Gli ultra-ricchi si sono arricchiti ancor di più durante gli ultimi anni © Maleo Photography/iStockPhoto

Oxfam rivela anche che, nel 2022, 95 colossi del cibo e dell’energia hanno più che raddoppiato i profitti rispetto al 2018-2021

Agnese Conti

La pandemia che continua a mietere vittime e sovraccaricare i sistemi sanitari. La guerra in Ucraina che ha innescato una catastrofe umanitaria e una crisi energetica e alimentare di cui non si vede la fine. Il 2022 è stato senza dubbio un anno complesso. Per certi versi, drammatico. Ma non per tutti. Proprio in considerazione dell’impennata dei prezzi, le persone più ricche della Terra e le big del cibo e dell’energia hanno fatto affari d’oro. È quanto emerge da Survival of the Richest, il nuovo report pubblicato dall’organizzazione non governativa Oxfam all’apertura dell’edizione 2023 del World Economic Forum di Davos.

Ci sono aziende per cui la crisi energetica e alimentare è un affare

Lo scorso anno, spiega Oxfam, 95 multinazionali del cibo e dell’energia hanno più che raddoppiato i propri profitti rispetto alla media del periodo compreso tra il 2018 e il 2021. Di per sé potrebbe essere anche una buona notizia se quei soldi fossero stati reinvestiti in ricerca e sviluppo, nell’aumento degli stipendi per adeguarlo all’inflazione, nella creazione di nuovi posti di lavoro. Insomma, se avessero avuto un effetto di traino sull’economia reale. Ma non è andata così.

L’84% degli extraprofitti realizzati, per un totale di 257 miliardi di dollari, è finito nelle tasche degli azionisti. Azionisti come la famiglia Waltonla più ricca d’America perché proprietaria di metà delle quote dei grandi magazzini Walmart. Solo nel 2022 ha ricevuto dividendi pari a 8,5 miliardi di dollari. L’indiano Gautam Adani, proprietario di un impero nel settore delle infrastrutture e dell’energia (carbone compreso), nell’arco di un anno ha visto il proprio patrimonio passare da 50,5 a 90 miliardi di dollari. La rivista statunitense Forbes lo colloca sul terzo gradino del podio nella classifica dei miliardari, dopo Bernard Arnault ed Elon Musk.

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Protesta contro un progetto Adani nel maggio del 2019 © robb1037/iStockPhoto

Secondo Oxfam, «ogni miliardario è un fallimento politico»

Questi sono gli esempi più clamorosi, ma non gli unici. La nuova ricchezza generata a partire dal 2020 ammonta a 42mila miliardi di dollari: 26mila sono stati incassati dall’1% più ricco della popolazione mondiale, contro 16 che sono stati distribuiti a tutto il resto dell’umanità. I patrimoni dei miliardari sono cresciuti al ritmo di 2,7 miliardi di dollari al giorno.

I più abbienti, in altre parole, si sono accaparrati il 63% dell’incremento complessivo della ricchezza netta globale, quasi il doppio della quota (37%) andata al 99% più povero della popolazione mondiale.

Battuto dunque il record dell’intero decennio 2012-2021, in cui il top-1% aveva beneficiato di poco più della metà (il 54%) dell’incremento della ricchezza planetaria. Per la prima volta in 25 anni aumentano inoltre simultaneamente estrema ricchezza ed estrema povertà.

Tutto questo mentre 860 milioni di persone devono sopravvivere con meno di 1,90 dollari al giorno. Sempre secondo Oxfam, sono 63 milioni gli individui destinati a ricadere nella povertà estrema proprio per il boom dei prezzi alimentari.

«L’estrema concentrazione della ricchezza compromette la crescita economica, corrompe la politica e i media, corrode la democrazia e favorisce la polarizzazione politica», si legge nel report di Oxfam. «L’esistenza stessa dei miliardari in grande espansione e dei profitti record, in un momento in cui la maggior parte della popolazione ha a che fare con l’austerità, l’incremento della povertà e una crisi del costo della vita, dimostra come il sistema economico non riesca a essere al servizio dell’umanità».

