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Un’assordante indifferenza che maschera l’appoggio alla violenza sionista, funzionale alle dinamiche imperialistiche occidentali, perdura sul massacro del popolo palestinese, che con il nuovo governo Netanyahu è pianificato fino alle estreme conseguenze genocide. Il diritto internazionale e i più basilari diritti umani sono disattesi da decenni nelle operazioni di occupazione illegale di quei territori da parte dello Stato di Israele, e a nulla sono servite le numerose risoluzioni ONU, perpetuamente disattivate dal veto USA.

 di Adriana Bernardeschi  

Il 24 gennaio scorso il Global Network on the question of Palestine ha scritto una lettera aperta al segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres, il quale nel suo discorso alla riunione del Comitato per l’esercizio dei diritti inalienabili del popolo palestinese ha espresso la propria preoccupazione riguardo al precipitare della situazione politica, economica e di sicurezza in quei territori, rimarcando il mancato rispetto della promessa di uno Stato indipendente palestinese.

Anche la relatrice speciale ONU Francesca Albanese, in una recente intervista dell’AGI in occasione di un evento di Amnesty International organizzato presso la rappresentanza del Parlamento europeo, ha dichiarato, parlando di Israele: “L’occupazione è illegale perché non è più temporanea, è condotta in violazione di tutte le norme internazionali che regolano il regime di occupazione, ed è diventata uno strumento per attuare discriminazione razziale, conquista e annessione e trasformarsi in un regime di apartheid. L’apartheid è una conseguenza naturale di questo sistema e io spiego nel rapporto che l’intento è quello di mantenere un colonialismo di insediamento”.

L’insediamento del nuovo governo israeliano, guidato da Benjamin Netanyahu e fondato sull’accordo tra il partito di destra Likud e cinque altre formazioni politiche nazionaliste e sioniste, ha inasprito ulteriormente le politiche di aggressione coloniale dei territori palestinesi. Basti dire che il nuovo ministro della Pubblica sicurezza, che avrà dunque il controllo della polizia nazionale e di frontiera tra Israele e Cisgiordania, sarà Itamar Ben-Gvir, dirigente per partito Potere Ebraico, noto per aver preso posizioni razziste nei confronti dei palestinesi e per aver invitato la polizia a sparare sui manifestanti, cosa che fa presagire anche una feroce repressione dei dissenso interno a Israele.

Come viene riportato dalla lettera aperta sopracitata, il manifesto del nuovo governo israeliano afferma che “il popolo ebraico ha un diritto esclusivo e inalienabile a tutte le parti della Terra d’Israele. Il governo promuoverà e svilupperà la colonizzazione di tutte le parti della Terra d’Israele – in Galilea, nel Negev, nel Golan e in Giudea e Samaria”. È evidente che un tale programma viola gravemente il diritto internazionale che riconosce il principio di autodeterminazione dei popoli. La lettera aperta sottolinea che “questi sviluppi costituiscono la più grave minaccia per il popolo palestinese da quando tre quarti di esso sono stati espulsi ed esiliati con la forza nel momento della fondazione dello Stato d’Israele nel 1948. C’è un alto rischio di un’intensificazione pericolosa e senza precedenti nella Palestina occupata, in Israele e oltre”.

Israele si configura sempre di più come Stato coloniale che, in un crescendo di annessioni illegali e permanenti di territori palestinesi e di violazioni dei diritti umani, ha di fatto instaurato un regime di apartheid.

Nella lettera aperta a Gutierrez si analizza anche il fallimento delle risoluzioni con cui nel passato si è inteso porre fine alla violenza: “Gli sforzi di pace del passato partivano da una falsa premessa: che due parti nettamente diseguali potessero negoziare la fine del conflitto. Invece, questo approccio ha consolidato la posizione del colonizzatore, violando le norme più fondamentali del diritto internazionale… L’attenzione allo sviluppo di istituzioni simil-statali palestinesi ignorava la realtà per cui non può esistere una sovranità effettiva sotto l’occupazione e un regime di apartheid. Gli sforzi per sviluppare l’economia palestinese ignorano che Israele esercita una morsa su di essa”.

Alla luce di queste riflessioni, il Global Network on the question of Palestine afferma la necessità, se si vogliono garantire i diritti inalienabili dei palestinesi, di un cambio di strategia da parte dell’ONU, perché “una soluzione negoziata non solo contravviene al diritto internazionale, ma ha anche permesso a Israele di consolidare il proprio controllo sul popolo palestinese, sulla sua terra e sulle sue risorse”.

Si ricorda che il 2022 è stato l’anno con una maggiore incidenza di morti di bambini da quando le vittime sono state documentate dalle Nazioni Unite, come riportato da Save the Children, e visti i piani del nuovo governo la situazione è destinata a peggiorare.

L’occupazione israeliana è stata dichiarata illegale dall’Assemblea Generale e dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU fin dal 1977: è ora di passare dalle parole ai fatti e di dare priorità al diritto internazionale. il Global Network on the question of Palestine chiede a Gutierrez politiche di protezione degli abitanti dei territori occupati – come era stato fatto all’epoca della prima Intifada – e anche dei rifugiati, proponendo su quest’ultimo punto di “sfruttare le opportunità offerte dalla Dichiarazione di New York del 2016 per i rifugiati e i migranti, attingendo alle competenze dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione (Unrwa) e dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati”.

In questa casella dello scacchiere mondiale emerge in maniera particolarmente evidente il ricorso alla doppia morale da parte dell’Occidente. Di fronte alle numerose risoluzioni dell’ONU che condannano lo Stato di Israele per la sua politica espansionistica e per la violazione dei diritti dei cittadini palestinesi, non è stata adottata alcuna sanzione. Mentre sappiamo bene, purtroppo, che tali risoluzioni sono state il pretesto per “operazioni di polizia internazionale”, cioè guerre feroci contro paesi che non si adeguavano alle “regole” dei paesi imperialisti e in particolare degli Stati Uniti. E anche il principio di autodeterminazione dei popoli vale se si riferisce al Kosovo, fino al punto di bombardare la Serbia, ma non alla Palestina o al Donbass. L’intento è quello di salvaguardare il ruolo che storicamente ha assunto Israele: quello di gendarme dell’Occidente nel Medio Oriente.

È necessario continuare e intensificare forme di mobilitazione che sensibilizzino la comunità internazionale verso questa situazione di perpetuo massacro di un popolo e di negazione della sua libera autodeterminazione. Come spiegava Alessandra Ciattini in un nostro editoriale – di due anni fa, ma tuttora tragicamente attuale – la politica espansionista di Israele ha creato un carcere a cielo aperto e sta provocando un vero e proprio genocidio. Non solo appoggiarlo, ma anche restare indifferenti o neutrali è una presa di posizione immorale e disumana.

https://www.lacittafutura.it/esteri/continua-lo-sterminio-dei-palestinesi-con-la-complicit%c3%a0-dell%e2%80%99occidente

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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