La pandemia ha aumentato le distanze sociali. Anche in Italia, mentre i salari crollano, la ricchezza è sempre più concentrata in poche mani. I dati del Rapporto Oxfam 2023: aumentano le iniquità generazionali e le differenze di genere. Solo i grandi patrimoni hanno avuto benefici fiscali.

In Italia i super ricchi con patrimoni superiori ai 5 milioni di dollari (0,134% degli italiani) erano titolari, a fine 2021, di un ammontare di ricchezza equivalente a quella posseduta dal 60% degli italiani più poveri. La pandemia ha approfondito le distanze sociali e ha premiato una fascia ristrettissima di popolazione. Lo sostiene il nuovo rapporto Oxfam diffuso oggi (16 gennaio) in occasione dell’apertura del World Economic Forum di Davos. Già dal titolo è chiaro il risultato della ricerca dell’Oxfam, che conduce la campagna mondiale contro l’aumento della povertà (20 organizzazioni che lavorano in più di 90 paesi nel mondo a fianco delle comunità per garantire risorse, diritti e regole più giuste): “La diseguaglianza non conosce crisi”. Nel biennio di maggiore diffusione del virus del Covid 19 lo spicchio più ricco della popolazione (1%) ha visto crescere il valore dei propri patrimoni di 26.000 miliardi di dollari, in termini reali, accaparrandosi il 63% dell’incremento complessivo della ricchezza netta globale (42.000 miliardi di dollari), quasi il doppio della quota (37%) andata al 99% più povero della popolazione mondiale. 

Battuti tutti i record

Con la pandemia la diseguaglianza invece di ridursi fa un notevole passo avanti. Viene infatti superato anche il record che si era registrato durante il decennio 2012-2021, in cui il top-1% aveva beneficiato di poco più della metà (il 54%) dell’incremento della ricchezza planetaria. E quasi a dare ragione alle previsioni più fosche di Carlo Marx, per la prima volta in 25 anni aumentano simultaneamente estrema ricchezza ed estrema povertà. “Mentre la gente comune fa fatica ad arrivare a fine mese, i super-ricchi hanno superato ogni record nei primi due anni della pandemia, inaugurando quelli che potremmo definire i ruggenti anni ’20 del nuovo millennio – spiega Gabriela Bucher, direttrice esecutiva di Oxfam International – Crisi dopo crisi i molteplici divari si sono acuiti, rafforzando le iniquità generazionali, ampliando le disparità di genere e gli squilibri territoriali. Pur a fronte di un 2022 nero sui mercati a non restare scalfito è il destino di chi occupa posizioni sociali apicali, favoriti anche da decenni di tagli alle tasse sui più ricchi, che ne hanno consolidato le posizioni di privilegio”. 

Tassare le grandi ricchezze

Diventa fondamentale quindi ripensare dalle radici il sistema fiscale italiano. Ne è convinta Gabriela Bucher: “Un sistema fiscale più equo, a partire da un maggiore prelievo sugli individui più facoltosi, è uno degli strumenti di contrasto alle disuguaglianze. Un’imposta del 5% sui grandi patrimoni potrebbe generare per i Paesi riscossori risorse da riallocare per obiettivi di lotta alla povertà a livello globale affrancando dalla povertà fino a 2 miliardi di persone”.

La morsa dell’inflazione

Ma nel frattempo la pandemia e la crisi energetica con il relativo aumento dei prezzi – con un tasso dell’inflazione mai così alto da oltre 35 anni con i nuovi venti recessivi rischiano di esacerbare ulteriormente i divari. La quota detenuta dal 10% più ricco degli italiani (6 volte quanto posseduto alla metà più povera della popolazione) è aumentata di 1,3 punti percentuali su base annua a fronte di una sostanziale stabilità della quota del 20% più povero e di un calo delle quote di ricchezza degli altri decili della popolazione. La ricchezza nelle mani del 5% più ricco degli italiani (titolare del 41,7% della ricchezza nazionale netta) a fine 2021 era superiore a quella detenuta dall’80% più povero dei nostri connazionali (il 31,4%). 

