Il recente incontro tra i presidenti Maduro e Petro ha definitivamente posto fine alle ostilità tra i due Paesi sudamericani, che ora si impegnano ad affrontare insieme le sfide comuni, a partire dalla crisi climatica causata dal capitalismo “selvaggio e predatore”.
Il Venezuela bolivariano e la Colombia filostatunitense sono a lungo stati gli acerrimi nemici della politica sudamericana, almeno fino alla storica elezione di Gustavo Petro alla presidenza della Colombia, che ha immediatamente portato ad un cambiamento nella politica estera del governo di Bogotá. Ancor prima di assumere la leadership del Paese, infatti, Petro aveva promesso una normalizzazione delle relazioni con il Venezuela, ed i suoi primi provvedimenti come capo di Stato sono andati in questo senso.
Nel mese di agosto, il Venezuela e la Colombia hanno ufficialmente annunciato il ripristino delle relazioni diplomatiche bilaterali, più di tre anni dopo la rottura a causa delle ingerenze colombiane in Venezuela, come il sostegno alle formazioni politiche di estrema destra, ma anche ad azioni terroristiche contro il governo di Caracas. La settimana scorsa, invece, Petro ha effettuato una storica visita nel Paese confinante, ricevuto dal suo omologo Nicolás Maduro presso il Palazzo Miraflores, la residenza presidenziale venezuelana.
“Abbiamo discusso varie questioni di cooperazione bilaterale tra Colombia e Venezuela, due Paesi che hanno una storia di fratellanza e di comprensione“, ha affermato il presidente Maduro dopo l’incontro con Petro. Il leader venezuelano ha aggiunto che i due presidenti hanno “di sicurezza e del funzionamento delle aree di confine”. Inoltre, i due governi hanno deciso di coordinare la propria azione all’interno degli organi multilaterali, a partire dalla conferenza COP 27 sulla questione ambientale e climatica.
Da parte sua, il presidente Petro ha sottolineato l’importanza dell’unità per entrambi i popoli: “È innaturale, antistorico, che Colombia e Venezuela si separino. È successo una volta e non dovrebbe succedere di nuovo perché siamo lo stesso popolo“, ha detto il presidente colombiano. Petro ha sottolineato l’importanza di sviluppare il commercio tra i due Paesi, nonché il piano per la cura e la conservazione dell’Amazzonia come pilastro globale della questione ambientale.
La ritrovata amicizia tra Colombia e Venezuela, dopo decenni di rapporti molto tesi, segna un’importante svolta non solo per le relazioni bilaterali, ma anche per il panorama politico regionale, in un continente che si sta colorando sempre più di rosso, grazie alle vittorie delle forze politiche progressiste e socialiste, tra le quali l’ultima in ordine di tempo è stata quella di Lula in Brasile.
Proprio in occasione della precedentemente citata COP 27, attualmente in corso di svolgimento in Egitto, Maduro e Petro hanno tenuto un nuovo incontro sulla questione dell’Amazzonia, al quale ha preso parte anche il presidente del Suriname, Chan Santokhi. In base a quanto riportato da TeleSur, i tre leader hanno concordato un piano comune per fermare la sua distruzione e “avviare un processo di recupero coordinato, efficiente, consapevole e attivo“, secondo le parole del presidente venezuelano Nicolás Maduro.
“Abbiamo la responsabilità di proteggere i polmoni del mondo. Ecco perché sosterremo, in ogni modo possibile, le iniziative che proteggono questi ecosistemi, al fine di far fronte agli impatti dei cambiamenti climatici”, ha detto invece Chan Santokhi.
Durante il dialogo, il presidente Gustavo Petro ha sottolineato che la protezione del bioma amazzonico non è solo un compito di ogni governo, ma deve essere un impegno per i 9 Paesi che condividono questo ecosistema e per coloro che ne ricevono i benefici in tutto il pianeta: “Abbiamo una responsabilità nei confronti del mondo, quindi è essenziale prendere l’iniziativa per rivitalizzare la foresta pluviale amazzonica e le sue bellezze naturali“. Oltre ai tre Paesi che hanno preso parte all’incontro, la foresta Amazzonica comprende anche territori appartenenti a Bolivia, Brasile, Ecuador, Perù, Repubblica Cooperativa della Guyana e Guyana Francese.
Il presidente venezuelano ha poi tenuto un lungo discorso nel quale ha puntato il dito contro il sistema economico capitalista, principale causa della distruzione degli ecosistemi e del riscaldamento globale. “Ieri il cambiamento climatico ci ha minacciato, ma oggi è il collasso assoluto dell’ecosistema, che si erge davanti a noi come un destino fatale. Lo dicono le proiezioni più attuali, se continuiamo a questo ritmo autodistruttivo, tra 30 o 40 anni questo pianeta sarà inabitabile“, ha ammonito Maduro.
Secondo il presidente venezuelano, il capitalismo “selvaggio e predatore” è il principale responsabile dell’estinzione di numerose specie viventi e della futura possibile estinzione della specie umana. Allo stesso modo, il leader venezuelano ha affermato che “lo squilibrio e la crisi ambientale creati in natura sono paragonabili alle condizioni di disuguaglianza e ingiustizia che il capitalismo ha creato contro l’umanità“.
In base al parere espresso dal leader bolivariano, l’unica soluzione possibile per porre fine alla crisi climatica e ambientale è quella di un cambiamento radicale del modello economico e di sviluppo. Maduro ha chiesto ai Paesi sviluppati, principali inquinatori del pianeta, di mettere a punto i meccanismi per far sì che l’aiuto finanziario sia “diretto, equo, tempestivo e rapido” in modo che il risarcimento del danno ambientale raggiunga le popolazioni più colpite. Il presidente ha infatti ricordato che il Venezuela, nonostante sia un importante produttore di petrolio, è responsabile di meno dello 0,4% delle emissioni di anidride carbonica mondiali, ma allo stesso tempo è esposto ai disastri ambientali e alle conseguenze di uno squilibrio causato dalle principali economie occidentali.
“Il tempo dei discorsi e dei lamenti è finito, e non resta che un presente per agire in modo radicale e preciso a favore di un altro mondo possibile e di una vita vera”, ha concluso Maduro.
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Giulio Chinappi – World Politics Blog