Il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ieri ha incontrato a Palazzo Chigi la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen per affrontare i temi chiave della politica e della cooperazione europea. Come ha sottolineato in una nota Palazzo Chigi, l’incontro «ha rappresentato un’ottima occasione per uno scambio di vedute in preparazione del Consiglio europeo straordinario del 9-10 febbraio dedicato in particolare all’economia e alla migrazione». Gli argomenti sul tavolo dell’incontro hanno riguardato soprattutto il rinnovo dell’impegno italiano sul fronte del PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza) – rispetto al quale la presidente della Commissione ha mostrato di voler concedere alcune aperture – il nodo dell’immigrazione, il tema degli aiuti di Stato, il sostegno all’Ucraina, ma anche il fondamentale piano della difesa comune. La premier, infatti, ha «espresso soddisfazione per la firma, prevista domani [oggi, N.d.A] a Bruxelles, della Dichiarazione congiunta Ue-Nato», volta a rafforzare la cooperazione tra Europa e Nato soprattutto in funziona antirussa. Viene sancito così l’abbandono del progetto di un esercito europeo autonomo. L’incontro, durato circa un’ora, non ha tuttavia sciolto i nodi più importanti posti da tempo dall’Italia all’attenzione europea, limitandosi a procrastinare le decisioni dirimenti a date future.
Per quanto riguarda il PNRR, si è discusso della possibilità di applicare alcune modifiche – senza stravolgimenti – alla luce della difficile situazione economica scaturita dalle congiunture internazionali. Da sempre il partito di Meloni insiste sulla necessità di modificare la destinazione dei fondi del Piano che è stato concepito prima della guerra in Ucraina e quindi delle conseguenze che quest’ultima ha indirettamente generato o inasprito. Tra queste l’inflazione energetica e delle materie prime sta mettendo in difficoltà le aziende, innescando una reazione a catena che rischia di trascinare il Paese in recessione. A parte la richiesta di piccole e probabilmente irrisorie modifiche, emerge l’adesione incondizionata del governo alla tabella di marcia di riforme imposta dal Pnrr, che di fatto non lascia alcuna autonomia al governo. Secondo alcune fonti, sempre rispetto al PNRR, sarebbe poi arrivata un’apertura sulla possibilità di comprendere l’utilizzo dei fondi di coesione e del Repower Eu, guadagnando così più tempo per alcuni progetti, tra cui quelli legati all’energia verde, mentre non si sarebbe discusso del tema della governance. La von der Leyen in un tweet ha spiegato che si è trattato di un colloquio «sulla realizzazione del piano di ripresa e di resilienza ma anche sul mantenimento del sostegno all’Ucraina, la garanzia di energia sicura ed economica, la promozione della competitività dell’industria europea, il progresso sul patto sulle migrazioni».
Rispetto alla questione migrazione, l’incontro non ha avuto risultati concreti: von der Leyen, infatti, si è limitata a prendere atto della distinzione, introdotta dal governo in carica, tra profughi e migranti economici, ma non è possibile al momento soddisfare la richiesta italiana di un patto per la ridistribuzione dei migranti (non volontaria come prevede l’accordo attuale) in arrivo sulle coste della penisola. La presidenza di turno svedese appena insidiatasi, infatti, ha escluso la possibilità di un accordo prima del 2024. Ancora un nulla di fatto, dunque, per il governo di Roma sulla questione migratoria, uno degli argomenti centrali del centro-destra su cui sono state fatte molte promesse in campagna elettorale.
Piena convergenza tra Italia e Ue si registra, invece, sul tema del sostegno a oltranza all’Ucraina: Giorgia Meloni, infatti, ha esplicitato da subito – fin da prima della campagna elettorale – il suo collocamento atlantista in politica internazionale e il suo appoggio incrollabile a Kiev, tanto che è previsto un suo viaggio in Ucraina nei primi mesi del 2023, probabilmente a febbraio. Da qui, anche l’entusiasmo per la sottoscrizione della terza Dichiarazione Nato-Ue, dopo quella del 2016 e del 2018, che rafforza la cooperazione militare tra Europa e Stati Uniti, rendendo la prima sempre più dipendente da Washington e accantonando definitivamente l’idea di una difesa europea indipendente. Il documento è stato firmato oggi dal segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, dal Presidente del Consiglio europeo, Charles Michelles e dalla Presidente Ursula von der Leyen. «Siamo determinati a portare il partenariato tra la Nato e l’Unione europea al livello successivo, per affrontare, in particolare, la crescente competizione geostrategica, le questioni di resilienza e la protezione delle infrastrutture critiche, nonché le tecnologie emergenti e dirompenti, le implicazioni per la sicurezza del cambiamento climatico, le interferenze straniere e la manipolazione delle informazioni», ha dichiarato Stoltenberg. Nel documento si esprime anche piena solidarietà all’Ucraina e il sostegno alla sua indipendenza, sovranità e integrità territoriale. «Sosteniamo pienamente il diritto intrinseco dell’Ucraina all’autodifesa e a scegliere il proprio destino, e il suo diritto all’autodifesa e all’autodeterminazione», si legge. Viene menzionata poi anche la Cina per le sfide che rappresenta a livello geopolitico: «Viviamo in un’era di crescente concorrenza strategica. La crescente assertività e le politiche della Cina presentano sfide che dobbiamo affrontare».
L’attuale governo appare, dunque, in piena sintonia con le istituzioni di Bruxelles sulla maggior parte dei temi cruciali relativi alla politica nazionale e internazionale, smentendo così le preoccupazioni degli organi d’informazione mainstream circa un governo poco collaborativo in sede comunitaria. Allo stesso tempo, però, i partiti di centrodestra – in particolare Lega e Fratelli d’Italia – si allontanano da quelle istanze “sovraniste” che avevano fatto loro negli anni passati e sulle quali molti elettori avevano riposto la loro fiducia. Il colloquio di ieri a Roma tra il Presidente italiano e la von der Leyen dimostra, infatti, che Roma è pienamente inserita nel solco delle politiche europee e dell’Alleanza atlantica, nonostante queste non sempre si accordino con gli interessi nazionali.
[di Giorgia Audiello]