Ieri mattina si è tenuta a Palazzo Chigi la consueta cerimonia della campanella, tappa istituzionale che segna il passaggio di consegne tra il vecchio e il nuovo governo. Un passaggio che, al momento, sembra trascendere la metafora per inseguire la continuità più totale. La lista dei ministri presentata dal nuovo presidente del Consiglio Giorgia Meloni s’inserisce infatti in una direzione abbastanza chiara, quella dell’atlantismo e dell’europeismo, inseguita con passione da Mario Draghi durante la sua esperienza a Palazzo Chigi. Il Ministero dell’Economia è stato affidato a Giancarlo Giorgetti, il leghista nonché amico ed estimatore dell’ex banchiere centrale che ha guidato il MISE nel governo dei migliori, mentre alla Sanità è stato nominato Roberto Schillaci, già membro del CTS di Roberto Speranza che aveva definito il green pass uno «strumento indispensabile per assicurare la sicurezza». Nelle scorse ore si è aggiunta la nomina dell’ex ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, nel ruolo di nuovo consulente di Palazzo Chigi per l’energia. Il sostegno a Unione europea, NATO e Ucraina – inserito nel programma elettorale della coalizione di destra – è stato invece calcificato da un ammiccante scambio di tweet tra Giorgia Meloni e il segretario di Stato statunitense, Antony Blinken.
«Non vediamo l’ora di continuare la nostra eccellente partnership con l’Italia per affrontare le sfide globali, sostenere l’Ucraina e rafforzare l’Alleanza Transatlantica» ha scritto il braccio destro di Joe Biden, Antony Blinken. Il focus, concentrato sul sostegno all’Ucraina e sull’appoggio alla NATO, dimostra la preoccupazione degli Stati Uniti per uno “strappo” politico di Giorgia Meloni con il governo precedente. Non è mancato infatti da parte di Blinken un elogio all’ex ministro degli Esteri italiano, Luigi di Maio, per «la sua leadership» che ha contribuito a «una partnership USA-Italia più forte che mai». Relazione che, oltre alla collaborazione militare con Kiev, ha visto un indebolimento (da record) dell’euro nei confronti del dollaro, complici i legami interrotti tra alcune economie europee (Italia e Germania soprattutto) con la Russia e la possibilità da parte degli Stati Uniti di esportare gas e petrolio nel continente.
Il tutto a prezzi non proprio da alleati. Secondo i calcoli del Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti, a gennaio 2020 il prezzo medio del gas liquido esportato era di 5,4 dollari per Mcf (mille piedi cubi, pari a 28 metri cubi di gas), a giugno scorso è arrivato a 14,3 dollari. Mentre, sul mercato interno il gas naturale scambiato all’Henry hub si aggira attualmente intorno ai sei dollari per Mcf. Nonostante ciò, Giorgia Meloni si è affrettata a ribadire la solidità del legame con Washington e con tutta la comunità atlantica, definita come «un baluardo di valori comuni che non smetteremo mai di difendere». In risposta al messaggio di Blinken, il nuovo presidente del Consiglio ha dichiarato: «Sai che gli Stati Uniti e tutti i nostri partner della NATO possono contare su di noi per sostenere al meglio il coraggioso popolo ucraino e rafforzare la nostra partnership strategica». Nessuna parola su una maggiore solidarietà, invocata invece dai ministri degli Esteri di Germania e Francia, secondo cui «la guerra in Ucraina non deve sfociare in una dominazione economica americana e a un indebolimento dell’Unione europea».
Per quanto riguarda gli affari interni, Giorgia Meloni ha deciso di affidare le chiavi di dicasteri cruciali a profili con una certa continuità con l’operato del presidente dimissionario. Dal Ministero dell’Economia – guidato da Giancarlo Giorgetti, il “leghista più vicino a Draghi” – a quello della Sanità, affidato al tecnico Roberto Schillaci, già membro del CTS di Roberto Speranza che aveva lodato il Green Pass, soprattutto negli ambienti scolastici: «Il fatto che dei ragazzi in media ventenni abbiano capito il senso civico della loro vaccinazione è un fatto importante, il green pass rimane uno strumento indispensabile per assicurare la sicurezza nelle aule». Roberto Cingolani, ex ministro della Transizione Ecologica, non è entrato a far parte della nuova squadra di ministri, tuttavia ha rimediato una nomina a consulente di Palazzo Chigi per l’energia. «Un incarico non retribuito, concordato con Draghi e Meloni», ha commentato Cingolani.
Gli sguardi compiacenti durante la cerimonia della campanella raccontano di un passato, quello di Meloni all’opposizione durante il governo Draghi, ormai alle spalle. Appare quasi la volontà di venirsi incontro, di siglare un compromesso politico. Rassicurazione con i partner esteri in cambio di una certa continuità d’agenda? Dietrologie al sapore di Prima Repubblica a cui soltanto i posteri potranno rispondere. A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca, diceva Andreotti, il politico che degli accordi sotterranei ne fece un habitat naturale.
[di Salvatore Toscano]