Il governo Meloni e il sovranismo dei Padroni
quando quella mattina del 24 febbraio Putin s’è svegliato male e senza motivo ha invaso l’Ucraina sovrana, pacifica e democratica, interrompendo così per la prima volta 2650 anni di pace perpetua, in un mondo dove grazie alla moral suasion di Massimo Gramellini e Nathalie Tocci eravamo riusciti dentro ai cannoni a metterci i fiori, quello che ha avviato non è semplicemente il genocidio gratuito di tutta la popolazione civile del granaio d’europa, ma anche la più grande carestia globale mai vista
fino ad allora le sorti progressive della globalizzazione e della rivoluzione agricola, erano riusciti a debellare la fame nel mondo, e avevano garantito a tutti i contadini del pianeta tenori di vita più che opulenti
un gigantesco castello incantato, che il dittatore solitario affetto da ogni tipo di psicopatologia possibile immaginabile, è riuscito a fare crollare nell’arco di poche ore grazie a quei due tre missilotti scassati di derivazione sovietica che costituiscono il miserabile arsenale del suo patetico regime oscurantista
“un esperto di sicurezza alimentare sostiene che dopo che l’invasione russa ha devastato la produzione nel mondo sono rimaste riserve alimentari per appena 10 settimane”
ora, io estremizzo e ci scherzo, ma più o meno l’hanno raccontata davvero così
Putin era così cattivo che non solo sterminava civili a caso come non si era mai visto fare da decenni, ma affamava anche l’universo mondo
mi ricordo anche di quando il giorno dopo che grazie alla paziente mediazione turca russi e ucraini erano riusciti a trovare un accordo per sbloccare l’esportazione del grano ucraino un paio di missili del cremlino erano esplosi vicino a qualche silos, e la sinistra boldrina aveva reagito scandalizzata: hai visto budin, vuole boicottare l’accordo
ovviamente era na panzana gigantesca. com’è normale che sia dopo l’accordo gli ucraini cercavano un po’ di approfittarne per fare le loro manovre nella speranza che vicino ai silos e alle navi destinate al trasporto del grano ci fosse una specie di zona franca, e Putin ha mandato un chiaro segnale che non era il caso di tirare troppo la corda
ma l’isteria antiputiniana è un po’ così: la realtà, anche quella più evidente e banale, è un optional
come appunto i dati sulla crisi alimentare. che non c’è mai stata
in questo grafico pubblicato da foreign policy su dati della FAO in blu si vede l’andamento della produzione cerearicola globale, che quest’anno non è andata per niente male, anzi
in viola poi si vede anche la percentuale delle scorte di magazzino che è stato utilizzato, che nel 2022 è stato inferiore agli anni precedenti
insomma, il titolo che abbiamo citato sopra sull’esperto di sicurezza alimentare che prevedeva l’apocalisse nell’arco di 10 settimane era un po’ della serie “mio cugino mi ha detto cha da bambino una volta è morto”
piuttosto, il problema sono le altre due curve, quella verde, che riporta l’indice del prezzo dei cereali, e quella gialla, che riporta l’indice dei prezzi alimentari in generale, passati da meno di 100 dollari nel 2019, a ben oltre 150 ad nell’aprile di quest’anno
quelli si che sono schizzati verso l’alto. a livelli intollerabili. solo che nonostante questa cosa farà piangere johnny “il contrario del giornalismo” riotta, putin c’entra il giusto
la curva aveva cominciato ad impennarsi tipo due anni prima dell’inizio della guerra
di chi è la colpa?