Ricchi e poveri

Nonostante il calo del valore dei patrimoni finanziari dei miliardari italiani nel 2022, dopo il picco registrato nel 2021, il valore delle fortune dei super-ricchi italiani (14 in più rispetto alla fine del 2019) ha mostrato ancora un incremento di quasi 13 miliardi di dollari (+8,8%), in termini reali, rispetto al periodo pre-pandemico. Contemporaneamente cresce appunto la povertà sia quella relativa, sia quella assoluta. Quest’ultima è risultata stabile nel 2021 dopo un balzo significativo nel 2020 e interessa il 7,5% delle famiglie (1 milione 960 mila in termini assoluti) e il 9,4% di individui (5,6 milioni di persone). Un fenomeno, secondo Oxfam, molto allarmante perché ha visto raddoppiare in 16 anni la quota di famiglie con un livello di spesa insufficiente a garantirsi uno standard di vita minimamente accettabile e che oggi vede quelle più povere maggiormente esposte all’aumento dei prezzi, in primis per beni alimentari ed energetici. 

Scenari mondiali

Secondo i dati contenuti nel Rapporto Oxfam, con riferimento alle posizioni al vertice della piramide distributiva, dal 2020 ad oggi, un miliardario ha aumentato, in media, il proprio patrimonio di circa 1,7 milioni di dollari per ogni dollaro di incremento patrimoniale di una persona collocata nel 90% meno abbiente. Nel corso dell’anno appena concluso, i big del cibo e dell’energia hanno raddoppiato i profitti, ma l’84% è andato agli azionisti. Nel 2022 la ricchezza dei miliardari nei settori energetico e agro-alimentare è aumentata in concomitanza con la rapida crescita dei profitti delle imprese che controllano: lo scorso anno, 95 aziende, tra i Big dell’energia e le multinazionali del cibo, hanno più che raddoppiato i propri profitti rispetto alla media del quadriennio 2018-2021, versando 257 miliardi di dollari (l’84% degli extraprofitti realizzati) a ricchi azionisti. È il caso della dinastia Walton, proprietaria di metà della Walmart, che ha ricevuto dividendi per 8,5 miliardi di dollari nell’ultimo anno; o del miliardario indiano Gautam Adani, azionista di riferimento in molte grandi compagnie energetiche, che in soli sette mesi ha visto la propria ricchezza aumentare di 42 miliardi di dollari (+46%).

Profitti e prezzi

I curatori del Rapporto spiegano anche i nessi tra crescita dei profitti e inflazione. Come evidenziato da recenti analisi, gli esorbitanti profitti societari hanno avuto un ruolo predominante nella crescita dell’inflazione in Australia, Stati Uniti e Regno Unito. Per 1,7 miliardi di lavoratori l’inflazione supera l’aumento dei salari. Allo stesso tempo, almeno 1,7 miliardi di lavoratori vivono in Paesi in cui l’inflazione supera l’incremento medio dei salari e oltre 820 milioni di persone – circa 1 persona su 10 sulla Terra – soffrono la fame. Secondo la Banca Mondiale, stiamo probabilmente assistendo al più grande aumento di disuguaglianza e povertà globale dal secondo dopoguerra. Interi Paesi rischiano la bancarotta e quelli più poveri spendono oggi 4 volte di più per rimborsare i debiti rispetto a quanto destinano per la spesa pubblica in sanità. Tre quarti dei governi del mondo (148 Paesi) stanno inoltre pianificando tagli alla spesa pubblica – anche per la sanità e l’istruzione – per 7.800 miliardi di dollari nel quinquennio 2023-2027.

