In Francia è divenuta ufficialmente legale la vendita di fiori e foglie di canapa contenenti cannabidiolo (CBD), il principio attivo della cannabis privo di effetti psicoattivi, a differenza del più noto tetraidrocannabinolo (THC). La sentenza rappresenta un passo avanti verso una tolleranza maggiore in un Paese storicamente caratterizzato da atteggiamenti perlopiù proibizionisti: la decisione del Consiglio di Stato dello scorso 29 dicembre revoca in maniera definitiva il precedente divieto introdotto dal Governo transalpino alla fine del 2021. I negozi potranno quindi riprendere a vendere in modo legale la cosiddetta cannabis light, ovvero infiorescenze di cannabis a basso contenuto di THC, quindi privi di effetti psicoattivi, ma molto apprezzate dai consumatori per le qualità rilassanti contenute nonché come sostituto del tabacco.
Per legalizzare il principio attivo ormai dimostrato essere non stupefacente, anzi ci sono diversi studi pronti a elencarne i benefici e i differenti utili usi, ci è voluto del tempo; dal citato divieto si potevano acquistare senza conseguenze legali i soli prodotti trattati e trasformati: al 30 dicembre 2021 in Francia era possibile la vendita di prodotti a base di cannabis con un contenuto di THC inferiore o uguale allo 0,3%, ma era vietato venderne le foglie e le infiorescenza da cui si ricava appunto la cannabis light da fumare.
La recente sentenza francese è importante per un settore ormai da anni in crescita e che potrà velocemente svilupparsi. Stando ai dati del Sindacato Professionale della Canapa (SPC) alla fine del 2022 in Francia sono stati contati circa 2.000 negozi di CBD e il volume d’affari del mercato equivale a circa 2 miliardi di euro. La manovra permetterà anche di produrre CBD “made in France” perché la nuova autorizzazione si estende a tutte le parti della pianta della canapa, al contrario dei dettami precedenti contenuti in un testo tra l’altro del 1990, secondo il quale la coltivazione della canapa era limitata alle sole fibre e ai semi. Non solo si svilupperà un settore di produzione agricola francese di CBD, ma seguiranno benefici ambientali: un ettaro di coltura di canapa è in grado di immagazzinare la stessa quantità di CO2 di un ettaro di foresta. Altro lato positivo che si apprende da alcuni studi effettuati in Svizzera – da dove il mercato della cannabis light è partito ormai diversi anni fa – e che potrebbe da ora giovare anche alla Francia è che la cannabis light legalizzata porterebbe a una diminuzione dello spaccio e anche a una riduzione dell’uso di farmaci.
Con una storia proibizionista simile all’Italia la Francia ha, per quanto lentamente, dato inizio a una nuova era per favorire un mercato in crescita, mentre nel nostro Paese non sembra intraprendere strade simili, per quanto ci siano stati tentativi nel corso del tempo. Eppure la Francia ha ricevuto una spinta significativa grazie a una sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE) del novembre 2020, dalla quale si apprende che nessuno Stato membro possa “Vietare la commercializzazione del cannabidiolo (CBD) legalmente prodotto in un altro Stato membro, qualora sia estratto dalla pianta di Cannabis sativa nella sua interezza e non soltanto dalle sue fibre e dai suoi semi”.
In Italia però, specialmente dalla formazione del nuovo governo, pare si voglia vietare – anche – la cannabis light. Il 13 ottobre 2022 è stato ripresentato a firma di alcuni deputati di Fratelli d’Italia una proposta di legge che mira anzi ad azzoppare il mercato italiano del settore, prevedendo di vietare “la vendita e l’utilizzo delle infiorescenze di canapa per uso umano”. Inoltre Luca Marola, il fondatore di una del principali aziende produttrici di cannabis light italiane, è sotto processo.
[di Francesca Naima]