Arrivata al governo la destra ha già fornito segnali di un “nuovo corso”, anche su di un piano soltanto apparentemente nominalistico.
Un “nuovo corso” composto da “insegne” del resto già inaugurato con i mutamenti imposti alle etichette dei ministeri :l’aggiunta “del merito” al ministero della pubblica istruzione, del “made in Italy” al ministero dell’industria.
Da questo punto di vista appaiono significative le denominazioni attribuite alle direzioni dei tre dipartimenti del ministero dell’Economia riorganizzato con decreto approvato dall’ultimo CDM.
Da sottolineare, infatti, l’insegna “interventi finanziari in economia”: direzione che dovrebbe raggruppare la maggior parte delle attività economiche in senso stretto con una impostazione che esclude una qualche ipotesi programmatoria.
Esclusione che diventa evidente se colleghiamo questa definizione con quella riguardante le partecipate chiamata “partecipazioni societarie e tutela attivi strategici”.
Appare evidente la concezione privatistica della presenza dello Stato in economia considerata come “esercizio dei diritti del Socio” (inteso come azionista pubblico) in relazione a processi di “risocializzazione, privatizzazione, dismissione”.
Si tratta di un punto da sottolineare nell’intendimento che, in questo caso, si racchiude nella definizione di “socio” dell’azionista pubblico posto in relazione all’azionista privato e alla diversità di natura che dovrebbe caratterizzare i due azionariati, ormai assolutamente omologati nella visione di fondo (in questo senso non servono le “golden power” in assenza di una previsione di politica economica che non sia quella del favorire la parte privata).
L’altra direzione della “valorizzazione del patrimonio pubblico” si occuperà del patrimonio pubblico, quindi degli immobili (prevedibile un ulteriore tornata di cartolarizzazioni) ma anche delle concessioni demaniali e quindi dell’annosa questione dei balneari, al riguardo delle quale il governo sembra fortemente impegnato nella tutela di interessi privati.
Infine anche il servizio centrale per il PNRR cambia nome e diventa ispettorato trasformandosi in supporto al ministero per gli affari europei e sottraendo così il settore al ministero dell’Economia.
In sostanza guardando alle denominazioni si potrebbe azzarda un giudizio su questa riorganizzazione, attuata nel segno di una ulteriore stretta nella dipendenza politica dal rapporto tra governo e grandi industrie di stato.
Un rapporto orientato in senso privatistico al di fuori di una visione programmatoria e di intervento pubblico nei settori strategici, in un Paese privo da molto tempo di una coerente politica industriale.
Insomma: nomine nelle direzioni generali da farsi in via strettamente politica e programmazione economica in mano e nell’interesse prevalente dei soci privati (uno schema che ha già fornito esperienza negative e che adesso appare in via di ulteriore irrigidimento).