incredibile ma vero, del mercato
o meglio, delle classi dirigenti del mondo libero che negli ultimi 20 anni hanno imposto al resto del mondo tutti gli strumenti più astrusi per permettere a un manipolo di speculatori di trasformare il mercato in una gigantesca sala bingo globale
“scommettere sulla fame” titolava the wire questa estate
e continuava: “la speculazione sui mercati sta contribuendo all’insicurezza alimentare globale”
the wire ricostruisce i contenuti del rapporto pubblicato da Lighthouse Reports intitolato “gli approfittatori della fame”, dove si analizza il ruolo che la speculazione ha avuto nell’impennata dei prezzi delle commodities alimentari
l’indagine dimostra come negli ultimi 2 anni sia andato crescendo esponenzialmente l’interesse dei fondi speculativi nel mercato dei future legati ai prodotti alimentari
“stanno letteralmente scommettendo sulla fame, e la stanno esacerbando”, scrivono
una delle principali piazze dove vengono scambiati i future sul grano è parigi. qui, secondo l’indagine, il peso dei contratti passati di mano agli operatori che non hanno nessun legame con la produzione, ma sono esclusivamente speculativi, è passato dal 23% del maggio 2018, al 72% dell’aprile 2022
cioè, solo un 3 contratti ogni 10 erano stati acquistati da operatori del settore, per rispondere all’esigenza per cui erano nati, e cioè offrire una specie di forma di assicurazione contro eccessive oscillazioni dei prezzi
e così il prezzo del grano sulla piazza di parigi nelle sole due settimane successive all’inizio della guerra è passato da 287 euro a 396, per poi arrivare a quota 418 euro a fine aprile
idem al mercato del grano di minneapolis, dove i fondi speculativi hanno aumentato la loro presenza del 180% netro la fine del secondo mese di conflitto
non è la prima volta che il mercato affama più gente di tutti i dittatori del mondo messi assieme
anche tra il 2007 e il 2008 i fondi speculativi vissero un periodo di innamoramento per le commodities alimentari
risultato? il prezzo del mais nel giro di un anno crebbe del 70%, quello del grano del 120 e quello del riso del 180, condannando alla fame oltre 60 milioni di persone
dopo quell’episodio l’opinione pubblica si convinse che era il caso di mettere un freno a queste follie speculative, e sia gli Stati Uniti che l’Unione Europea emanarono leggi che puntavano almeno in apparenza a contrastare il dilagare del fenomeno
ma come ricordano i ricercatori di Lighthouse report “su entrambi i lati dell’atlantico le istituzioni non riuscirono a implementarle”
Negli Stati Uniti con il Dodd Frank Act venne dato mandato alla commissione del congresso che ha il compito di vigilare sul mercato dei future di introdurre dei limiti alla quantità di contratti che potevano essere trattati dagli speculatori. Ma grazie all’intervento dell’associazione internazionale degli operatori che trattano i derivati, e che conta membri del calibro di goldman sachs, bank of america e deutsche bank, non se ne fece mai di niente
ora, gli eccessi della speculazione finanziaria sono la cifra che in assoluto più caratterizza la nostra epoca, e non c’è niente di nuovo
la speculazione sulle commodities alimentari però ha questa simpatica caratteristica che non si limita a trasferire ricchezza dall’economia reale a quella di carta
affama direttamente i popoli. e in particolare i piccoli lavoratori agricoli indipendenti. e poi li percula pure con un po’ di greenwashing d’accatto, spacciando per sostenibili forme intensive di coltivazione e di allevamento, che vengono farcite di hype markettaro: dall’agricoltura di precisione, alle varie favolette sulle sorti progressive delle biomasse
negli ultimi 30 anni infatti la globalizzazione forzata imposta dal ciclo neoliberista a guida USA ha ridotto in cenere la millenaria resilienza di chi campa affondando le mani nella terra
e così oggi ogni piccolo smottamento dei mercati globali, si traduce sistematicamente in una devastante crisi alimentare: bel 3 solo negli ultimi 15 anni
avendo trasformato i prodotti agricoli in commodities, il legame tra i prodotti della terra e le necessità da un alto di chi la lavora, e dall’altro di chi ne consuma i prodotti, è stato completamente azzerato
giusto per fare un esempio: negli USA ogni anno vengono prodotte 400 milioni di tonnellate di Mais. lautamente sovvenzionate con fondi pubblici. come scrive foreign policy, che non è esattamente l’organo dei contandini marxisti leninisti del sud dell’India “in tempi di buoni raccolti, questi sussidi promuovono la sovrapproduzione, e così il mercato globale viene invaso da mais a basso costo, che mette fuori dal mercato i piccoli produttori locali. quando i raccolti globali sono scarsi invece, questa stessa sovrapproduzione affama i popoli, perchè mentre c’è in giro più cibo del necessario, semplicemente viene dirottato verso altri consumi: mangime per gli allevamenti, carburanti di origine vegetale. tutto, tranne che sfamare chi ne ha bisogno”
l’anno scorso ad esempio il 40% del mais prodotto negli USA è stato trasformato in bioetanolo, e un altro 40 per cento in mangime per gli allevamenti intensivi. soltanto il 10% è stato consumato direttamente come cibo
e nonostante sia provato scientificamente che la produzione di bioetanolo comporti ancora più emissioni delle fonti fossili, e nonostante tutti gli allarmi sulla crisi alimentare, gli USA hanno recentemente optato per un ulteriore aumento della produzione
il sistema alimentare globalizzato neoliberista comporta inoltre sprechi giganteschi. un terzo del cibo prodotto, circa 1,3 miliardi di tonnellate l’anno, finisce direttamente in discarica
