Redazione di Pisa

Se po­si­ti­vi sono i ri­sul­ta­ti nel set­to­re delle ma­ni­fat­tu­re, il robot made in Italy è in­ve­ce in dif­fi­col­tà, ri­sul­ta­to di anni nei quali la tec­no­lo­gia e la ri­cer­ca non hanno avuto ade­gua­to im­pul­so dallo Stato anche se nel­l’oc­chio del ci­clo­ne entra il si­ste­ma dei fi­nan­zia­men­ti pub­bli­ci e gli stes­si cen­tri di ri­cer­ca.
Ormai 25 anni fa di­scu­te­va­mo della fab­bri­ca ro­bot­tiz­za­ta, le ca­te­ne go­ver­na­te dai robot non hanno ri­dot­to lo sfrut­ta­men­to dei la­vo­ra­to­ri, l’ap­por­to tec­no­lo­gi­co non ha de­ter­mi­na­to il rin­no­va­men­to delle merci pro­dot­te, la tec­no­lo­gia è stata al ser­vi­zio del ca­pi­ta­le  per espel­le­re forza la­vo­ro dal ciclo pro­dut­ti­vo ri­du­cen­do i costi e la con­flit­tua­li­tà in­ter­na.

Gran­di spe­ran­ze oggi ven­go­no ri­po­ste nel  piano In­du­stria 4.0, si spera di ac­ce­de­re a fi­nan­zia­men­ti e in­cen­ti­vi fi­sca­li che da­reb­be­ro forte im­pul­so agli in­ve­sti­men­ti e alle espor­ta­zio­ni. Par­lia­mo di un set­to­re in asce­sa e in Ita­lia non man­ca­no azien­de com­pe­ti­ti­ve sui mer­ca­ti, al­cu­ne di que­ste sono anche con­nes­se alla pro­du­zio­ne di tec­no­lo­gia ad uso mi­li­ta­re. 

Chi oggi parla di ri­pre­sa eco­no­mi­ca (anche se le agen­zie di ra­ting dif­fon­den­do pre­vi­sio­ni e dati di­scu­ti­bi­li rap­pre­sen­ta­no un ele­men­to di in­fluen­za e di­stur­bo di cui fa­rem­mo vo­len­tie­ri a meno) non ri­cor­da che gli anni ses­san­ta ve­de­va­no l’I­ta­lia pro­dut­tri­ce di beni di con­su­mo, non ave­va­mo bi­so­gno di im­por­ta­re dal­l’e­ste­ro elet­tro­do­me­sti­ci o im­pian­ti elet­tri­ci, anzi i pro­dot­ti ita­lia­ni erano espor­ta­ti. 

La scom­mes­sa, non certo del Go­ver­no ma piut­to­sto di set­to­ri pa­dro­na­li lun­gi­mi­ran­ti (ma non per que­sto amici degli ope­rai), è po­ten­zia­re la pro­du­zio­ne di mac­chi­ne ma­ni­fat­tu­rie­re e della ro­bo­ti­ca per ac­ce­de­re ai mer­ca­ti emer­gen­ti (anche se al­cu­ni paesi asia­ti­ci nel campo della tec­no­lo­gia sono assai avan­ti) , quin­di In­du­stria 4.0 viene vista come in­di­spen­sa­bi­le per il salto di qua­li­tà tec­no­lo­gi­co di tante azien­de ita­lia­ne, per i pro­ces­si di di­gi­ta­liz­za­zio­ne della fab­bri­ca, la co­stru­zio­ne di nuove ed ef­fi­cien­ti fi­lie­re (da qui la ri­chie­sta di in­fra­strut­tu­re come per esem­pio la TAV) a par­ti­re dagli hub di­gi­ta­li.

L’im­pre­sa ita­lia­na vuole i soldi di In­du­stria 4.0 non solo per il so­li­to ap­pro­do a fi­nan­zia­men­ti sta­ta­li ma anche per mo­der­niz­zar­si, poi sa­reb­be com­pi­to del Go­ver­no vi­gi­la­re at­ten­ta­men­te al fine di com­pren­de­re se i fi­nan­zia­men­ti sono stati uti­liz­za­ti a tale scopo visto che la sto­ria im­pren­di­to­ria­le ita­lia­na è anche ca­rat­te­riz­za­ta da azien­de co­strui­te con tanti soldi pub­bli­ci e dopo poco chiu­se e\o de­lo­ca­liz­za­te .

La scel­ta del sin­da­ca­to a que­sto punto è sem­pli­ce: o as­se­con­da­re que­sti pro­ces­si spe­ran­do di co­ge­stir­li o av­ver­sar­li con in­tel­li­gen­za, en­tran­do nel me­ri­to delle scel­te e dei per­cor­si pa­dro­na­li so­prat­tut­to lad­do­ve de­ter­mi­na­no ri­du­zio­ne della forza la­vo­ro senza mai pas­sa­re da pro­ces­si for­ma­ti­vi e di ri­col­lo­ca­zio­ne. La sfida si­gni­fi­ca stu­dio, ana­li­si ma anche pro­po­sta e al­l’oc­cor­ren­za (e vi as­si­cu­ria­mo che il bi­so­gno è og­get­ti­vo) con­flit­to.

