«La sinistra italiana che conosciamo è morta. Non lo ammettiamo perché si apre un vuoto che la vita politica quotidiana non ammette. Possiamo sempre consolarci con elezioni parziali o con una manifestazione rumorosa. Ma la sinistra rappresentativa, quercia rotta e margherita secca e ulivo senza tronco, è fuori scena. Non sono una opposizione e una alternativa e neppure una alternanza, per usare questo gergo. Hanno raggiunto un grado di subalternità e soggezione non solo alle politiche della destra ma al suo punto di vista e alla sua mentalità nel quadro internazionale e interno». Una considerazione amara, un lamento triste, disperato e profetico.
Così scriveva vent’anni fa Luigi Pintor sul manifesto. Parole che mi sono balzate alla mente leggendo le accuse e i nomi delle persone coinvolte nell’oscena vicenda che sta scuotendo il Parlamento europeo sui fondi nerissimi provenienti dal Qatar e dal Marocco e finiti, questa almeno è l’accusa, nelle tasche della vicepresidente dell’assemblea di Strasburgo, di assistenti ed ex europarlamentari, tutti, si fa per dire, di sinistra, italiana e greca, forse anche belga. Sacchi di banconote in casa o in un viaggio verso altri lidi interrotto dalla polizia, vacanze di Natale da 100mila euro, intere famiglie coinvolte nella mangiatoia. Prima ancora e aldilà delle rilevanze giudiziarie e dei reati contestati che ora la magistratura dovrà appurare, l’inchiesta di Bruxelles racconta la fine della politica, o meglio della – ora reale ora solo presunta o sbandierata – diversità con cui la sinistra in Italia e nel mondo si presentava all’elettorato, ai movimenti, alla società. Cioè al suo azionista di riferimento.
Del Qatar, recentemente l’Europarlamento aveva discusso a proposito della violazione dei diritti civili: chissà se anche i 6.500 operai morti ammazzati dal caldo, dagli infortuni e dalla fatica durante i lavori di costruzione delle mirabolanti strutture dei mondiali di calcio fanno parte dei diritti civili violati? Contro la risoluzione di condanna si era espresso, e aveva chiesto ai suoi colleghi di partito di esprimersi, l’europarlamentare del Pd Andrea Cozzolino. Non è reato, certo, ma si può dire che è indecente? Al centro dell’eurocamarilla c’è un ex segretario della Camera del lavoro di Milano, Pier Antonio Panzeri, ex europarlamentare del Pd poi passato ad Articolo 1 di Bersani, Speranza, D’Alema, lobbista per il Nordafrica e i paesi arabi. La moglie di Panzeri, che si lamentava per aver dovuto fare vacanze meno sfarzose delle precedenti costate 100mila euro, e la figlia appena rientrata dal Qatar sono state arrestate. Stesso trattamento è stato riservato al suo ex assistente Francesco Giorgi, compagno della vicepresidente Eva Kaili, socialista greca, e attuale assistente del suddetto Cozzolino amico del Qatar. In casa di Eva Kaili sono stati trovati sacchi pieni di banconote.
Sotto il termine “lobbista” compaiono altri nomi importanti della sinistra italiana. Mi ripeto: certo, non è reato, ma si può dire che non è un bel mestiere per uno di sinistra? Massimo D’Alema, solo per fare un nome, lobbista dalle Americhe all’Asia. Invece l’ex ministro degli interni Minniti, anche lui Pd, quello degli accordi con la Libia e della caccia alle navi umanitarie che salvano i migranti, ora lavora nell’industria bellica con la fondazione della Leonardo Spa, la Med-Or che si occupa di legami e scambi con i paesi del Mediterraneo, il Golfo persico, il Medio e l’Estremo Oriente. E come dimenticare il “Rinascimento” dell’Arabia saudita e la fratellanza di Matteo Renzi con il mandante dell’omicidio Khashoggi, il principe bin Salman?
Dalla lotta contro gli omicidi bianchi sul lavoro si passa impunemente al sostegno ai paesi che su quei crimini fanno la loro fortuna. E poi le vacanze col botto, le carte di credito intestate a un misterioso “gigante”, le ONG di comodo con tanto di compartecipazioni di radicali e +Europa, affari e politica che si mescolano fino a diventare un tutt’uno. Affari di famiglia. E la memoria corre ancora ad altre vicende di questi giorni, come quella che ha coinvolto Abubakar Sumaoro, eroe dei braccianti approdato in Parlamento con Sinistra italiana e Verdi, la cui moglie e la suocera gestivano, per conto della comunità, immigrati che venivano sfruttati, maltrattati e non pagati. Abubakar ha varcato il tempio della politica italiana indossando stivali infangati per ricordare i braccianti immigrati e sfruttati, proponendosi come un novello Di Vittorio. Il quale, invece, in Parlamento era entrato con il vestito buono e le scarpe pulite, e non solo quelle. Questione di stile e di modestia.
Si potrebbe continuare a lungo con esempi e metafore sul degrado di una sinistra che, smarriti i suoi valori, l’etica, l’orizzonte, il sogno, la diversità, l’alternativa allo stato di cose presente, della destra ha assunto il punto di vista e la mentalità, come scriveva Pintor. Berlusconi ha fatto scuola anche comportamentale. Il presente della sinistra – non solo del Pd – è lastricato di tradimenti, i tradimenti dei sogni e delle speranze e delle battaglie per il lavoro, per i diritti, per l’eguaglianza, per la dignità delle persone. In tempi non sospetti e anche recenti ho fatto inchieste sul rapporto tra i lavoratori e la sinistra raccontando la fine di ogni legame. Chiedersi ancora oggi perché i lavoratori hanno rottamato la sinistra è come per un americano chiedersi, dopo l’11 settembre del 2001, «perché ci odiano tanto?».