recuperandone anche solo un quarto, ci sarebbe cibo a sufficenza per sfamare ogni anno oltre 800 milioni di persone
d’altronde, sono gli effetti collaterali di un sistema necessario per produrre abbastanza cibo per tutti, ci racconta la narrativa mainstream
secondo foreign policy, è una cazzata
“la produzione meccanizzata su larga scala ha un suo posto del sistema alimentare globale, ma è ben lungi dall’essere l’unico modo possibile di produrre cibo. sfamare il mondo in modo sostenibile significa diversificare la produzione ben oltre quello che avviene oggi, dove la produzione è concentrata in una manciata di granai regionali come il mar nero, la cintura del grano del nord america, o le sterminate piantagioni di soia in brasile. un sistema davvero efficente avrebbe un aspetto completamente diverso”
foreign policy fa due esempi specifici: la produzione agroforestale e la pesca
produzione agroforestale significa utilizzare frutteti, boschi e foreste per la produzione di cibo
l’articolo di foreign policy fa l’esempio delle castagne. prima dell’arrivo della civiltà bianca, sui monti appalachi esistevano tra i 3 e i 4 miliardi di castagni, dal cui raccolto è possibile ricavare tra le 3 e le 4 miliardi di calorie l’anno, abbastanza per fornire carboidrati sufficienti al doppio della popolazione statunitense attuale. oggi non ne è rimasta traccia
risultato? “le popolazioni locali oggi sono completamente dipendenti dalle importazioni, e costrette a sfruttare in modo selvaggio le loro miniere per potersele permettere”
l’acquacultura sarebbe un settore dalle mille virtù per paesi come la somalia, lo yemen, il libano e l’algeria, che hanno lunghe coste che però contribuiscono solo marginalmente alla loro sicurezza alimentare. la coltivazione delle alghe marine invece potrebbe sostituire tranquillamente l’importazione di mais e canna da zucchero, sia per l’alimentazione diretta, sia per la produzione di mangime per la zootecnia. con il vantaggio che invece di inquinare, puliscono e ossigenano le acque, migliorando l’ecosistema per la fauna marina oggi gravemente compromesso, in particolare i crostecei, che tradizionalmente hanno sempre rappresentato una base economica, abbondante e non inquinante per la nutrizione delle popolazioni locali
la produzione agroforestale e l’acquacoltura sono soltanto due esempi di soluzioni concrete immediate dove sarebbe necessario e perfettamente razionale dirottare buona parte delle risorse che oggi vanno ad alimentare il ciclo perverso dell’agricoltura intensiva meccanizzata
ed è proprio sulla base di considerazioni di questo tipo che da ormai quasi 30 anni decine di milioni di contadini di tutto il pianeta portano avanti le loro rivendicazioni, riassunte nel concetto di sovranità alimentare
un concetto che la sinistra delle ztl evidentemente fa ancora fatica a comprendere
e così quando la Meloni, dopo aver sostenuto vent’anni fa il governo che quel movimento aveva provato a stroncarlo definitivamente a suon di mazzate in quel di genova, ha fatto una delle sue tante vistose virate ed ha deciso alla sovranità alimentare di dedicargli addirittura un ministero ad hoc ecco che il mainstream liberaloide è partito all’attacco
“metteranno fuori legge l’ananas?” ha tuonato una sempre più impresentabile laura boldrini
ma nonostante questo tentativo estremo di farci parteggiare per la giorgiona nazionale, è necessario mantenere un minimo di lucidità, e non cadere nel tranello del fintosovranismo di questa destra ferocemente neoliberista
prendendo in prestito una parola d’ordine dei movimenti altermondisti, la declinazione che ne offre il governo della meloni è esattamente il contrario di quello che servirebbe
“La sovranità alimentare è il diritto dei popoli a un cibo sano e culturalmente appropriato, prodotto attraverso metodi socialmente giusti, ecologicamente sani e sostenibili, e il loro diritto collettivo di definire le proprie politiche, strategie e sistemi per la produzione, distribuzione e consumo di cibo”, aveva decretato il movimento contadino globale riunitosi in mali nel 2007
in bocca al cognato della Meloni, questo approccio rivoluzionario e radicalmente democratico diventa:
tutela delle produzioni agroindustriali made in italy destinate all’export sul mercato internazionale
rinvio, o meglio ancora abolizione, delle restrizioni ambientali previste dalle strategie europee di farm to fork e biodiversità 2030
introduzione di nuovi OGM senza più valutazione del rischio ed etichettatura
quindi, un liberi tutti nei confronti dell’agroindustria nazionale, che vuole vedere garantita la sua politica commerciale internazionale con ogni mezzo necessario,ed evitare così di essere messa in competizione con i produttori esteri
è il sovranismo dei padroni, che critica la globalizzazione neoliberista solo per ritagliarsi un pezzo di mercato protetto dove riproporre le stesse logiche, ma senza nemmeno quella concorrenza che gli costringerebbe comunque a investire e innovare
è il modello prosecco, con le sue 500 milioni di bottiglie vendute all’anno, in grandissima parte all’estero, che hanno spinto verso una monocultura tossica ben 24 mila ettari di terreno tra Veneto e Friuli, che per continuare ad essere produttivi hanno bisogno di 11,7 kg di pesticidi per ettaro, contro una media nazionale di 4,9 kg
col sovranismo alimentare in salsa meloniana, insomma, è vero, anche nel caso di gravi disordini mondiali, non moriremo di fame. saremo già morti prima di tumore