Giulio Marcon

Con l’approvazione della delega fiscale il governo erode la progressività fiscale prevista dall’articolo 53 della Costituzione e di fatto prevede un definanziamento brutale della sanità e dei servizi pubblici. Una linea ideologica che privilegia i ricchi, l’opposto delle nostre cinque proposte della campagna Tax The Rich che speriamo sposino anche i sindacati.

L’approvazione – lo scorso 16 marzo – della delega fiscale in consiglio dei ministri fa fare molti passi indietro ai principi di equità nel rapporto dei cittadini con lo Stato, intaccando la previsione della progressività fiscale prevista dal 53 della Costituzione. Il principio, banale, è quello che chi più ha, più contribuisce alle spese comuni e chi meno ha, meno tasse paga.

Invece la delega fiscale ci conduce – entro la fine della legislatura, così viene promesso – alla flat tax per tutti, ricchi e poveri: tutti pagheranno la stessa percentuale di tasse, sia chi guadagna 20 mila euro, sia chi ne guadagna 200 mila. Nel frattempo, nell’immediato, per l’IRPEF, si passa da 4 a 3 aliquote, riducendo ancora di più la progressività fiscale, che già era abbastanza piatta con l’attuale sistema fiscale. Si prospetta anche la riduzione dell’IRES (la tassa sui profitti) per le imprese, per le quali si ipotizza – a determinate condizioni (nel caso di un’impresa che investa e assuma) – il passaggio dal 24% al 15% di tassazione. All’orizzonte anche l’abolizione dell’IRAP (con la quale si finanza il servizio sanitario pubblico).

Alcune di queste misure sono ideologiche e propagandistiche, uno specchietto per le allodole, irrealizzabili. Si può cancellare l’IRAP, ma poi il servizio sanitario pubblico (a meno che non si voglia abolirlo) andrà pur sempre finanziato e per una tassa cancellata ce ne sarà un’altra che si aggiunge. E anche la flat tax produrrebbe un enorme calo di gettito, che sarebbe difficilmente sostituibile da altre entrate “alternative”. Ma quello che bisogna evidenziare è il segno politico e culturale di queste proposte: contro l’equità, la giustizia sociale, a favore delle classi privilegiate, dei ricchi.

La contrarietà a queste misure è stata ribadita nel recente congresso della CGIL (ma anche da CISL e da UIL). Sono i lavoratori dipendenti a farsi carico – con l’IRPEF, ma anche con l’IVA sui beni di consumo – di gran parte del carico  del gettito fiscale di questo Paese. Come è stato ricordato, sempre nel congresso della CGIL, bisogna ridurre le tasse ai lavoratori e alle classi di reddito medio-basse, ma chi sta in cima alla scala non può continuare a pagare gli spiccioli. Serve una imposta patrimoniale sopra il milione di euro, bisogna far crescere l’imposta per le eredità milionarie (oggi esenti fino ad una certa soglia e poi tassate simbolicamente), è necessaria una vera tassa sulle transazioni finanziarie che colpisca la speculazione e la ricchezza fittizia, che non genera lavoro e che non si tramuta in economia reale.

E’ quello che proponiamo con la campagna Tax the Rich, la nostra “delega fiscale”, alternativa a quella del governo: una piattaforma per una mobilitazione comune – anche insieme ai sindacati – per la giustizia e la coesione sociale del nostro Paese

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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