La vittoria di Lula strappa il Brasile dalle mani dell’estrema destra, ma restituisce anche il quadro di un Paese spaccato a metà e fortemente polarizzato.
Il verdetto del secondo turno delle elezioni presidenziali brasiliane è rimasto incerto fino all’ultimo, quando è stata proclamata la vittoria del candidato di sinistra Luiz Inácio Lula da Silva, con il 50,90% delle preferenze. Al contrario, il presidente uscente Jair Bolsonaro non è andato oltre il 49,10%, con un’affluenza alle urne che ha raggiunto il 79,41% degli aventi diritto.
Il verdetto vede dunque il successo del candidato del Partito dei Lavoratori (Partido dos Trabalhadores, PT), che torna alla presidenza per un terzo mandato dopo i due consecutivi tra l’inizio del 2003 e la fine del 2010. Dal prossimo 1º gennaio, Lula tornerà ad essere il presidente operaio del Brasile, dopo i quattro anni bui del governo di estrema destra di Jair Bolsonaro, mentre il suo alleato Geraldo Alckmin, leader del Partito Socialista Brasiliano (Partido Socialista Brasileiro, PSB), sarà vicepresidente. Questo risultato non deve però lasciare spazio ai trionfalismi, visto che ci dice anche che quasi la metà del Paese sostiene ancora Bolsonaro, nonostante i risultati disastrosi del suo quadriennio presidenziale, ad iniziare dalle centinaia di migliaia di morti per Covid-19.
Lo scarto davvero minimo tra i due candidati assume una dimensione leggermente maggiore se si considera che il Brasile occupa il settimo posto tra i Paesi più popolosi del mondo, e che quindi la differenza effettiva di voti tra i due candidati supera i 2,1 milioni. Ma resta il fatto che il Brasile presenta oggi una società fortemente divisa e polarizzata, in cui le aree più povere esprimono una chiara preferenza per Lula, così come quelle più ricche restano orientate verso Bolsonaro ed il suo Partito Liberale (Partido Liberal, PL).
Ora spetterà a Lula il compito di “riportare il Paese alla normalità“, come egli stesso ha promesso alla vigilia della giornata elettorale del 30 ottobre. Il leader del PT ha anche ricordato che, durante i suoi precedenti mandati alla guida del Paese, il Brasile era divenuto una potenza economica emergente con un peso crescente nell’arena internazionale. Ricordiamo infatti che Lula fu tra i promotori dei BRICS e dell’integrazione regionale sudamericana, e che nel corso della sua presidenza riuscì a tessere relazioni positive con tutti i principali Paesi della regione e del mondo. Al contrario, sotto la presidenza Bolsonaro il Brasile ha visto il suo ruolo economico e politico decisamente ridimensionato, perdendo prestigio internazionale anche a causa dei continui scandali e della pessima gestione della pandemia. Lavoro, salute, istruzione, ambiente, lotta all’inflazione, alloggi e diritti umani saranno i temi in cima all’agenda del nuovo governo, a partire dal prossimo gennaio.
Come detto, Lula e il PT dovranno soprattutto evitare i trionfalismi, visto che l’estrema destra non rinuncerà al potere molto facilmente. Bolsonaro e i suoi seguaci hanno già iniziato a parlare di brogli elettorali sin da prima del voto, tentando forse di imitare la tattica utilizzata da Donald Trump alle ultime presidenziali statunitensi. Come dimostrato dalla storia di altri Paesi della regione, l’estrema destra latinoamericana è pronta a fare ricorso a tutti i mezzi, anche a quelli illegali, per riconquistare il potere.
Lo scorso venerdì, a soli due giorni dalla giornata elettorale, Reginaldo Camilo dos Santos, detto “Zezinho”, candidato come deputato federale del PT per lo Stato di San Paolo, è stato brutalmente assassinato con colpi di arma da fuoco. Il 51enne, che sosteneva Lula per la presidenza e Fernando Haddad per il governo dello Stato di San Paolo, sarebbe stato ucciso da sostenitori di Bolsonaro, secondo quanto riferito dal deputato federale Jilmar Tatto: “Testimoni hanno riferito che una persona è passata inneggiando a Bolsonaro, lui ha risposto urlando il nome di Lula e la persona ha estratto la pistola e ha sparato tre colpi. Tutto indica che sia stata l’azione di un simpatizzante di Bolsonaro in questo clima di intolleranza nel Paese“, ha detto Tatto.
La vittoria di Lula è stata accolta positivamente da tutti i governi e i partiti politici progressisti della regione latinoamericana. Il presidente eletto ha infatti ricevuto numerosi messaggi di congratulazioni, come quello del presidente cubano Miguel Díaz-Canel, che ha pubblicato un messaggio attraverso il suo account sul social network Twitter: “Celebriamo la tua grande vittoria a favore dell’unità, della pace e dell’integrazione latinoamericana e caraibica“, ha scritto il leader dell’isola caraibica. “Hanno ritardato la tua vittoria con metodi atroci, ma non hanno potuto impedirti di vincere con il voto popolare. Torna Lula, torna il PT, tornerà la giustizia sociale“.
Allo stesso modo, il presidente venezuelano Nicolás Maduro ha espresso le sue congratulazioni per la vittoria al ballottaggio ed ha esclamato: “Viva i popoli determinati a essere liberi, sovrani e indipendenti! Oggi la democrazia ha trionfato in Brasile. Congratulazioni Lula! Un grande abbraccio!“.
Il capo di Stato boliviano, Luis Arce, ha inviato un messaggio a Lula indicando che “la tua vittoria rafforza la democrazia e l’integrazione latinoamericana“. “Siamo sicuri che guiderai il popolo brasiliano sulla via della pace, del progresso e della giustizia sociale“, ha aggiunto Arce.
Il presidente del Nicaragua, Daniel Ortega, insieme alla vicepresidente Rosario Murillo, ha rilasciato una dichiarazione per celebrare la vittoria di Lula: “Con grande gioia celebriamo la tua meritata vittoria, pregando Dio che ti dia salute, forza e tanto amore per costruire insieme il futuro del vostro grande Paese, il benessere delle famiglie, e continuare a contribuire alla ricerca di pace nel mondo“.
Il presidente dell’Argentina, Alberto Fernández, ha invece sottolineato che “dopo tante ingiustizie che hai subito, il popolo brasiliano ti ha eletto e la democrazia ha trionfato“. “Qui hai un partner con cui lavorare e sognare in grande la bella vita dei nostri popoli“, ha sottolineato Fernandez.
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Giulio Chinappi – World Politics Blog