Le proposte di Oxfam per contrastare le disuguaglianze

«Mentre la gente comune fa fatica ad arrivare a fine mese, i super-ricchi hanno superato ogni record nei primi due anni della pandemia, inaugurando quelli che potremmo definire i ruggenti anni Venti del nuovo millennio», ha dichiarato Gabriela Bucher, direttrice esecutiva di Oxfam International. «Crisi dopo crisi – aggiunge – i molteplici divari si sono acuiti, rafforzando le iniquità generazionali, ampliando le disparità di genere e gli squilibri territoriali. Pur a fronte di un 2022 nero sui mercati a non restare scalfito è il destino di chi occupa posizioni sociali apicali, favoriti anche da decenni di tagli alle tasse sui più ricchi, che ne hanno consolidato le posizioni di privilegio».

Nonostante il tracollo dei mercati azionari nel 2022, infatti, le fortune dei miliardari sono comunque aumentate al ritmo di 2,7 miliardi di dollari al giorno nell’ultimo triennio, dopo un decennio che ha visto raddoppiare il numero dei super-ricchi e i loro patrimoni.

In tutto il mondo 820 milioni di persone soffrono la fame

Cosa fare dunque per contrastare la situazione? Bucher propone «un sistema fiscale più equo, a partire da un maggiore prelievo sugli individui più facoltosi, è uno degli strumenti di contrasto alle disuguaglianze. Un’imposta del 5% sui grandi patrimoni potrebbe generare per i Paesi riscossori risorse da riallocare per obiettivi di lotta alla povertà a livello globale affrancando dalla povertà fino a 2 miliardi di persone».

Sono infatti almeno 1,7 miliardi i lavoratori che vivono in Paesi in cui l’inflazione supera l’incremento medio dei salari. E oltre 820 milioni di persone – circa 1 persona su 10 sulla Terra – soffrono la fame. Secondo la Banca Mondiale, stiamo probabilmente assistendo al più grande aumento di disuguaglianza e povertà globale dal secondo dopoguerra.

debito privato, problema collettivo: sovraindebitamento, povertà e portafogli vuoto
Le fasi di crisi si trasformano regolarmente in un aumento della ricchezza in mano ai più abbienti e in una diminuzione di quella su cui possono contare i meno fortunati © Chan2545/iStockPhoto

Interi Paesi rischiano la bancarotta e quelli più poveri spendono oggi 4 volte di più per rimborsare i debiti rispetto a quanto destinano per la spesa pubblica in sanità. Tre quarti dei governi del mondo (148 Paesi) stanno inoltre pianificando tagli alla spesa pubblica – anche per la sanità e l’istruzione – per 7.800 miliardi di dollari nel quinquennio 2023-2027.

La situazione in Italia

Per quanto riguarda infine l’Italiain un altro rapporto, Oxfam spiega che il bilancio consuntivo di Istat relativo al 2020 fotografa una contrazione del reddito netto familiare dello 0,9% in termini nominali e dello 0,8% in termini reali rispetto al 2019. Con uno sguardo di più lungo periodo, la riduzione dei redditi in termini reali resta ancora pari in media al 6,2% rispetto al 2007, l’anno che ha preceduto la prima grave crisi finanziaria del nuovo millennio.

L’aumento di appena 0,4 punti dell’indice di Gini (che misura il tasso di disuguaglianze in un Paese) non è dissimile da quello riscontrato tra il 2011 e il 2012, nonostante una caduta del PIL (-9%) pari a tre volte quella registrata in concomitanza con la crisi dei debiti sovrani (-3%). Si tratta di un aumento modesto della disuguaglianza. A fronte di una significativa contrazione che ha caratterizzato l’economia, che non deve tuttavia far dimenticare le ampie sperequazioni reddituali che contraddistinguono il nostro Paese nel confronto internazionale. Le cui determinanti strutturali mancano da tempo di azioni di contrasto incisive. Nel 2020 l’Italia si collocava infatti in diciannovesima posizione sui 26 Paesi dell’Unione europea per cui era disponibile il valore dell’indice di concentrazione di Gini.

L’indicatore sarebbe inoltre salito nel 2020 fino al valore di 34,6 in
assenza di trasferimenti come il reddito di cittadinanza e delle
misure straordinarie messe in campo dal governo. Tra cui le integrazioni
salariali con causale Covid-19, la proroga dell’indennità di
disoccupazione, i bonus 600 e 1000 euro, i contributi a fondo perduto
erogati dall’Agenzia delle Entrate, il reddito di emergenza

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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