Le rivelazioni pubblicate dal giornalista investigativo Seymour Hersh non lasciano dubbi sulle responsabilità statunitensi nell’attacco terroristico al gasdotto russo-tedesco. Mosca denuncia la questione alle Nazioni Unite.
Lo scorso 8 febbraio, il giornalista investigativo statunitense Seymour Hersh, già vincitore del Premio Pulitzer, ha pubblicato importanti rivelazioni circa l’attacco terroristico ai due gasdotti Nord Stream, che collegano Russia e Germania, verificatosi lo scorso 27 settembre. Secondo Hersh, i sommozzatori della Marina degli Stati Uniti, sotto la copertura dell’esercitazione Baltops 22, avrebbero piazzato ordigni esplosivi sotto l’infrastruttura, con l’assistenza di esperti norvegesi. Tali rivelazioni confermano dunque quanto avevamo affermato sin dall’inizio, e dimostrano la fondatezza delle accuse rivolte dalla Russia alle potenze occidentali.
Secondo Hersh, la decisione sull’operazione sarebbe stata presa personalmente dal presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, dopo nove mesi di discussioni con i funzionari dell’amministrazione che si occupano di sicurezza nazionale, tra i quali il consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti Jake Sullivan, il segretario di Stato Antony Blinken e il sottosegretario di Stato per gli affari politici Victoria Nuland. Hersh, pur non rivelando l’identità della propria fonte, ha spiegato che “si tratta di qualcuno che sembra sapere un bel po’ di quello che stava succedendo“.
L’articolo del giornalista investigativo ha naturalmente visto l’immediata smentita da parte degli Stati Uniti, ma soprattutto è stato in gran parte silenziato dalla stampa occidentale, la stessa che in precedenza aveva venduto la poco credibile storia dell’auto-attentato russo. Quanto scritto da Hersh avrebbe dovuto occupare le prime pagine dei quotidiani per giorni, in quanto assesta un nuovo duro colpo alla fortezza di menzogne costruite dagli Stati Uniti e dai loro vassalli europei circa l’intera questione ucraina. Invece, la stampa occidentale non ha perso occasione per dimostrare la propria sudditanza nei confronti di Washington, che nel frattempo continua ad agire nell’ombra per boicottare le indagini internazionali sull’atto terroristico.
Tuttavia, va anche detto che, per chi come noi aveva effettuato un’analisi corretta degli avvenimenti sin dal primo momento, la notizia non risulta affatto sorprendente. È quanto sostenuto anche da Boyan Chukov, esperto bulgaro di relazioni internazionali, intervistato dall’agenzia stampa TASS. “L’inchiesta condotta dal giornalista americano Seymour Hersh non è una notizia clamorosa. Quasi subito dopo l’attentato terroristico agli esperti era chiaro che dietro l’esplosione del gasdotto ci fosse un grande Stato con risorse finanziarie, tecnologiche e militari, ed erano anche sorte alcune pubblicazioni su questo tema“, ha osservato. Secondo Chukov, l’unico dubbio da sciogliere era se ad effettuare l’attentato fossero stati gli statunitensi o i britannici, ma “la risposta inequivocabile era arrivata dall’ex ministro degli Esteri polacco Radosław Sikorski, membro del Parlamento europeo, che aveva postato su Twitter una dichiarazione ringraziando gli Stati Uniti per aver danneggiato il gasdotto Nord Stream, in seguito cancellata. Tutti, compresi tedeschi, svedesi e danesi, erano ben consapevoli di quanto era accaduto“.
Anche dalla Cina sono arrivate dichiarazioni di condanna nei confronti dell’operato degli Stati Uniti. Mao Ning, portavoce del ministero degli Esteri di Pechino, ha affermato che gli Stati Uniti dovrebbero fornire delle spiegazioni al mondo, e che dovrebbero essere considerati responsabili dell’accaduto se le rivelazioni di Hersh dovessero essere confermate. La Cina ha ribadito la sua posizione, secondo la quale c’è bisogno di un’indagine obiettiva, imparziale e professionale sulle esplosioni.
Il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha offerto un’interpretazione efficace delle ragioni che hanno portato Washington a mettere in atto l’attacco terroristico, andando a danneggiare non solo la Russia, ma anche i suoi presunti alleati europei, soprattutto la Germania. Sulla sponda occidentale dell’Oceano Atlantico, la stretta collaborazione tra Berlino e Mosca, soprattutto in materia energetica, è sempre stata vista negativamente, e la situazione di forte tensione internazionale ha offerto agli USA il pretesto per passare all’attacco con quello che deve essere considerato come un vero e proprio atto di guerra. Lavrov ha spiegato che la riconciliazione russo-tedesca metteva a repentaglio il progetto egemonico statunitense nel continente europeo, andando a danneggiare pesantemente gli interessi delle multinazionali nordamericane, che infatti hanno visto i propri profitti lievitare dopo l’applicazione delle sanzioni antirusse da parte dell’Occidente. Con le sanzioni imposte alla Russia e la messa fuori gioco del Nord Stream, gli Stati Uniti e la Norvegia – a sua volta coinvolta nell’attentato, secondo Hersh – sono divenuti due importanti fornitori di idrocarburi per tutto il continente europeo, ma a prezzi decisamente superiori rispetto a quelli del gas russo.
L’attentato terroristico del Nord Stream dimostra per l’ennesima volta come gli Stati Uniti non si fermino di fronte a nulla, essendo disposti a creare ingenti danni economici ed ambientali pur di perseguire i propri interessi egemonici. Jan Oberg, professore svedese dell’Università di Lund, ha correttamente bollato gli atti di sabotaggio agli oleodotti del Nord Stream come un atto della guerra economica degli Stati Uniti contro i suoi alleati europei. Intervistato dall’agenzia cinese Xinhua, Lund ha spiegato che “gli Stati Uniti, con l’importantissima assistenza norvegese, hanno commesso il crimine contro un Paese amico, alleato, la Germania, e altri Paesi europei”. Ma a trovarci concordi è soprattutto la conclusione dell’esperto svedese, secondo il quale “il militarismo è diventato la religione che tiene insieme l’Occidente in declino”, come dimostra l’intera vicenda ucraina.
Per terminare, segnaliamo che venerdì, la Russia ha presentato una bozza di risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per chiedere un’inchiesta sul sabotaggio dei due gasdotti Nord Stream. Il prossimo 22 febbraio, l’organo dell’ONU, in cui sia Stati Uniti che Russia dispongono di un seggio permanente con diritto di veto, si riunirà per discutere la questione.
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