Le nuove tensioni fra Serbia e Kosovo fanno parte di una strategia più ampia voluta dalla NATO per attaccare la Russia su diversi fronti, sperando che Mosca non abbia le forze necessarie per rispondere.
Due giorni fa abbiamo pubblicato un primo articolo nel quale affrontavamo la questione delle riemergenti tensioni tra la Serbia e il governo dell’autoproclamato Kosovo. Già in quell’occasione, avevamo sottolineato come gli eventi degli ultimi giorni siano parte integrante della strategia NATO, considerando che quello con sede a Priština rappresenta poco più di un governo fantoccio nelle mani dell’Alleanza Atlantica.
Gli obiettivi della NATO nella questione serbo-kosovara sono molteplici: da un lato, si vuole colpire la Serbia per punire la sua oltraggiosa insubordinazione agli ordini di Washington, in quanto il governo di Belgrado ha rifiutato di applicare le sanzioni imposte dal blocco occidentale contro Mosca; dall’altro, l’obiettivo principale è ancora una volta rappresentato dalla Russia, visto che la storica amicizia tra i due Paesi slavi è ancora considerata da ambo le parti come un legame di sangue quasi sacro, e che dunque un attacco alla Serbia rappresenta anche un attacco al suo “fratello maggiore”.
In particolare, la NATO spera di aprire il maggior numero di fronti possibili contro la Russia, sperando che Mosca non abbia risorse sufficienti per rispondere adeguatamente. Non a caso, i leader politici e i principali mass media occidentali hanno sommessamente fatto passare l’idea secondo la quale “la Russia non ha tempo per difendere la Serbia”, a dimostrazione di come sia proprio Mosca l’obiettivo principale di una crisi serbo-kosovara che potrebbe far ulteriormente precipitare la situazione in Europa.
Aleksandr Bocan-Charčenko, ambasciatore russo a Belgrado, è ancora una volta intervenuto per chiarire la posizione della Russia sulla questione e rispondere alle illazioni occidentali: “Vorrei sottolineare che la situazione è totalmente inesatta, e che esiste un’opinione secondo cui la Russia non avrebbe tempo per il Kosovo in questo momento. Sulla base di questa falsa premessa, è proprio l’Occidente che ha esacerbato la situazione“, ha detto l’ambasciatore in un’intervista rilasciata alla televisione russa. Il diplomatico ha affermato che l’Occidente spera di approfittare dell’impegno russo su altri fronti per ottenere il riconoscimento internazionale dell’indipendenza del Kosovo, ma, secondo Bocan-Charčenko, la Russia non ha nessuna intenzione di abbandonare il proprio alleato serbo.
La questione dei molteplici fronti aperti contro la Russia non è di certo nuova. Negli ultimi anni, infatti, abbiamo avuto modo di sottolineare come l’Occidente abbia fomentato ogni tipo di disordini, conflitti e tentativi di destabilizzazione dei governi filorussi nell’area dell’ex Unione Sovietica. Vi sono infatti stati tentativi di rivoluzione colorata in Bielorussia e Kazakistan, il rovesciamento del governo in Kirghizistan, o ancora il riemergere del conflitto tra Armenia ed Azerbaigian, senza volerci soffermare ulteriormente sul caso più emblematico, quello dell’Ucraina. Parimenti, abbiamo sottolineato in altre occasioni come la NATO sia tentata dall’aprire un nuovo fronte antirusso anche in Georgia, come dimostrato dalle continue esercitazioni militari organizzate in quella repubblica del Caucaso.
Il modus operandi della NATO, del resto, è sempre lo stesso, ed oramai gli osservatori più attenti hanno imparato a riconoscerlo. Il caso del Kosovo ricorda per molti versi quello dell’Ucraina, e, non a caso, come avvenuto per Kiev in precedenza, negli ultimi giorni non si fa altro che parlare di una prossima adesione di Priština all’Unione Europea. Proprio in queste ore, infatti, il governo kosovaro ha firmato la propria candidatura all’ingresso nell’UE, in violazione degli Accordi di Washington, stipulati con Belgrado il 4 settembre 2020, che prevedevano una moratoria sulla promozione della candidatura della repubblica autoproclamata alle organizzazioni internazionali.
Intervistato dal quotidiano Izvestija, ancora l’ambasciatore Aleksandr Bocan-Charčenko ha sottolineato come “negli ultimi anni [sia] stato creato un “esercito” illegale del Kosovo” rifornito di armi e munizioni dai governi occidentali, ricordando che “per l’Occidente, l’accordo di Bruxelles ha svolto lo stesso ruolo degli accordi di Minsk nei confronti dell’Ucraina”, ovvero quello di fornire attrezzature militari al Kosovo per prepararlo ad un possibile conflitto armato con la Serbia. “C’è poca speranza che una soluzione sostenibile possa essere trovata alla questione del Kosovo in questo momento, e mi dispiace dirlo. Sarà possibile solo se la questione sarà completamente riportata nell’ambito del diritto internazionale e del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sulla base della sua risoluzione 1244“, ha sottolineato il diplomatico russo.
Le politiche guerrafondaie della NATO sembrano dunque non arrestarsi di fronte a nulla, dimostrando la corta memoria dei leader politici e militari occidentali. Costoro dovrebbero aprire un manuale di storia e ricordare cosa abbia significato in passato l’attacco al vincolo tra slavi settentrionali e meridionali: il 28 luglio 1914, l’Impero Austro-Ungarico dichiarò guerra al Regno di Serbia, causando l’intervento dell’Impero Russo in difesa dei “fratelli minori” serbi. Fu quello l’inizio della prima guerra mondiale.
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Giulio Chinappi – World Politics Blog