Per la premier finlandese Sanna Marin “la sicurezza è fondamentale” e se prima poteva esserci cooperazione con la Russia, la guerra impone che Mosca sia sconfitta.
Sanna Marin, regina dell’assurdo
L’ultima uscita di Sanna Marin è avvenuta al vertice di Davos, alla vigilia dell’incontro di Rammstein dove i vertici europei hanno deciso l’ulteriore escalation militare in Ucraina contro la Russia: “Non sappiamo quando finirà la guerra ma l’Ucraina deve vincere. Non c’è altra scelta”.
In una situazione complessa come quella in corso, un politico di rilevanza internazionale se la può cavare con frasi da bar senza fare i conti con le conseguenze delle sue affermazioni?
Secondo Marin non c’è un piano B rispetto alla vittoria ucraina. E se la vittoria non arrivasse? E se l’Ucraina – come stanno denunciando diverse fonti da tempo – “finisce” il manpower, il materiale umano? E se la Nato entra in campo direttamente? E se vengono usate armi nucleari?
Queste sono le domande a cui bisognerebbe rispondere. Invece i leader europei hanno tutti indossato l’elmo di Stoltenberg.
Questa narrazione è diventata talmente potente che ha colmato il vuoto della politica: i leader, così come i cosiddetti “esperti” non argomentano più, recitano un mantra fatto di formule ripetitive, sempre le stesse, in un teatro dell’assurdo. Ma intanto si continua a morire
Sanna Marin governa in patria in coalizione col centrodestra, sta costruendo un muro contro i migranti, ha aumentato le spese militari del 70% (2,2 miliardi di euro) e più volte ha cercato di eliminare il recovery fund. Se Giorgia Meloni avesse solo pensato la metà di queste cose si sarebbe trovata già Michela Murgia sotto casa pronta a bucargli le ruote dell’auto. E invece la premier finlandese viene innalzata ad idolo dei liberal salottieri delle terrazze romane