Il Collettivo di Fabbrica GKN, di fronte al tentativo del nuovo padrone Borgomeo di “assediare” i lavoratori per poter piegarli e svendere la loro fabbrica, ha chiamato a un corteo nazionale a Firenze questo sabato 25 marzo. Perché è così importante “insorgere” con loro, e con quale prospettiva? Scendi in corteo con noi!
Sono passati ormai venti mesi da quando, il 9 luglio 2021, 422 operai della fabbrica GKN di Campi Bisenzio – nella periferia industriale di Firenze – sono stati licenziati tramite una banale e-mail, dopo la decisione del fondo finanziario britannico Melrose di delocalizzare la produzione di semiassi per automobili. Dal governo erano appena stati sbloccati i licenziamenti dopo il periodo pandemico, e quel giorno parte degli operai era in ferie. Grazie alla presenza di un già consolidato Collettivo di Fabbrica, tuttavia, e all’alto grado di coscienza sindacale di una parte consistente di lavoratori, la mobilitazione è iniziata immediatamente e la fabbrica è stata occupata da un’assemblea permanente, con lo scopo di difendere posti di lavoro, macchinari e semiassi da una possibile azione di svuotamento da parte dell’azienda. Subito, la protesta è stata estesa all’intero territorio fiorentino, e il 18 settembre successivo un corteo di migliaia di lavoratrici e lavoratori, cittadine e cittadini, invadeva le strade di Firenze al seguito del motto “Insorgiamo”, che gli operai avevano ripreso dalla lotta partigiana fiorentina. Grazie a questa mobilitazione, gli operai riescono a bloccare i licenziamenti in tronco, ma la vertenza è ancora ben lontana dal proprio obiettivo: l’intervento statale e la reindustrializzazione ecologica dell’impianto sotto il controllo di lavoratori e territorio.
Da allora, alcune cose sono cambiate e altre sono rimaste immutate. Gli operai non hanno riottenuto il posto di lavoro, non vi è stato alcun intervento statale, ma la mobilitazione è proseguita. A dicembre 2021, l’advisor di Melrose, Francesco Borgomeo, acquista lo stabilimento e promette la reindustrializzazione. La promessa non viene però mantenuta. Si susseguono incontri che vengono metodicamente disertati dal padrone, senza che le istituzioni regionali e nazionali facciano mai nulla di concreto in aiuto dei lavoratori. La mobilitazione prosegue dietro la parola d’ordine della “convergenza”, e si unisce alle lotte sociali, politiche e ambientali di molte altre realtà.
Per questo per altro, per tutto. Quale strategia per vincere?
Il motto che ha guidato la “convergenza” è emblematicamente “per questo, per altro, per tutto”.
Per questo: per la dignità di oltre 400 operai che, da un giorno all’altro, perdono il posto a causa degli interessi di una multinazionale, che nulla hanno a che vedere con i bisogni concreti di chi realmente lavora, fa funzionare i macchinari, produce ricchezza, ma anche vive e intesse relazioni sociali; per le loro famiglie, private di colpo di un sostentamento economico imprescindibile alla sopravvivenza in questa società; infine, per la vittoria di una vertenza che, se venisse sconfitta, rappresenterebbe un ulteriore arretramento per il movimento operaio italiano e così per la possibilità che lavoratrici e lavoratori di tutti i settori hanno di contestare l’ordine esistente, le loro precarie condizioni di lavoro e di vita e la struttura di un sistema economico che si cura unicamente dei profitti dei grandi capitalisti, calpestando metodicamente diritti sociali e politici e le possibilità di vivere una vita dignitosa e felice.
Per altro: per le principali lotte che caratterizzano il nostro secolo, per tutte quelle che mettono in discussione la società capitalista che, per coloro che detengono il potere, è sempre un semplice dato di fatto e come tale non può essere cambiata (noi sappiamo invece che è frutto di relazioni sociali storicamente determinate). Quindi per il movimento ecologista, di fronte alla schiacciante oggettività della distruzione che il capitale perpetra quotidianamente nei confronti del nostro stesso ambiente di vita; contro le grandi opere che fruttano profitti e interessi alla sola classe dominante, distruggendo contemporaneamente l’ambiente naturale e culturale, e mettendo a rischio la vita e la salute dei cittadini; a fianco dei movimenti transfemministi, per i diritti delle donne, contro abusi e discriminazioni, e per i diritti politici e sociali di tutte le persone a prescindere dal loro orientamento sessuale e la loro identità di genere; per i diritti politici e sociali dei migranti, e di tutte le persone che più vengono oppresse e discriminate nella nostra società di classe.
