Col suo discorso d’insediamento da nuova segretaria del Pd Elly Schlein ha confermato la sua fama di affabulatrice. Trascinata dall’entusiasmo per una vittoria voluta e al tempo stesso inaspettata il suo primo discorso da segretaria è stato un profluvio di promesse. L’impegno a dedicarsi alla lotta alla precarietà, alle discriminazioni, alle disuguaglianze, ai cambiamenti climatici. Non è la prima volta che viene data l’idea di una svolta di 180 gradi rispetto a tutto ciò che non è stato fatto in questi anni. Peccato che la stessa Schlein, già vice di Stefano Bonaccini nella Giunta Regionale dell’Emilia Romagna, non abbia mosso un dito nella sua regione contro i processi di privatizzazione della sanità pubblica, le pratiche del lavoro povero in appalto o i propositi di autonomia differenziata. Peccato ancora che la Schlein, dopo aver dichiarato che “la pace in Ucraina non si fa con le armi”, abbia votato a gennaio il decreto legge che prolunga per tutto il 2023 l’autorizzazione al governo Meloni di inviare ami all’Ucraina. Una delega in bianco che fa a pugni con qualsiasi idea di de escalation e di rinnovamento in senso democratico.
Siamo alle solite, tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. Quel mare che ieri, davanti alle coste calabresi, ha inghiottito decine e decine di fuggiaschi dalla disperazione – l’ennesima orribile strage di innocenti – per colpa di politiche di guerra che colpiscono chi soccorre e non chi schiavizza. Bando alle ipocrisie, al gioco dello scaricabarile, queste politiche sono state portate avanti nel corso degli anni dai governi di centrodestra e centrosinistra.
Centinaia di migliaia di persone, molte delle quali nemmeno elettrici del Pd, hanno partecipato ieri alle primarie pensando per questa via di cambiare qualche cosa. Doveroso il rispetto nei loro confronti, della richiesta di svolta che si è espressa ma questo non ci esime dal dire che a livello di partito cambierà poco se non a livello scenico, di proclami di facciata. Il Pd è un partito che da tempo ha fatto una scelta di campo di segno liberista. Forse con la Schlein una scelta più nel senso di un liberismo pseudo progressista (vedi le sue esperienze in Usa) ma la sostanza non cambia.
Per cambiare realmente c’è bisogno di ricostruire una sinistra di alternativa, antiliberista, anticapitalista unitamente alla promozione del conflitto sociale. Una sinistra che non tenga il piede in due scarpe, ma che stia da una parte sola, quella della giustizia sociale e ambientale, dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori, dei pensionati, delle classi sociali meno abbienti, quella della pace contro la guerra, della lotta contro le privatizzazioni e le grandi ricchezze. Una sinistra che stia nei fatti dalla parte della maggioranza della popolazione che oggi non gode di nessuna forma di rappresentanza sociale. Lo spazio per il cambiamento c’è. Impegniamoci in questa direzione.
Ezio Locatelli Prc UP