Cosa si­gni­fi­ca al­lo­ra cam­bia­men­to cul­tu­ra­le e delle co­no­scen­ze? La no­stra im­pres­sio­ne è che stia­no pre­di­spo­nen­do un nuovo mo­del­lo di fles­si­bi­li­tà azien­da­le con mol­te­pli­ci fun­zio­ni esi­gi­bi­li dalla forza la­vo­ro in cam­bio di ir­ri­so­ri au­men­ti sa­la­ria­li, di au­men­to dei tempi di la­vo­ro. In que­sto caso la tec­no­lo­gia per fun­zio­na­re bene ha bi­so­gno di ac­cre­sce­re lo sfrut­ta­men­to in­ten­si­vo della forza la­vo­ro, la con­nes­sio­ne alla rete in­ter­net 24 h al gior­no, la fles­si­bi­li­tà ora­ria e di man­sio­ne. E molti con­trat­ti na­zio­na­li si vanno ade­guan­do a que­ste ri­chie­ste con il si­ste­ma delle de­ro­ghe e degli ac­cor­di col­let­ti­vi na­zio­na­li. Au­men­ta la tec­no­lo­gia ma si ac­cre­sce lo sfrut­ta­men­to in­ten­si­vo di pochi, cosa ab­bia­mo da dire in me­ri­to a que­sti pro­ces­si?

 Se vo­glia­mo av­via­re dei per­cor­si di­gi­ta­li bi­so­gna par­ti­re prima dalla scuo­la tec­ni­ca, ciò non si­gni­fi­ca pie­ga­re i pro­gram­mi alle esi­gen­ze pa­dro­na­li ma per esem­pio mo­der­niz­za­re i la­bo­ra­to­ri per­ché ha poco senso in al­cu­ni isti­tu­ti eser­ci­tar­si su mac­chi­na­ri di 50 anni fa, lon­ta­ni anni luce da quel­li pre­sen­ti nelle azien­de. La com­pe­ti­ti­vi­tà di un si­ste­ma ha quin­di bi­so­gno della in­te­ra­zio­ne con la scuo­la su­pe­rio­re e l’u­ni­ver­si­tà, la for­ma­zio­ne ac­qui­si­sce ruoli di­ri­men­ti come anche l’o­rien­ta­men­to, ma­te­rie che po­treb­be­ro es­se­re ge­sti­te dai cen­tri per l’im­pie­go sui quali in­ve­ce gra­ve­rà il red­di­to di cit­ta­di­nan­za senza per altro as­su­me­re prima il per­so­na­le ne­ces­sa­rio (6000 di­pen­den­ti ar­ri­ve­ran­no a red­di­to già av­via­to).

Quan­do par­lia­mo di so­li­da cul­tu­ra di­gi­ta­le spes­so non se ne ca­pi­sce nep­pu­re il si­gni­fi­ca­to, del resto ab­bia­mo tanti uf­fi­ci pub­bli­ci scon­nes­si dalle reti, im­pos­si­bi­li­ta­ti quin­di ad ac­ce­de­re a dati in­di­spen­sa­bi­li per il loro la­vo­ro, una si­tua­zio­ne cao­ti­ca che fo­to­gra­fa i ri­tar­di della mac­chi­na pub­bli­ca dopo anni di au­ste­ri­tà. Il ri­schio che cor­ria­mo, an­co­ra una volta, è la sud­di­tan­za cul­tu­ra­le e po­li­ti­ca, a pa­dro­neg­gia­re ter­mi­ni e con­cet­ti sono an­co­ra una volta i pa­dro­ni ven­den­do i loro bi­so­gni come esi­gen­ze in­sop­pri­mi­bi­li per il paese men­tre sten­ta ad af­fer­mar­si una idea di mo­der­ni­tà e tec­no­lo­gia che passi anche dalla ri­du­zio­ne degli orari di la­vo­ro a pa­ri­tà di sa­la­rio, dalla cre­sci­ta dei posti di la­vo­ro, dalla for­ma­zio­ne in ogni am­bi­to la­vo­ra­ti­vo e grado sco­la­sti­co .E’ que­sta la sfida da rac­co­glie­re at­tor­no a In­du­stria 4.0: la­vo­ra­re meno ma la­vo­ra­re tutti.

Fe­de­ri­co Giu­sti – Lotta Con­ti­nua Pisa

https://www.lotta-continua.it/index.php?option=com_easyblog&view=entry&id=432

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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