Per tutto: per la convergenza delle lotte particolari in una lotta politica che affronti alla radice i problemi contro cui ognuna di esse combatte: la società capitalista. Senza abbattere il monopolio da parte di una minuscola minoranza sulle ricchezze e i mezzi di produzione, non c’è modo di rendere il lavoro veramente “dignitoso”, di distribuirlo equamente fra tutti e tutte, di trasformare tutta l’economia sfruttando la tecnologia e convertendola in senso ecologico, contro la catastrofe ambientale in corso. Lo sfruttamento de* lavorator* e il saccheggio delle risorse naturali sono inscindibili dai meccanismi di oppressione che tengono in piedi patriarcato e razzismo, garantendo che ogni crisi della classe dominante sia scaricata sulle spalle delle masse subalterne, a partire dalla classe lavoratrice.
Ma se la chiave di volta di questo sistema è lo sfruttamento, non sarà la generica unione dei movimenti attorno a un vago sentimento anti-capitalista ad abbatterlo. È invece il protagonismo della classe lavoratrice l’asse strategico per costruire i rapporti di forza in questa direzione. Così, la convergenza può evitare di disperdersi, o peggio, finire riassorbita da progetti riformisti integrati nella politica borghese di governo, solo se gli attivisti più coscienti dei vari movimenti (ecologista, femminista, studentesco, contro la guerra ecc.) si renderanno conto che è necessario organizzarsi attorno a queste coordinate e farsi motori non solo della solidarietà ai lavoratori già in lotta, ma anche della radicalizzazione di fasce sempre più larghe di classe lavoratrice.
A partire da questa idea di fondo, proponiamo un significato chiaro, con una prospettiva politica concreta, per utilizzare il concetto e la pratica della convergenza: una chiarezza di termini e di obiettivi politici che finora è mancata, lasciando che il discorso politico legato al movimento fosse tirato per la giacchetta e interpretato secondo i gusti e gli scopi particolari dei solidali a vario titolo, senza una ricaduta apprezzabile in termini di crescita politica e organizzativa del movimento, nella prospettiva dell’organizzazione politica al di là dell’esaurimento inevitabile del movimento stesso.
Parafrasando Louise Kneeland, i gruppi e i partiti che hanno trattato Insorgiamo con sufficienza, mancano di profondità. Chi ha partecipato a Insorgiamo e tratta la questione del partito politico con sufficienza, manca di strategia.
La lunga scia di mobilitazioni dietro GKN: dalla difesa della fabbrica al movimento contro la guerra
Sulla scia di “per questo, per altro, per tutto”, il movimento “Insorgiamo” ha chiamato un grande corteo in difesa della fabbrica e contro l’economia di guerra il 26 marzo 2022, con la partecipazione di più di trentamila lavoratrici e lavoratori, studentesse e studenti e militanti della sinistra radicale. Il 2 giugno, mentre le istituzioni festeggiano con parate militari la nascita della repubblica, il Collettivo di Fabbrica e Insorgiamo sono a fianco del movimento No Base contro il progetto di una nuova base militare a Coltano, tra Pisa e Livorno. Il 22 ottobre, a Bologna, una nuova tappa dell’Insorgiamo Tour porta nuovamente in piazza più di ventimila manifestanti, e il 5 novembre l’ormai iconico striscione “Insorgiamo” sfila per le strade di Napoli insieme al movimento Disoccupati 7 Novembre. Infine, il 25 febbraio, gli operai della ex-GKN, insieme agli studenti e alle studentesse del gruppo di supporto, manifestano a Genova insieme ai portuali del Calp (Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali), che da anni si oppongono al passaggio di armamenti diretti a vari teatri di guerra dal porto di Genova, contro l’invio di armi allo Stato ucraino e contro l’economia di guerra con cui ormai ‘conviviamo’ da un anno.
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Purtroppo, tra ottobre e novembre la nuova proprietà smette anche di pagare gli stipendi agli operai in lotta e a febbraio 2023 invia la notizia che è stata decisa la liquidazione dell’impianto. Di fatto, gli operai si ritrovano nella stessa situazione di quel 9 luglio 2021, e con l’urgenza di rilanciare la mobilitazione in difesa dei posti di lavoro e per chiedere l’intervento statale e la reindustrializzazione dell’impianto.
Siamo dunque tutte e tutti nuovamente chiamati a insorgere in piazza a Firenze il 25 marzo. I motivi per partecipare al corteo sono molti, e uno in particolare: la caduta di GKN significherebbe la sconfitta del movimento che nell’ultimo decennio più di tutti – almeno in Italia – ha posto il problema di una risposta politica agli attacchi alla classe lavoratrice, ai giovani ai settori popolari ecc. e alla crisi multipla del capitalismo. Se GKN perde, le burocrazie sindacali e i partiti di centro-sinistra potranno dire che non è la mobilitazione la strada maestra per ottenere risultati, ma il compromesso (al ribasso), rispettando le ‘regole del gioco’ istituzionale. Se GKN resiste, guadagna forza il dibattito per costruire una strategia efficace contro il governo di destra, il caro-vita, i licenziamenti, la guerra e tutte le questioni cruciali a cui ci pone di fronte l’impasse del sistema socio-economico in cui viviamo.
