Un’analisi del think tank svelta le strategie comunicative che stanno dietro al gas “venduto” come necessario per la transizione.
Le compagnie energetiche hanno promosso una comunicazione positiva del gas. Descrivendolo come una fonte fondamentale per la transizione energetica e per la sicurezza. Attraverso tattiche comunicative infarcite di greenwashing, i colossi del fossile hanno messo in circolo una narrazione favorevole al gas. Quasi come se potesse essere considerato una potenziale “energia verde”.
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È quanto sostiene il think tank londinese InfluenceMap che ha pubblicato un’analisi sulla comunicazione ambientale di diverse società. Lo studio ha preso in esame una serie di documenti della IGU (International Gas Union), organizzazione che comprende più di 160 attori in ambito energetico. Compresi Eurogas, Shell, TotalEnergies, ExxonMobil e l’italiana Snam.
Il gas “buono” finisce anche sulle grandi testate internazionali
Consci del fatto che il dibattito sulla crisi climatica può mettere in difficoltà il settore del gas, i membri dell’IGU hanno messo a punto uno storytelling tutto centrato sull’ipotetico lato green del gas. Tale racconto non è stato veicolato solamente tramite comunicazioni interne o presentazioni a eventi pubblici. La IGU ha puntato sulla cura dei rapporti con grandi testate giornalistiche, quali Financial Times, Reuters, The Wall Street Journal e Bloomberg. Con le associazioni ambientaliste, tra cui Environmental Defense Fund e Rocky Mountain Institute. E con le società di consulenza, tra cui Boston Consulting Group e Oxford Institute for Energy Studies.
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Secondo InfluenceMap, evidenze di questo “engagement” si ritrovano in numerosi articoli dove viene citata la IGU. Compresi nei casi di un articolo del Financial Times dal titolo “Gas Shortages: what is driving Europe’s energy crisis”. O in uno pubblicato da Bloomberg intitolato “Coal-Reliant South Africa Is Turning To Gas Power”. In entrambi i casi IGU ha poi ripreso questi articoli sul proprio profilo LinkedIn.
L’obiettivo dell’associazione di categoria dei produttori di gas è tanto chiaro quanto preciso: il rebranding del gas. Renderlo una scelta possibile. In particolare quello liquido, il Gnl. Nella narrazione non poteva mancare pure il gas low carbon se non del tutto “decarbonizzato”. Accostando così il gas naturale a biometano e idrogeno. Eppure, tutta la comunicazione architettata dalla IGU va contro qualsiasi raccomandazione dell’IPPC, il Gruppo di esperti intergovernativo delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici.
La lobby del gas ha predetto un evento “cigno nero”
Ma, soprattutto, la IGU ha colto in modo stupefacente una tremenda previsione: i documenti analizzati, infatti, risalgono al periodo compreso tra il 2017 e il 2021, quindi prima dello scoppio della guerra in Ucraina. Quelli dell’ultimo anno in questione, in particolare, includono un sorprendente riferimento a un possibile “evento cigno nero”. Una metafora per descrivere un evento non previsto, che ha effetti rilevanti e che, a posteriori, viene inappropriatamente razionalizzato e giudicato prevedibile con il senno di poi. Un evento “capace di sconvolgere l’agenda politica globale durante il 2022-2025”.
Insomma, la IGU ha preparato il terreno in tempo per quel bisogno di gas che numerosi Paesi hanno dimostrato in seguito all’invasione russa. E le stesse società russe hanno alimentato il fenomeno: nel giugno 2021, quando l’Europa stava rivedendo le regole di mercato per accedere al gas, la società russa Gazprom (socia fondatrice di IGU) è intervenuta formalmente dichiarando che il gas fossile fosse necessario per stabilizzare il mercato dell’energia e andare a sostituire combustibili ad alta intensità di CO2.
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Solo le fonti rinnovabili sono sostenibili
La coscienza dei Paesi che hanno scelto il gas come principale fonte di sostentamento energetico sarà stata “alleggerita” grazie alla macchinazione mediatica della lobby? Probabilmente sì. C’è un’altra frase molto significativa che IGU ha espresso in uno dei vari documenti: «Senza forniture sicure e costanti di gas russo, l’Europa sarebbe un maggiore utilizzatore di carbone ora e nel prossimo futuro».
Eppure sappiamo quanto è potente all’apporto delle fonti rinnovabili. Lo dimostrano gli stessi Paesi che per anni sono stati dipendenti dal gas russo. A ottobre, la Grecia ha coperto il suo intero fabbisogno nazionale per 5 ore consecutive solo grazie alle fonti rinnovabili. Questo dimostra che le fonti pulite, se sviluppate adeguatamente, possono garantire efficienza energetica, sicurezza di approvvigionamento e sostenibilità ambientale. Il gas, tutto questo, non potrà mai garantirlo.