Nel nostro paese il rischio di frane e alluvioni è vasto, quanto quello sismico. A Ischia sono anni che si verificano tragedie e ogni volta si parla di calamità naturali. Non è così, la responsabilità è la nostra.

Aprile 2006. Nell’isola di Ischia una frana si abbatte su un’area dove erano stati costruiti più di 200 immobili abusivi e provoca quattro vittime.

Febbraio 2010. I proprietari delle case costruite abusivamente a Ischia manifestano contro le demolizioni, che sono state programmate, di quegli immobili. Ci sono scontri fra i manifestanti e la polizia che presidia la piazza. Nel comune di Casamicciola i manifestanti, che avevano bloccato con una barricata e cosparso di nafta la piccola strada attraverso la quale si accedeva all’abitazione da demolire per impedire l’accesso delle ruspe, vengono dispersi. Sono molte le case abusive sull’isola, soggetta a vincolo paesaggistico e ambientale, che rischiano l’abbattimento. Tra queste, non solo giganti di cemento ma anche comuni abitazioni.

Agosto 2017. Una scossa di terremoto non particolarmente forte con epicentro nei pressi di Casamicciola colpisce l’isola provocando molti danni. Oltre a cornicioni caduti e crepe negli edifici si verificano alcuni crolli nella parte settentrionale dell’abitato, nel quartiere Maio. Due le vittime e un nucleo familiare rimasto intrappolato sotto le macerie della piccolissima frazione interessata dal sisma, che per fortuna viene essere salvato. In totale ci sono 42 feriti mentre gli sfollati sono 2.630.

Novembre 2022. Una frana provocata dal maltempo colpisce Casamicciola, dalla montagna sovrastante precipitano enormi massi e una colata di fango travolge le case, dieci delle quali crollano completamente. Per ora le vittime sono tre, e si contano dodici dispersi e 130 sfollati. Nel comune di Barano sta crollando un costone, sul quale è stata costruita una villa che affaccia sulla costa.

Un territorio fragile, massacrato dall’edificazione selvaggia e da eventi climatici estremi, continua a provocare vittime. Eppure come è successo con il decreto sul ponte di Genova, all’interno del quale è stata infilata una sanatoria di fatto per concedere contributi a chi aveva edificato abusivamente sull’isola, si continuano a promettere aiuti. A Ischia sono state presentate in occasione delle tre leggi sul condono 27mila pratiche. In 35 anni sono stati costruiti 135mila vani, molti dei quali non si sarebbero dovuti realizzare.

Chi si oppone alle demolizioni, rivendica “il diritto alla casa”. Parla di prima casa tirata su per necessità, ma oltre alle prime case sono sorti come funghi seconde, terze case, alberghi, ristoranti. Costruiti in fretta per evitare i controlli, nei posti più fragili, senza alcun criterio antisismico. Così quel territorio sottoposto agli eventi climatici, che sono e saranno sempre più violenti, sarà devastato.

Continueremo a contare le vittime, facendo finta che non esista alcun legame fra dissesto idrogeologico del territorio e costruzione selvaggia di cemento. Demolire quello che è stato realizzato in sfregio a ogni normativa, sradicando la vegetazione e sottoponendo il territorio a ferite sempre più gravi diventa una necessità impellente. Per salvare la vita degli abitanti, insieme a quell’isola tanto devastata.

Sotto la spinta dell’emozione come è già accaduto altre volte si parla di delocalizzare le abitazioni che sono nelle zone più a rischio. Per incentivare gli abitanti a farlo si propone di offrire un premio di cubatura fino al 50%. Una follia che provocherà altre devastazioni nell’isola che adesso già offre 50mila posti di ricettività turistica, pari a un terzo di tutta quella offerta dalla Regione Campania. Durante tutto l’anno si superano quattro milioni di presenze distribuite su un territorio di appena 46 kmq dove risiedono abitualmente 62mila abitanti. Intere zone dell’isola che una volta erano coltivate, soprattutto con vigneti, sono state abbandonate e tutti si sono trasformati in affittacamere.

Ischia non è la sola, ne abbiamo parlato qui. Nel nostro paese il rischio di frane e alluvioni è vasto, quanto quello sismico. Si è costruito su falde acquifere superficiali, lungo le pendici dei vulcani ancora attivi, in zone franose o a elevato rischio sismico, si è squarciata la terra con le cave pensando che tutto questo fosse indolore. Ci sarebbe bisogno di programmare investimenti sulla manutenzione del territorio così duramente ferito. Pensare alla messa in sicurezza idrogeologica e sismica di quello che si può salvare. Intervenire con le demolizioni in tutti quei casi che costituiscono un rischio prevedibile. Invece non si vuole ammettere che le conseguenze del cambiamento climatico produrranno danni enormi alla terra e ai suoi abitanti. Soprattutto lì dove si è pensato che fossimo liberi di fare nei territori qualunque cosa servisse a estrarne valore.

Di Nardi

Davide Nardi nasce a Milano nel 1975. Vive Rimini e ha cominciato a fare militanza politica nel 1994 iscrivendosi al PDS per poi uscirne nel 2006 quando questo si è trasformato in PD. Per due anni ha militato in Sinistra Democratica, per aderire infine nel 2009 al PRC. Blogger di AFV dal 2014

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