Guerra e povertà

“L’aumento dell’incidenza della povertà è stato attenuato, nell’emergenza, dagli interventi pubblici di supporto alle famiglie, ma le prospettive di arretramento sono forti alla luce dei fattori correnti di rischio per l’economia italiana come gli impatti del conflitto russo-ucraino e la crescita dell’inflazione”. Lo spiega Misha Maslennikov, policy advisor su giustizia economica di Oxfam Italia, secondo il quale le misure di sostegno alle famiglie devono proseguire ed essere indirizzate meglio verso le famiglie in condizioni di maggior bisogno. “È inoltre indispensabile abbandonare il regime transitorio del Reddito di Cittadinanza per il 2023, riformando l’unica misura strutturale di contrasto alla povertà di cui disponiamo; serve pure stimolare nuovi accordi tra le parti sociali volti a ridefinire celermente sistemi più efficaci di indicizzazione dei salari ai prezzi per fornire protezione adeguata ai gruppi sociali meno abbienti e alle forme di lavoro meno tutelate in settori a bassa retribuzione”. Nuovi accordi tra le parti sociali sono particolarmente necessari per i circa 6,3 milioni di dipendenti del settore privato (oltre la metà del totale dei dipendenti privati) in attesa del rinnovo dei contratti nazionali alla fine del mese di settembre 2022″ si legge nel Rapporto. “Lavoratori che rischiano, con le regole di indicizzazione attuali, di vedere un adeguamento dei salari, calati in termini reali del 6,6% nei primi nove mesi del 2022, insufficiente a contrastare l’aumento dell’inflazione. Se il miglioramento del mercato del lavoro italiano nel 2022 dovrà essere valutato alla luce dei rischi di una nuova recessione, restano irrisolti i nodi strutturali della “crisi del lavoro” nel nostro Paese: la ridotta partecipazione al mercato del lavoro della componente giovanile e femminile, marcate e crescenti disuguaglianze retributive, il crescente ricorso a forme di lavoro non standard e conseguente diffusione del lavoro povero”. 

Sbagliate le misure sul lavoro

“Se il dilagare del lavoro povero rappresenta una caratteristica strutturale del mercato italiano – è ancora Misha Maslennikov a parlare – destano preoccupazione le iniziative già messe in campo e le intenzioni del nuovo governo. Piuttosto che disincentivare il ricorso a forme di lavoro atipico che intrappolano nella precarietà milioni di lavoratori, il governo allarga le maglie per il lavoro discontinuo e invoca ulteriori interventi di flessibilizzazione. La previsione di un salario minimo non è all’ordine del giorno e gli incentivi all’occupazione – all’insegna del “più assumi, meno paghi” – non sono valutati sotto la lente della qualità e sostenibilità dell’occupazione promossa, lasciando il ruolo per lo sviluppo di una buona occupazione alle convenienze economiche e fiscali delle imprese”. 

Le proposte

Il Rapporto non si limita quindi all’analisi. Si indicano anche delle possibili linee di intervento. Per quanto riguarda il nostro Paese, Oxfam raccomanda per esempio al governo di intervenire in alcuni ambiti prioritari. Contrasto al caro-vita e alla povertà; abbandonare il regime transitorio del Reddito di Cittadinanza per il 2023, garantendo l’erogazione di tutte le mensilità spettanti a tutti i beneficiari, e riformare la misura per renderla più equa (per criteri di accesso e entità del sussidio) ed efficiente; favorire accordi tra le parti sociali per ridefinire una più efficace indicizzazione dei salari ai prezzi e indicizzare all’inflazione il reddito soglia per l’accesso al reddito di cittadinanza. Oxfam suggerisce anche di destinare maggiori risorse contro il caro-energia, potenziare la tassa sugli extraprofitti a carico degli operatori del comparto energetico fossile, aumentando l’aliquota dal 50% all’80% ed estendendo la misura ai settori farmaceutico ed assicurativo. Rafforzare la funzione redistributiva della leva fiscale, aumentando la contribuzione a carico dei più ricchi; favorire la ricomposizione del prelievo spostando la tassazione dal lavoro a rendite, profitti e interessi; abbandonare il ricorso a trattamenti fiscali differenziati tra contribuenti in condizioni economiche affini. Tra gli interventi anche quello dell’introduzione di un salario minimo legale. Inoltre, per contribuire alla riduzione delle disuguaglianze tra i Paesi, si chiede al governo italiano di agire sullo scacchiere internazionale per riallocare, a favore dei Paesi vulnerabili, una generosa quota dei diritti speciali di prelievo (DSP), emessi dall’FMI nell’agosto 2021.

Di Nardi

Davide Nardi nasce a Milano nel 1975. Vive Rimini e ha cominciato a fare militanza politica nel 1994 iscrivendosi al PDS per poi uscirne nel 2006 quando questo si è trasformato in PD. Per due anni ha militato in Sinistra Democratica, per aderire infine nel 2009 al PRC. Blogger di AFV dal 2014

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