C’è aria di cambiamento in Colombia, quello che si auspicava con l’arrivo del nuovo Presidente Gustavo Petro: martedì 18 ottobre il Congresso della Repubblica ha definitivamente approvato per il 2023 uno stanziamento di 85,5 miliardi di dollari da investire principalmente in istruzione, salute pubblica e agricoltura. Il disegno di legge, passato con 71 voti favorevoli al Senato (e sette contrari), e 144 voti alla Camera (con 13 contrari) ingloba una “spesa sociale” senza precedenti, la più alta nella storia del Paese, che come ha detto il ​​ministro delle finanze Jose Antonio Ocampo verrà impiegata anche in «programmi a favore della pace» per tentare i conflitti con i gruppi armati che da decenni sono attivi nel Paese.

Nello specifico, i finanziamenti all’istruzione cresceranno del 10,3%, quelli per il settore sanitario del 19,8%, mentre per l’agricoltura si prevede un aumento della spesa del 62,6%. È uno dei settori su cui Petro conta di più, principalmente per contrastare l’attività mineraria ed estrattiva. Anche la difesa vedrà un aumento del 9,91%, così come cresceranno gli investimenti per il servizio del debito – l’ammontare necessario a pagare gli interessi e le rate capitale dei finanziamenti alle imprese. Non mancheranno, ha assicurato il Presidente, soldi spesi per rimpolpare stipendi e pensioni, misure necessarie per arginare i danni dell’inflazione.

Di grossi investimenti e voglia di cambiare la rotta Gustavo Petro ne aveva parlato molto in campagna elettorale. Ma, come spesso accade davanti a promesse di un certo tipo, il timore è che alla fine si rivelino un nulla di fatto, svanendo subito dopo le elezioni. Invece tra alti e bassi, da quella domenica 19 giugno del 2022, data della sua elezione, il Presidente neo eletto sta provando per davvero a cambiare le carte in tavola. Ripercorrendo brevemente la sua ascesa, la presenza in politica di Petro non è una novità. È stato ex sindaco della capitale Bogotà ed è leader del Pacto Histórico, un’alleanza di sinistra socialista. È noto soprattutto per il suo passato da ex guerrigliero del Movimento 19 aprile, una fazione rivoluzionaria marxista operante tra gli anni ’70 e ’80 in lotta con il Governo (fino alla pace firmata nel 1990).

Prima di lui la Colombia non era mai stata governata da un rappresentante di sinistra e fino alla scorsa estate aveva custodito gelosamente la propria anima conservatrice e filo-americana. Che, a quanto pare, non piace più. Negli ultimi anni infatti migliaia di latinoamericani sono scesi in piazza a protestare (anche in Perù, in Cile) contro i partiti al comando e per una generale insoddisfazione per il modello economico vigente, le istituzioni esistenti, la corruzione, la collusione tra stato e militari e l’ombra americana che domina dall’alto (vi avevamo consigliato un documentario sulla lotta per la giustizia del popolo colombiano).

Con questa elezione, la Colombia ha proprio mostrato di voler intervenire sulla struttura intera della società, a partire da una completa revisione dei rapporti con gli Stati Uniti. A proposito di questo, uno dei punti più importanti nel programma di Petro – sostenuto da Marquez, la prima vice-presidente donna e nera della storia del Paese – è quello di provare a rimuovere le cause dei continui conflitti che devastano il territorio. Come? Principalmente ripensando le logiche della sicurezza e della “guerra alla droga”, strategie made in USA fondate sulla repressione che hanno dato esiti fallimentari.

Nella visione di Petro, è impossibile raggiungere la pace interna senza una più equa redistribuzione delle ricchezze e proseguendo con l’approccio militare alla questione delle sostanze stupefacenti. Anche i numeri raccolti negli anni mostrano i fallimenti di tale strategia: nonostante le ingenti somme di denaro (10,4 miliardi di dollari tra il 1999 e il 2017) ricevuti da Washington per contrastare il narcotraffico – un’ottima pretesa per mantenere la presenza militare all’interno del Paese, con la compiacenza dei suoi predecessori -, ad oggi la Colombia rimane il primo produttore di coca al mondo (+30% di immissione sul mercato rispetto al 1999). È evidente che il proibizionismo non ha dato i frutti sperati, e per questo Petro vuole tentare una tattica diversa: fermare le eradicazioni forzate delle piante di coca e la dura repressione, puntando invece ad una maggiore apertura attraverso accordi territoriali con i contadini e con gli imprenditori locali. Questo atteggiamento, secondo il Presidente, metterebbe in grosse difficoltà i cartelli della droga, a vantaggio degli agricoltori locali (e della conservazione della foresta amazzonica colombiana per cui si battono gli indigeni).

È difficile stabilire se le cose andranno effettivamente in questa direzione e se tutto questo accadrà – anche se è già nell’aria una proposta di legge per depenalizzare la cocaina. Per Petro il percorso non sarà in discesa: già durante il ballottaggio erano stati molti i tentativi messi in atto per screditarlo. Potrebbe ricapitare. Quello che è certo è che i colombiani hanno deciso di provare a cambiare la propria storia.

[di Gloria Ferrari]

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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