- Diego Bertozzi
L’inizio del 2023 ha visto la conclusione dei negoziati per l’accordo di libero scambio tra Cina popolare ed Ecuador, al termine di quattro round di negoziati e una serie di incontri tecnici lungo le linee di una tabella di marcia compilata nel febbraio dello scorso anno in occasione della visita ufficiale a Pechino del presidente di destra Guillermo Lasso.
Grazie a questo accordo il Paese latinoamericano potrà godere di un accesso preferenziale per il 99% delle attuali esportazioni ecuadoriane verso il gigante asiatico, caratterizzate principalmente da prodotti agricoli e agroindustriali, già al centro del commercio bilaterale, con la prospettiva di estenderlo a nuove categorie.
L’accesso a un mercato che conta 1,4 miliardi di persone potrebbe consentire a Quito di stimolare crescita economica, investimenti e occupazione.
La Cina popolare – principale partner economico non petrolifero per un commercio che si aggira intorno ai 10 miliari di dollari – è da tempo uno stretto partner dell’Ecuador, con relazioni che si sono approfondite durante il decennio (2007-2017) della presidenza progressista e integrazionista di Rafael Correa, fornendo un appoggio indispensabile dopo il default sul debito internazionale.
Da principale creditore di Quito, Pechino ha diretto gran parte dei finanziamenti (circa 3 miliardi di dollari) verso sei progetti idroelettrici.
A sottolineare ancora di più la solidità del rapporto va ricordato che l’Ecuador è stato nel 2021 il primo Paese dell’America del Sud a ricevere un finanziamento dalla Banca asiatica per gli investimenti e le infrastrutture (AIIB) – prestito di 50 milioni di dollari per sostenere piccole e medie impresi di fronte allo shock provocato dalla pandemia di Covid 19 – ideata da Pechino per sostenere lo sviluppo globale della Nuova via della seta.
La conclusione dei negoziati tecnici – a quali seguirà la firma del trattato – si inserisce all’interno di una politica cinese verso il continente latinoamericano che possiamo definire del “passo dopo passo” visto che quello con l’Ecuador sarà solo l’ultimo in ordine di tempo dei trattati di libero scambio dopo quelli già conclusi con Perù, Costarica e Cile.
Una politica che, proprio con Quito, ha iniziato ad affrontare con successo anche le problematiche legate al debito con la China Development Bank e la Export-Import Bank of China, due colossi bancari statali cinesi che insieme hanno fornito oltre 18 miliardi di dollari di prestiti dal 2010.
Per quanto il debito verso la superpotenza asiatica non rappresentasse che il 10% di quello totale: la ristrutturazione – estensione e riduzione dei pagamenti e aggiustamento dei tassi di interesse – ha riguardato circa 4,5 miliardi di dollari permettendo a Quito di avere a disposizione 1,4 miliardi. L’attenzione, quindi, non va posta tanto sulle cifre e sull’impatto quanto sul lato “simbolico” come ha sottolineato lo studioso Augusto della Torre (direttore del Centro di ricerca economica presso l’Universidad de las Américas a Quito) che potrebbe avere ripercussioni su tutta la politica cinese verso il Sudamerica: si tratta di “un primo passo cruciale per rinnovare e modernizzare tutte le relazioni rilevanti dell’Ecuador con la Cina. È un primo passo in un’agenda più ampia, che dovrebbe includere il commercio, gli investimenti, la politica internazionale, ecc., ma nel contesto di una maggiore attenzione prestata alle libertà civili e ai diritti umani, controlli ed equilibri, trasparenza e preoccupazioni ambientali e sociali”.