Il cancelliere tedesco Olaf Scholz negli ultimi giorni ha svolto un tour diplomatico in Sudamerica, dove ha visitato, nell’ordine, Argentina, Cile e Brasile, incontrando i rispettivi presidenti. Tra le altre cose, l’intenzione del cancelliere era quella di compattare e ottenere l’aiuto delle principali nazioni sudamericane nello sforzo bellico contro la Russia e a favore dell’Ucraina. Tuttavia, mentre Cile e Argentina hanno condannato esplicitamente l’aggressione russa di un Paese terzo, il presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva – che Scholz ha incontrato lunedì a Brasilia – ha mantenuto una linea indipendente, non condannando esplicitamente Mosca, ma asserendo che la responsabilità della guerra in corso può essere attribuita a entrambe le parti. «Per un verso, penso che la Russia abbia commesso il classico errore di invadere il territorio di un altro paese, dunque la Russia ha torto», ha dichiarato Lula ai giornalisti lunedì. «Ma continuo anche a pensare che se uno non vuole, due non litigano. A volere la pace bisogna essere in due», ha aggiunto. Lula ha anche rifiutato la richiesta di Scholz di inviare armi all’Ucraina: «il Brasile non vuole avere alcuna partecipazione, nemmeno indiretta. Dovremmo cercare chi può trovare la pace tra Russia e Ucraina», ha detto. Il cancelliere tedesco, inoltre, è il primo premier europeo a incontrare il presidente brasiliano dopo la sua rielezione.
È, dunque, fallito il tentativo tedesco di coinvolgere il più grande Paese dell’America Latina nello sforzo internazionale di sostegno a Kiev: Lula ha detto che il Brasile non fornirà munizioni all’Ucraina per i cannoni antiaerei Gepard di fabbricazione tedesca, come richiesto dalla Germania. Il presidente brasiliano, infatti, intende porsi come mediatore del conflitto, poiché, secondo quanto riferito anche dal media statunitense Bloomberg, «Lula, in linea con la tradizione di politica estera brasiliana, vuole presentarsi come mediatore dei conflitti in un mondo multipolare, piuttosto che come un automatico alleato degli Stati Uniti e dell’Unione Europea». Viene smentita così, almeno per ora, la narrativa di quell’ala mediatica che si può ascrivere alla corrente sovranista e antiglobalista secondo cui Lula sarebbe una pedina delle élite economiche finanziarie internazionali e un falso protagonista della corrente multipolare internazionale che fa capo ai BRICS. Secondo tale visione sarebbe Bolsonaro il vero paladino anti-establishment: una lettura, tuttavia, che trova scarsa conferma nei fatti e nell’operato politico dell’ex presidente, il quale non di rado ha favorito le multinazionali e le politiche neoliberiste anche contro gli interessi dei popoli indigeni.
Fino ad ora, il presidente socialista ha dimostrato il contrario rispetto a quanto sostenuto da certi ambienti mediatici anti-establishment, mantenendo una politica autonoma e neutrale sulla questione ucraina e dando il via al progetto per la creazione di una moneta comune del sud America, che potrebbe chiamarsi “sur” e che servirebbe anche per ridurre la dipendenza dal dollaro statunitense. Rispetto alla crisi ucraina, Lula avrebbe suggerito di creare un club di Paesi che vogliono costruire la pace sul pianeta: «Il Brasile è disposto a dare un buon contributo. Il mondo ha bisogno di pace […]. Una parola che finora è stata usata molto poco», ha affermato. Inoltre, ha ribadito che l’unica guerra che intende affrontare il Brasile è quella «contro la povertà». Subito dopo l’inizio del conflitto, inoltre, Lula – con riferimento a Zelensky – aveva dichiarato che «questo ragazzo è responsabile dello scoppio della guerra quanto Putin».
L’incontro tra Lula e Scholz ha avuto esito positivo, invece, per quanto riguarda il piano della cooperazione commerciale. I due, infatti, hanno detto di essere impegnati a finalizzare l’accordo Ue-Mercosur in questo semestre. Il Mercosur è il mercato comune dell’America meridionale che include anche Paraguay e Uruguay: «Ci siederemo al tavolo delle trattative con l’atteggiamento più aperto possibile per poter chiudere l’accordo nel semestre», ha assicurato Lula, il quale ha anche spiegato che durante il suo mandato, tra il 2007 e il 2010, è stato vicino a raggiungere l’intesa che però è naufragata a causa della propensione della Francia a difendere i suoi prodotti agricoli.
Lula ha rifiutato, invece, di aderire al cosiddetto “club del clima” tedesco, un insieme di Stati che dovrebbero coordinare le loro politiche industriali e climatiche, al contrario di Cile e Argentina. Tuttavia, il Brasile – essendo la più grande economia del continente – ha un peso di gran lunga superiore rispetto alle altre due nazioni e Lula ha sorprendentemente rifiutato di aderire. Per quanto riguarda, invece, il discorso di un «club di Paesi» per la pace, il presidente brasiliano ha sottolineato l’importante ruolo della Cina nei colloqui di pace, argomento di cui discuterà in una visita programmata a Pechino a marzo.
Scholz, dunque, ha incassato un doppio no dal presidente brasiliano, sia per quanto riguarda gli aiuti militari a Kiev, sia per l’adesione al “club del clima”. Allo stesso tempo, Brasile e Cina – membri del BRICS – intendono promuovere un piano di pace, come attestato dalle dichiarazioni del presidente brasiliano e dall’imminente viaggio dello stesso a Pechino.
[di Giorgia Audiello]