Il presidente del Senato ospite a Belve: «Un figlio gay? Un dispiacere. Sul fascismo vorrei fare battute…». Offese anche alle donne di destra «meno belle ma più capaci». I Verdi: si dimetta
Per rimettere insieme tutte le opposizioni, almeno per qualche ora, ci voleva Ignazio La Russa. Con la sua carica sessista e omofoba che è tracimata ieri sera dallo studio di Belve. Per lui non è stato difficile calarsi nei panni della belva. E così, pur cercando di tenersi a freno, ne ha infilata uno dopo l’altra: «Un figlio gay? Lo accetterei con dispiacere. Perché una persona come me eterosessuale vuole che il figlio gli assomigli. Però se non mi assomiglia pazienza. È come se fosse milanista».
La battuta calcistica doveva servire ad ammorbidire, ma non è bastata. «Una giornata particolare? Un brutto film, che colloca l’omofobia solo da una parte», si avventura poi il presidente del Senato nei panni improvvisati di critico cinematografico. «L’omofobia è stato un problema che hanno dovuto affrontare in ogni parte del mondo, e anche dopo la guerra».
Alla domanda sul fascismo si era preparato di più: «A volte sarebbe bello fare battute, odio questo politically correct, ma ci devo stare attento». E chissà quali frizzanti battute su manganello e olio di ricino avrebbe rifilato alla conduttrice Francesca Fagnani. Ma bontà sua si è sottratto. Per poi regalare un vero siparietto quando ha raccontato delle pretese della sorella sul busto del Duce lasciato in eredità dal padre. «Lo vuole lei. Mi ha detto che papà l’ha lasciato a noi e non a me. E così vi do uno scoop: non ce l’ho più, gliel’ho dato».
Si comprende la sofferenza per la cessione del cimelio. Ma La Russa non perde la verve e passa a un altro dei suoi cavalli di battaglia, le donne: «Il livello estetico delle donne nel centrodestra è diminuito e aumentato il livello della qualità». Chissà, nella mente perversa del camerata Ignazio voleva essere un complimento. Così come il ragionamento successivo: «La parità tra uomo e donna in parlamento non si ottiene con le quote rosa, ma quando una donna grassa, brutta e scema rivestirà una carica importante. Perché ci sono uomini brutti, grassi e scemi che ricoprono ruolo importanti».
E così scivolando, dall’omofobia al sessismo al bodyshaming l’intervista è proseguita. Con La Russa che si definisce un «coniglietto» rispetto alla conduttrice. E poi, col sorrisetto, confida di essersi moderato con l’età. «Ma quale “la rissa”, mi chiamavano il pompiere. Democristiano? Perché no?».
Mentre i padri della Dc si rivoltano nelle tombe, seguono alcune riflessioni politiche sul «vaffa» che Berlusconi pronunciò in Senato nei giorni della formazione del governo. «Era per Giorgia, non per me, ma adesso Silvio inizia a capire che lei non è una ragazzina ma una leader di Stato». E ancora, rivolto al vicepresidente della Camera Giorgiò Mulè, di Forza Italia: «Tra i politici il più antipatico».
Un menù così ricco di frasi becere e inopportune per la seconda carica dello Stato (rese note diverse ore prime della messa in onda) da far scattare la condanna di tutte le opposizioni. Dalla sinistra fino all’ex terzo polo. Eleonora Evi dei verdi di dice «disgustata»e chiede le dimissioni di La Russa. Alessandro Zan (Pd), padre della legge antiomofobia affossate dalle destre: «Avere un padre con i busti di Mussolini in camera da letto è sempre un dispiacere».
Pierfrancesco Majorino si rivolge da padre a padre: «Avere un figlio gay non può in alcun modo essere un dispiacere, avere un omofobo come padre invece può essere un dramma». Conclusione: «La Russa, sei una sciagura per le istituzioni repubblicane». «Con le sue dichiarazioni omofobe, sessiste, e nostalgiche dimostra la totale inadeguatezza al ruolo istituzionale che ricopre», attacca Elly Schlein. «Linguaggio violento, chieda scusa», dice Alessandra Maiorino del M5S. Anche Calenda si arrabbia: «Domanda a Meloni: ma uno un pelo più istituzionale e meno fascio non lo avevate a disposizione?».