La rappresentatività elettorale è soltanto una componente tra le diverse che debbono essere analizzate per giudicare correttamente grado di rapporto sociale e prospettive di stabilità di un sistema politico: purtuttavia ne rappresenta una parte essenziale che non può essere sottovalutata.
All’indomani della formazione di un governo che ha (almeno sulla carta) riprofilato a destra l’asse su cui si muove il sistema politico italiano è il caso allora di sviluppare alcune considerazioni uscite dalle macro – cifre delle urne del 25 settembre.
Partiamo dato di rappresentatività complessiva delle forze politiche presentatesi al giudizio del corpo elettorale (dati riferiti al territorio nazionale salvo la Valle d’Aosta).
Il grado di rappresentatività complessiva tra elezioni del 2018 e quelle del 2022 è calato di 9,58 punti percentuali: elezioni 2018, le iscritte/i aventi diritto erano 46.505.350, in quell’occasione si ebbero 32.841.025 voti validi (esclusi quindi astenuti, schede bianche, schede nulle) pari al 70,61%; elezioni 2022 le iscritte/i aventi diritto erano 46. 021.956, con 28.087.885 voti validi pari al 61,03% (chi ha l’ardire di scrivere queste note è un sostenitore della tesi che la crescita dell’astensionismo indebolisca oggettivamente il sistema democratico e che non si tratti, come semplicisticamente affermato da qualche parte, di un riallineamento verso le cosiddette “democrazie mature”).
Sviluppiamo un’analisi riferita ai grandi blocchi: nel 2018 si verificò sostanzialmente una “tripartizione” tra centro-destra, centro-sinistra e M5S con una sostanziale marginalità delle forze collocate a sinistra del centro-sinistra; nel 2022 la tripartizione si è trasformata in quadripartizione con l’ingresso delle formazioni di centro staccatesi dal centro-sinistra e presentatesi in forma autonoma, mentre si è accentuata la marginalità delle forze “a sinistra” considerato il rientro nell’ambito dell’alleanza della forza di maggiore consistenza che nel 2018 si era presentata a lato del centro – sinistra.
Verifichiamo allora alcuni punti fermi:
1) La maggiore responsabilità della caduta nella capacità di rappresentanza del sistema è da attribuire al M5S, che ha pagato la nemesi dell’antipolitica. Appare, infatti, del tutto incomprensibile la valutazione positiva del dato relizzato da questa formazione da parte di molti commentatori. Il M5S scenda da 10.732.066 voti a 4.333. 972 (dei quali 2.426.488 raccolti al Sud : aprendo così la faglia della differenziazione territoriale nella distribuzione del voto come fatto di grande rilievo sul piano politico e sociale) mentre la percentuale riferita al totale degli aventi diritto che era del 23,07% nel 2018 si colloca al 9,41% nel 2022 con una flessione del 13,66%, quindi di quattro punti e oltre la crescita dell’astensione;
2) La formazione centrista Azione-Italia Viva ottiene un risultato che colma la differenza tra la caduta del M5S e la crescita dell’astensione. Assente nel 2018 il Centro ottiene nel 2022 2.186,745 voti pari al 4,75% delle iscritte/i nelle liste aventi diritto;
3) La presenza dei centristi ha rappresentato un ulteriore elemento di spostamento d’asse del sistema. Il centro-sinistra infatti ingloba due forze già schierate “a sinistra ( Articolo 1 e Sinistra Italiana – Verdi) e chiude praticamente in pareggio tra il 2018 e il 2022, con una flessione dello 0,20%: 2018 7.506.223 16,14%, 2022 7.337.975 15,94% (sempre sul totale delle iscritte/i aventi diritto);
4) Anche il centro – destra risulta praticamente stabile con un guadagno dello 0,59%. 2018: 12.152.345 voti pari al 26,13%; 2022 12.300.244 voti pari al 26,72%: L’esito elettorale è quindi chiaro come ha sostenuto il presidente Mattarella nel sollecitare l’accelerazione dei tempi nella formazione del nuovo esecutivo ma lo stesso esito elettorale si è anche tradotto, attraverso la formula elettorale, in una insopportabile deviazione nel meccanismo di formazione delle Camere (tanto più ridotte nel numero dei componenti e già sottoposte al bersaglio del meccanismo dei decreti legge che le hanno via, via trasformate in meri strumenti di ratifica e di attribuzione di fiducia in bianco). E’ urgente l’avvio di una grande campagna per la modifica della formula elettorale e debbono essere avanzate al più presto proposte di merito.
5) Compare anche una esilissima ( non rappresentata) fetta di elettorato a destra del centro-destra che supera l’1% sul totale delle iscritte/i aventi diritto. Italexit 574.579 voti pari all’1,16%;
6) Scompare quasi del tutto la presenza elettorale a sinistra del centro-sinistra. Nel 2018 Leu aveva ottenuto 1.114.799 voti pari al 2,39% e Potere al Popolo 372.179 voti pari allo 0,24%. 2022: rimane Unità Popolare erede di Potere al Popolo con 402.987 voti pari allo 0,87%.
7) Nel frattempo si è avuta una graduale perdita di rappresentatività del partito di maggioranza relativa: altro dato di indebolimento progressivo del sistema.
Queste le cifre:
Politiche 2013: Movimento 5 stelle 8.691.406 totale iscritti nelle liste 46.905.154 : 18,52%
Europee 2014: Partito Democratico 11.172.861 totale iscritti nelle liste 49.256.159 : 22,68%
Politiche 2018: Movimento 5 Stelle 10.732.066 totale iscritti nelle liste 46.505.350 : 23,07%
Europee 2019: Lega 9.153.638 totale iscritti nelle liste 49.301.157: 18,56%
Politiche 2022: Fratelli d’Italia 7.300.628 totale iscritti nelle liste 46.127.514 : 15,82%.