Il generale Petr Pavel, ex presidente del Comitato militare della NATO, è il favorito per la vittoria alle elezioni presidenziali in Repubblica Ceca, dove sfiderà Andrej Babiš al ballottaggio del 27-28 gennaio. Intanto il governo firma un “contratto di vassallaggio” con gli Stati Uniti.
Il 13 e 14 gennaio, i cittadini della Repubblica Ceca sono stati chiamati alle urne per il primo turno delle elezioni presidenziali. Tra gli otto candidati presenti, due hanno ottenuto quasi lo stesso numero di voti, rendendo necessario il ballottaggio che avrà luogo il 27 e 28 gennaio prossimi.
Con il presidente in carica Miloš Zeman impossibilitato a concorrere per aver raggiunto il limite dei due mandati, la sfida per la massima carica vedrà di fronte Petr Pavel e Andrej Babiš. Al primo turno, Pavel ha ottenuto un leggero vantaggio di voti, con meno di 23.000 schede di vantaggio su Babiš, mentre da un punto di vista di percentuali la sfida si è chiusa con Pavel al 35,40% e Babiš al 34,99%. Tuttavia, i sondaggi sembrano dare un netto vantaggio a Petr Pavel, che dunque va considerato come il favorito per la presidenza.
Ma chi sono i due candidati alla guida della Repubblica Ceca?
Andrej Babiš è un volto noto della politica ceca, avendo ricoperto l’incarico di primo ministro tra il 2017 ed il 2021. Babiš ha inoltre occupato altri ruoli governativi di prestigio, come quelli di ministro delle Finanze e di vice premier, entrambi nel periodo 2014-2017, quando il governo era guidato da Bohuslav Sobotka. Presente in parlamento da dieci anni, Babiš è il fondatore e leader del partito liberal-conservatore denominato Azione dei Cittadini Insoddisfatti (Akce Nespokojených Občanů), e generalmente noto come ANO 2011. Dalla fine del 2021, con l’ascesa di Petr Fiala al governo, Andrej Babiš è divenuto il leader dell’opposizione.
Al contrario di Babiš, Petr Pavel non ha una grande esperienza politica alle spalle, ma il suo curriculum si è sviluppato soprattutto in ambito militare. Pavel è infatti un generale dell’esercito in pensione che ha ricoperto incarichi prestigiosi come quelli di capo di stato maggiore dell’esercito ceco (2012-2015) e soprattutto di presidente del Comitato militare della NATO (2015-2018). Pavel gode inoltre del sostegno del governo in carica, che probabilmente con questa scelta vuole dimostrare la propria fedeltà all’atlantismo.
Considerando l’attuale contesto internazionale, non sorprenderebbe affatto scoprire che l’indicazione per la candidatura di Pavel sia giunta da Washington. Il generale ha infatti preso apertamente le parti dell’Ucraina contro la Russia. Da questo punto di vista, appare evidente come sia nell’interesse della NATO far presidiare i Paesi dell’Europa orientale da leader politici di orientamento chiaramente atlantista, il che significa anche mettere a disposizione del candidato in questione tutti i mezzi finanziari e propagandistici immaginabili.
Tenendo conto di questi elementi, il Partito Comunista di Boemia e Moravia (Komunistická strana Čech a Moravy – KSČM) ha invitato a votare contro i candidati sostenuti dal governo in carica, sebbene questo significhi votare in favore di Andrej Babiš, non certo un alleato del KSČM. Il Partito Comunista ha anche denunciato che Praga starebbe stipulando, in gran segreto e senza rendere partecipe la popolazione, un cosiddetto Trattato di difesa con gli Stati Uniti: “Questo vergognoso accordo consentirebbe la permanenza di unità militari statunitensi sul territorio ceco”, si legge sul sito del KSČM, che lo ha inoltre definito come un “contratto di vassallaggio”.
La denuncia effettuata dai comunisti cechi dimostra inequivocabilmente che l’elezione di Pavel contribuirebbe a dare una svolta ulteriormente militarista ed atlantista al Paese. “Il governo ceco, come parte del suo sostegno alla guerra, ha anche deciso di imporre l’emanazione di una spesa obbligatoria per gli armamenti pari al 2% del PIL”, si legge ancora sul sito del Partito Comunista, secondo il quale l’esecutivo di Fiala ha intenzione di “attuare ulteriormente la sua aggressiva politica militare”.
“Un esempio dell’inutile spesa di denaro in armamenti è l’intenzione di acquistare aerei da combattimento americani F-35. Anche in questo caso si tratta di sottomissione agli USA, perché i Gripen attualmente in servizio sono assolutamente sufficienti per l’esercito ceco. L’acquisizione di 24 velivoli F-35, insieme ad altre spese correlate, costerà alla Repubblica Ceca e ai suoi cittadini almeno 100 miliardi di corone”, denuncia il KSČM. “I comunisti sono convinti che i prossimi passi del governo di destra di Petr Fiala rappresenteranno un altro attacco a quello che resta della sovranità della Repubblica Ceca e soggiogheranno completamente il Paese agli interessi degli Stati Uniti. […] Il KSČM rifiuta assolutamente la presenza di truppe straniere sul territorio della nostra repubblica”.
Il Partito Comunista di Boemia e Moravia rifiuta in maniera netta la politica bellicista e atlantista del governo di Petr Fiala e, coerentemente con questa posizione, promuove una soluzione pacifica al conflitto in corso in Ucraina.
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Giulio Chinappi – World Politics Blog