Tutta la grande stampa italiana è improvvisamente dolcissima con Meloni, come Putin con Berlusconi. Il pericolo fascista sembra sparito, mentre la legittimazione di NATO, USA e UE fa del governo di estrema destra un campione dell’Occidente, come quelli baltici o polacco.
Dopo un po’ di tempo di maturazione, l’establishment ha cambiato di spalla al proprio fucile.
Una volta il sistema, quando c’era da far ingoiare controriforme alle classi popolari, usava il centrosinistra. Questa linea fu cinicamente annunciata negli anni 90 da Gianni Agnelli , che una volta, incontrandosi a Torino con D’Alema, dichiarò: io sono favorevole ai governi sinistra, perché solo con la sinistra al governo si posso fare politiche che non piacciono ai lavoratori e ai sindacati.
La sinistra di governo si è autodistrutta così, accettando l’offerta di Agnelli.
Ora il sistema usa il consenso della destra con lo stesso scopo: continuare a comandare e a fare i propri affari.
Draghi, quando era ancora a capo della BCE, affermò che in politica economica era in vigore il pilota automatico. Cioè nessun governo poteva uscire dai percorsi di liberismo ed austerità, percorsi tracciati dai vincoli dei trattati europei. Vincoli che la pandemia e poi i fondi del Recovery hanno un poco e temporaneamente allentato, ma non modificato.
La guerra tra NATO e Russia ha poi imposto un altro obbligo, altrettanto rigido come quello economico: quello della fedeltà militare euroatlantica.
Così i due punti fondamentali che definiscono un governo, economia e politica estera, sono già stabiliti per Meloni; e sono gli stessi di Draghi e dei suoi predecessori.
Il governo di destra dovrà obbedire ai padroni del sistema e avrà come spazio di manovra lo stesso che avevano quelli di centrosinistra: i diritti civili e della persona. E qui però finisce la specularità tra i due schieramenti di governo di questi decenni.
Perché il centrosinistra ha sì proclamato la centralità dei diritti, ma poi ha fatto ben poco in concreto per essi. E questo perché i diritti non viaggiano per compartimenti stagni, se li togli ai lavoratori e ai pensionati, non puoi poi estenderli alla società.
La destra invece i diritti li aggredirà sul serio perché la guerra tra i poveri e dei penultimi contro gli ultimi è parte fondamentale della sua natura ideologica e pratica. Per la destra libertà di licenziamento e aggressione al diritto all’aborto stanno bene assieme, così come le scelte guerrafondaie e il regime razzista verso i migranti. Fedeltà alla NATO e leggi di polizia. Ancora una volta la Polonia insegna.
Non c’è nulla di più di destra della guerra, che è la prima vera forza costituente della politica. Se il governo Meloni riuscirà a trasferire sul piano interno le ragioni della partecipazione italiana alla guerra alla Russia, allora cercherà di realizzare con coerenza il peggio dei programmi della destra.
Draghi e Meloni non si sono scambiati affetto e complimenti solo per l’efficacia mediatica della cerimonia del campanello. No, il passaggio di consegne dal governo dei tecnici a quello dei reazionari avviene nella più pura continuità dei programmi .
Come il fascismo fu autobiografia della nazione, secondo la definizione di Piero Gobetti, così il governo Meloni rappresenta la conclusione di decenni di involuzione sociale, politica e culturale del Paese. Involuzione a cui hanno dato un contributo determinante sia i governi di centrosinistra, sia quelli tecnici.
Non c’è nessun salto dai draghisti ai clerico fascisti, ma un profondo legame, quello storico tra liberismo e fascismo ora consolidato dalla guerra.
Per questo l’opposizione a Meloni dovrà essere anche alla guerra e al draghismo. Altrimenti non sarà opposizione, ma collaborazione.

Giorgio Cremaschi PaP

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