Manifestazioni in piazza e proteste in Parlamento. Non lo scenario di un film d’azione ma il riassunto di ciò che è avvenuto ieri in Francia quando la riforma delle pensioni si è trasformata in legge. Una norma già contestata in passato, così come negli ultimi giorni, da cittadini e politici (anche appartenenti alla maggioranza). Il voto favorevole al Senato non ha alleviato le preoccupazioni del primo ministro Élizabeth Borne e del presidente della Repubblica Emmanuel Macron che, di fronte al pericolo dei “franchi tiratori”, hanno deciso di approvare la legge senza passare dalla votazione dell’Assemblea Nazionale. Un colpo di mano che, seppur previsto dalla Costituzione francese all’articolo 49.3, mostra la fragilità dell’esecutivo. Le opposizioni non hanno esitato nel presentare una mozione di sfiducia, su cui nelle prossime ore sono attesi aggiornamenti. Immediata anche la reazione popolare, organizzatasi in manifestazioni che hanno riempito le piazze di decine di città francesi.
Le opposizioni che intonano la Marsigliese all’interno dell’Assemblea Nazionale mostrando striscioni contro l’esecutivo per il colpo di mano sulle pensioni sono entrate di diritto nella storia della politica francese. Così come la reazione cittadina che va avanti da più di dieci giorni e non accenna a fermarsi, alimentata dall’appoggio dei sindacati che hanno annunciato nuove giornate di protesta. In seguito alla decisione di Macron e Borne, a Parigi migliaia di persone hanno provato a raggiungere Place de la Concorde, dove si trova la sede dell’Assemblea Nazionale. Si è arrivato allo scontro con la polizia: da un lato barricate, lanci di oggetti e cassonetti incendiati, dall’altro lacrimogeni e idranti che hanno trasformato la notte della capitale in una guerriglia urbana. Scenari analoghi anche in altre città francesi, tra cui Marsiglia, Nantes e Saint-Étienne. In tutto il Paese sono stati registrati 310 fermi (258 solo a Parigi) effettuati dalle forze dell’ordine. La tensione resta alta: poche ore fa oltre 200 manifestanti si sono riversati, su invito della sigla sindacale CGT, sulla tangenziale parigina bloccandone il traffico. A Tolone invece centinaia di persone hanno invaso i binari della stazione, paralizzandola.
Nell’epoca dominata da quelle che Spinoza chiamava le ‟passioni tristi”, il popolo francese lancia un messaggio chiaro e lo fa ad alta voce: l’État c’est nous. Se è vero che la risposta di massa a una questione collettiva è un fondamento della democrazia (“governo del popolo”) è altrettanto vero che non si tratta di un elemento scontato. La nuova legge approvata a Parigi intende innalzare a 64 anni, dai 62 attuali, l’età pensionabile. Al di qua delle Alpi, in Italia, tale soglia è stata fissata a 67 anni e, fatta eccezione per l’indignazione telematica e sconnesse manifestazioni, la mobilitazione popolare sul modello francese non è mai avvenuta, assopita dalla cosa pubblica e smarritasi in un eccessivo individualismo.
[di Salvatore Toscano]