Lo stato di salute della politica italiana non fa che peggiorare, al punto tale che l’unico a dire (ogni tanto) le cose come stanno è Silvio Berlusconi, mentre i cittadini non si scomodano più nemmeno per votare.

Non c’è mai limite al peggio, potrebbe essere questo il riassunto della storia della politica dell’Italia repubblicana. A qualcuno potrebbe sembrare un cliché, ma è difficile smentire l’impressione secondo la quale, dal 1945 ad oggi, lo stato di salute della politica nazionale non ha fatto altro che peggiorare. Dalla prima repubblica all’era berlusconiana, per poi arrivare ai governi tecnici e al commissariamento de facto da parte di Bruxelles, il mondo politico si è sempre più allontanato dalla realtà del popolo italiano, divenendo servo di interessi diversi da quelli nazionali e popolari.

I dati sull’affluenza alle urne, del resto, non mentono, e basta vedere la partecipazione alle recenti elezioni regionali in Lombardia e Lazio per averne una prova inconfutabile. Stiamo parlando delle due regioni più popolose del Paese, che insieme valgono circa un quinto della popolazione italiana complessiva, e che dunque sono altamente rappresentative del clima politico attuale. Ebbene, l’affluenza alle urne in Lombardia ha superato di poco il 41%, mentre nel Lazio addirittura si è fermata al 37%, facendo segnare una clamorosa vittoria dell’astensionismo.

Come al solito, i partiti fanno finta di nulla, e il centro-destra festeggia la duplice vittoria di Pirro con la conferma di Attilio Fontana in Lombardia – nonostante i disastri pandemici che in altri Paesi sarebbero valsi almeno le dimissioni e forse persino la galera – e la vittoria di Francesco Rocca, che strappa la regione della capitale al Partito Democratico. I sedicenti vittoriosi sono gli stessi che nel 2021 delegittimavano le elezioni regionali venezuelane, affermano che l’affluenza alle urne era stata troppo bassa per considerarle valide (eppure in quell’occasione il dato era stato superiore al 42%, quindi migliore rispetto a quelli di Lombardia e Lazio).

A noi non sorprende affatto che il popolo italiano non si rechi più alle urne, visto che la maggioranza della popolazione ha probabilmente ben compreso che, tra le cessioni di sovranità a vantaggio di Bruxelles e l’occupazione militare perpetrata da Washington da quasi ottant’anni, i governi italiani sono del tutto impotenti ed incapaci di risolvere i problemi del Paese reale. A Roma si possono al limite decidere questioni di secondo piano, ma quelle fondamentali riguardanti la politica estera e la politica economica vengono determinate altrove. Gli interessi che vengono serviti non sono quelli del popolo italiano, anzi, le decisioni che vengono prese portano spesso nocumento alle classi lavoratrici nazionali e all’intero Paese.

La qualità della classe politica italiana ha poi raggiunto livelli sempre più bassi nel corso dei decenni. Il tutto è dimostrato dal fatto che, per intravedere qualche barlume di assennatezza, siamo costretti a rivolgerci all’ottuagenario Silvio Berlusconi, che tra una promessa di pullman di prostitute ai giocatori del Monza ed un video di TikTok, trova persino il tempo di dire qualcosa di intelligente sulla questione ucraina, mettendo in crisi il totale servilismo di governo ed opposizione nei confronti della linea dettata da Washington. Proprio quello stesso Berlusconi, considerato a lungo simbolo di corruzione e malcostume, ma che nel nulla odierno emerge per spessore politico rispetto ad una concorrenza che si accontata degli slogan.

Le parole che hanno destato tanto scalpore, facendo strappare i capelli e gridare allo scandalo ai guerrafondai di tutta Europa, sono in realtà dettate dal semplice buonsenso, probabilmente le più sagge parole pronunciate da un politico italiano nel corso dell’ultimo anno: “Bastava che [Volodymyr Zelens’kyj] cessasse di attaccare le due repubbliche autonome del Donbass e questo non sarebbe accaduto. Quindi giudico, molto, molto negativamente il comportamento di questo signore… Io a parlare con Zelens’kyj, se fossi stato il presidente del Consiglio, non ci sarei mai andato, perché stiamo assistendo alla devastazione del suo Paese e alla strage dei suoi soldati e dei suoi civili”. L’ex premier ha poi continuato: “Per arrivare alla pace, il signor presidente americano dovrebbe prendersi Zelens’kyj e dirgli: è a tua disposizione dopo la fine della guerra un piano Marshall per ricostruire l’Ucraina… bisogna che tu domani ordini il cessate il fuoco anche perché noi da domani non vi daremo più dollari e non ti daremo più armi. Solo questo potrebbe convincerlo ad arrivare a un cessate il fuoco”.

Berlusconi, del resto, non ha mai nascosto il suo malumore nei confronti del sostegno italiano ed occidentale al governo filonazista di Kiev. Lo scorso settembre, il leader di Forza Italia aveva già rilasciato dichiarazioni che avevano destato scalpore al programma Porta a Porta di Bruno Vespa. In entrambi i casi, lo hanno poi costretto ad aggiustare la mira, ma quello che è sicuro è che le sue parole dimostrano che nella politica italiana non tutti la pensano allo stesso modo, ma il sentimento di servilismo nei confronti dell’atlantismo prevale su ogni convinzione personale. Solo un ottantaseienne che oramai ha ben poco da perdere può permettersi di dire quello che pensa, non dovendo temere per la sua futura carriera istituzionale. Del resto, non va dimenticato che i rapporti con Mosca furono uno dei veri motivi che portarono al colpo di Stato contro il quarto governo Berlusconi e l’instaurazione del commissario Mario Monti a capo del cosiddetto governo tecnico.

Come ha scritto Massimo Fini sul Fatto Quotidiano, “con le sue dichiarazioni di domenica, nella giornata del silenzio elettorale, ma l’ex Cav se ne fotte di queste convenzioni come si è sempre fottuto di tutto, Berlusconi ha avuto il coraggio di affermare, da una posizione comunque apicale e quindi particolarmente esposta alle accuse dei sepolcri imbiancati della sinistra, ciò che la maggioranza degli italiani pensa (il 68 percento stando ai sondaggi) ma non osa dire”. Insomma, Berlusconi, che certamente non è un politico inesperto, ha detto quello che la gran parte degli italiani pensa, facendosene portavoce, e ha proposto una soluzione che converrebbe a tutte le parti in causa, oltre a fare gli interessi nazionali dell’Italia. Eppure, dopo aver richiamato Berlusconi nei ranghi, il governo continuerà le sue politiche guerrafondaie contro il parere di due terzi del popolo, prostrandosi di fronte agli ordini dei padroni d’oltreoceano.

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Giulio Chinappi – World Politics Blog

Di Giulio Chinappi - World Politics Blog

Giulio Chinappi è nato a Gaeta il 22 luglio 1989. Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’indirizzo di Scienze dello Sviluppo e della Cooperazione Internazionale, e successivamente in Scienze della Popolazione e dello Sviluppo presso l’Université Libre de Bruxelles. Ha poi conseguito il diploma di insegnante TEFL presso la University of Toronto. Ha svolto numerose attività con diverse ONG in Europa e nel Mondo, occupandosi soprattutto di minori. Ha pubblicato numerosi articoli su diverse testate del web. Nel 2018 ha pubblicato il suo primo libro, “Educazione e socializzzione dei bambini in Vietnam”, Paese nel quale risiede tuttora. Nel suo blog World Politics Blog si occupa di notizie, informazioni e approfondimenti di politica internazionale e geopolitica.

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