“Lettera aperta” di un gruppo di persone appartenenti alla comunità etiopica in Italia
Lettera aperta al Tribunale di Trento e alla società italiana
Giustizia per Agitu Gudeta
Iniziamo con le parole di Bethlehem Gudeta, sorella maggiore di Agitu (*) fatteci pervenire a nome della famiglia Gudeta:
«sappiamo quanto ciascuno di noi è rimasto colpito per la sua tragica orribile morte, quanta sofferenza ha arrecato alla sua famiglia, agli amici in giro per il mondo e a tutte le donne del mondo di ogni età.
Questo assassino è ricorso in appello per stare meno tempo in prigione e la data del processo è fissata per il 5 dicembre 2022. Ricorre come se non avesse fatto nulla a lei, alla sua famiglia e ai suoi amati amici italiani. Chiede di ridurre il tempo di permanenza in carcere, in realtà, merita più anni di prigione, affinché prenda lezione del suo brutale atto. Inoltre chi può garantire che non faccia su altre donne lo stesso atto che ha compiuto su mia sorella? Vi prego di stare con la sua famiglia e di opporsi all’appello previsto per il 5 dicembre. Grazie a tutti».
Siamo un gruppo di persone appartenenti alla Comunità Etiopica in Italia alle quali, come una moltitudine di italiani, sta a cuore la vicenda della compianta Agitu Gudeta.
Il prossimo 5 dicembre 2022 il Tribunale di Trento deciderà in appello sulla richiesta di mitigazione della pena avanzata dall’ imputato, già condannato in prima istanza a 20 anni di carcere.
Facciamo nostra la preoccupazione della famiglia di Agitu che ritiene profondamente ingiusta una eventuale revisione al ribasso della pena.
Per questo abbiamo sentito il dovere di rivolgere la presente lettera al tribunale di Trento. Affidiamo l’appello della famiglia Gudeta anche a tutta la società italiana in generale e in particolare a quelle persone delle istituzioni, della cultura, dell’informazione, dell’imprenditoria, del terzo settore e di tutti gli altri che hanno avuto l’opportunità di conoscere in vita Agitu. Chiediamo loro di esprimere un cenno di vicinanza ai familiari in questo delicato momento.
Seppur rammaricata per la non congrua durata della pena, la famiglia Gudeta ha accolto la sentenza di primo grado, prendendo atto che è stata inflitta la massima pena prevista dalla legge per lo specifico reato: quindici anni e otto mesi per l’omicidio e solo quattro anni e quattro mesi per la violenza sessuale.
La legge deve punire questi crimini in modo che l’omicida comprenda l’irreversibilità del dolore e della sofferenza che ha causato ad altri e prenda piena consapevolezza delle conseguenze arrecate dalle proprie azioni anche su sé stesso. La strada da percorrere non può essere quella della riduzione della pena mentre è ancora vivo e presente il dolore e l’angoscia per la perdita di questa cara sorella. Nutriamo un grande rispetto per la magistratura italiana e attendiamo con fiducia il giudizio che sarà emesso all’udienza del 5 dicembre prossimo.
In occasione della giornata mondiale contro le violenze sulle donne chiediamo di unirvi a noi in segno di solidarietà alla famiglia di Agitu.
(*) se non conoscete la sua storia potete trovarla qui:Agitu Ideo Gudeta – Wikipedia