Rilanciare la difesa di GKN e la lotta contro governo e padroni con un programma di lotta unificante
A partire dalla consapevolezza dell’importanza del 25 marzo, è necessario rilanciare parole d’ordine in grado di coinvolgere strati più ampi di lavoratori, di giovani ecc. attorno alla difesa di GKN, ma anche di rompere la passività politica di fronte agli attacchi del governo di destra, e fare di questa data un passaggio per ribaltare i rapporti di forza più complessivi nel paese.
I progetti di reindustrializzazione dal basso portati avanti dal Collettivo di fabbrica sono da sostenere finanziariamente. I lavoratori fanno bene a lasciarsi aperte tutte le opzioni di fronte all’offensiva del padrone e al relativo isolamento della lotta. Recuperare la fabbrica può inoltre prefigurare come i lavoratori e l’intelligenza collettiva possano perfettamente far funzionare l’economia senza capitalisti. Detto questo, l’enfasi va posta su rivendicazioni politiche, senza le quali il messaggio di GKN non può sperare di estendersi e vincere: non esistono isole felici nel capitalismo.
Il baricentro deve quindi continuare ad essere la nazionalizzazione di GKN, sotto il controllo dei suoi lavoratori e del territorio, per la riconversione ecologica al servizio della mobilità pubblica, come proposto dagli operai. Solo coinvolgendo altri settori della classe lavoratrice, la lotta può proseguire con successo; un paio di settimane fa CISL e UIL firmavano in 2000 esuberi ‘volontari’ in Stellantis, mentre la transizione ai veicoli elettrici prospetta una pesante ristrutturazione del settore automotive. La riconversione pubblica ed ecologica della fabbrica fiorentina va quindi estesa a Stellantis e alle imprese della componentistica, di modo tale da saldare in una battaglia sola il movimento ecologista e uno dei settori più importanti dei salariati in Italia.
Per farlo è però necessario affrontare seriamente le conseguenze occupazionali della riconversione e fare della riduzione dell’orario di lavoro un obiettivo centrale. Questo a sua volta permetterebbe di unire settori, come quelli metalmeccanici, spesso considerati tra i più tutelati, con i vasti strati di lavoratori giovani precari e disoccupati. “Lavorare meno lavorare tutti” è peraltro una rivendicazione ecologista per eccellenza: il punto non è produrre di più, succhiando all’infinito dall’ecosistema, ma produrre per i bisogni reali della stragrande maggioranza; nel caso dell’automotive vorrebbe dire anche produrre meno, nell’ottica di superare il modello ormai insostenibile della mobilità privata.
Chiedere solo una redistribuzione del lavoro, anche “a parità di salario”, suonerebbe tuttavia assurdo in una fase di crescente carovita come quella in cui viviamo: una parola d’ordine del genere va allora agganciata a un salario minimo intercategoriale di 1500 euro netti al mese, forti aumenti salariali e una scala mobile sulle retribuzioni. Tutto questo, mentre si difendono i settori più marginalizzati della classe lavoratrice, opponendosi all’abolizione del reddito di cittadinanza, il quale va superato con proposte come un reddito di disoccupazione e un salario per gli studenti, nel quadro di un’istruzione pubblica, di massa e di qualità.
Rivendicazioni sociali vanno inoltre agganciate a una comprensione degli obiettivi imperialisti del sostegno NATO allo Stato ucraino, se non si vuole che alcune concessioni su questo terreno vengano assorbite da progetti, oltre che riformisti, filo-imperialisti come quello del ‘nuovo’ PD – in altri paesi come la Spagna e la Germania sta già succedendo, con il centro-sinistra al potere che scambia alcuni aggiustamenti alle controriforme degli ultimi decenni col sostegno alle spese militari.
La manifestazione del 25 marzo dovrebbe pertanto porre il problema di costruire uno sciopero generale contro ristrutturazioni industriali, carovita, guerra e governo di destra. L’inasprimento delle tendenze autoritarie segnalati dal decreto rave, dal caso Cospito e dall’offensiva vergognosa contro i migranti, ma anche i tentativi di dividere la classe lavoratrice con la demonizzazione dei percettori del reddito di cittadinanza, sono infatti l’arma principale in questo momento per portare avanti le strategie imperialiste e di contenimento della rabbia sociale da parte della classe dominante.
Come FIR-Voce delle Lotte e corrente femminista Il pane e le rose, invitiamo tutti e tutte a partecipare al corteo del 25 marzo, restando informat* tramite i social del collettivo GKN e in particolare il gruppo telegram ad hoc per organizzare il viaggio, e vi invitiamo a marciare con noi dietro il nostro striscione per manifestare con forza contro la chiusura di GKN, per la fabbrica pubblica socialmente integrata, per rispondere con la lotta di classe e l’organizzazione politica alla crisi che i capitalisti scaricano su di noi.
Saremo in piazza con le parole d’ordine:
Difendere GKN! Organizzarsi per vincere!
Sciopero generale contro guerra, governo e carovita!
Frazione Internazionalista Rivoluzionaria, Il Pane e le Rose – Pan y Rosas Italia