post-storia che possiamo continuare a fare gli aperitivi mentre il mondo crollo è bene dimenticarla. I contendenti (cioè le classi dirigenti delle varie potenze) non ci stanno ancora usando come carne da macello non per bontà divina o per un destino manifesto, ma perché ancora non sono pronti.
Dico queste cose e mi sento un alieno, uccello di sventura pericoloso, forse fuori di testa. Tutti hanno bisogno di continuare a pensare che tutto scorrerà in eterno uguale a se stesso.
Il vero danno della società dello spettacolo e delle flash news, un flusso costante di informazioni ci ha trasformato in zombie incapaci di prospettiva storica e di capire che i periodi di pace e benessere (anche i più lunghi, felici e prosperi) prima o poi finiscono.
Cala il sipario.
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