Paolo Maranzano, Roberto Romano
In mezzo alla re-ingegnerizzazione del mondo, l’Europa stenta a trovare un suo ruolo, rischiando di rimanere schiacciata tra Cina, Usa e paesi emergenti. Oltre alle politiche per la transizione green, non deve perdere l’occasione del nuovo patto di stabilità del 2024.
L’Europa attraversa una crisi progettuale, sebbene sia una area economica importante nel consesso internazionale. Nemmeno gli altri grandi attori della nuova geografia economica (Cina, US ed Emergenti) sembrano attrezzati per risolvere i problemi di struttura e finanza che la pandemia prima e la guerra poi hanno esacerbato. Sono almeno quattro i grandi temi che i paesi mondiali dovrebbero affrontare: il primo è come uscire dalle politiche di bilancio e monetarie ultra espansive adottate in tutto il mondo di fronte agli shock di domanda e di offerta generati dalla pandemia; il secondo è come regolare l’enorme liquidità generata dalla pandemia; il terzo è come far ripartire le catene produttive globali e il commercio internazionale in modo da controllare i pericoli di inflazione generati dal lato dell’offerta, che si somma alla spinta da domanda che arriva dal primo e secondo punto; il quarto è legato alla transizione di paradigma tecno-economico sottesa alla transizione green e alla digitalizzazione. Temi che nessuna area economica può affrontare in solitudine, sebbene si prestino alla re-ingegnerizzazione dei poteri economici, finanziari e sociali internazionali. Questo riassetto della geografia economica internazionale sarebbe meglio governabile se i Paesi coinvolti avessero un “potere” tecnologico, economico, finanziario e demografico simmetrico, ma le asimmetrie di struttura tra le aree coinvolte, in particolare di US ed Europa, tendono ad esacerbare i reciprochi interessi, compromettendo la definizione di un orizzonte comune e multipolare che necessita, pur partendo da prospettive diverse, di un coordinamento pari e non inferiore a quella di Bretton Woods 3 .
Sebbene sia necessaria una nuova cornice istituzionale internazionale, gli Stati adottano politiche economiche e industriali direttamente proporzionali alla propria forza e/o ambizione economica senza nessun coordinamento internazionale; gli US implementano politiche di bilancio espansive associate a delle politiche commerciali conflittuali con il resto del mondo, e una politica industriale all’insegna del reshoring 4; la Cina consolida le relazioni internazionali con un approccio aperto e dialogante, e rafforza la propria domanda interna. L’Europa, invece, in assenza di politiche economiche all’altezza della re-ingegnerizzazione della nuova geografia economica internazionale, sembra diventata l’agnello sacrificale della più grande contesa internazionale, sebbene vi siano molte opportunità economiche e internazionali per giocare un ruolo fondamentale, più o meno una sorta di neutralità attiva tra i diversi contendenti che riflette un po’ la storia di questa area economica.
Pandemia, guerra in Ucraina, inflazione e crisi finanziaria iniziata con il default della Silicon Valley Bank (10 marzo 2023), hanno generato instabilità; non tanto nella risposta politica o di finanza pubblica circa le misure necessarie per attutire l’impatto dalla prima e dalla seconda emergenza, con il sostegno di tutte le Banche Centrali del mondo, piuttosto dalla necessità di US e/o aree omogenee di consolidare (rafforzare) la propria posizione geoeconomica, almeno a un livello sufficiente (adeguato) per contrattare una distribuzione degli interessi generali con tutti gli attori internazionali. Una missione difficile se consideriamo la quota di dollari detenuta dalle banche centrali mondiali è scesa di 12 punti percentuali dall’inizio del secolo (dal 71% nel 1999 al 59% nel 2021), mentre l’euro è stabile al 20% delle riserve 5 , nel mentre è aumentata la domanda di oro delle banche centrali 6.
La fatica di tutti gli attori coinvolti nel trovare degli equilibri diversi da quelli prevalenti e, specularmente, l’impegno degli stessi a costruire un proprio assetto istituzionale ed economico nel consesso internazionale, produce delle azioni di politica economica asimmetriche, proporzionali alla forza economica e finanziaria dei Paesi coinvolti. L’inflazione generata dalle politiche monetarie e pubbliche accomodanti per far fronte a pandemia e guerra, ha delineato degli effetti niente affatto omogenei, rendendo ancor più complicata l’azione regolatrice di tutte le istituzioni preposte al governo del cambiamento di paradigma. Innanzitutto, la genesi dell’inflazione, a cavallo tra il 2021 e 2022, non ha la stessa matrice: l’inflazione US ha una forte componente da domanda, sostenuta e forse governata dalle misure del governo federale, mentre in Europa siamo in presenza di agflazione 7 causata dall’aumento dei costi delle commodities (prodotti minerari, energetici, semilavorati e derrate alimentari) e dal ridimensionamento geografico delle catene del valore che hanno mostrato la loro fragilità rispetto ad accadimenti imprevisti quali la pandemia e il conflitto russo-ucraino e per ultima la stessa inflazione.
L’Europa fatica a trovare una propria dimensione, tanto più che non dispone di un bilancio federale finanziato da entrate proprie e autonome dagli Stati membri. La maggior parte delle misure adottate sono figlie dell’emergenza 8 , mentre i così detti piani di rilancio economico, nel solco del green new deal, sono insufficienti per giocare alla pari con gli altri interlocutori. Tra questi possiamo considerare l’European Chips Act 9 che punta a sostenere con aiuti di Stato la filiera microelettronica per un ammontare di quasi 43 miliardi di euro, oppure il Green Deal Industrial Plan 10 che, a partire da analisi settoriali, prevede un importante livello di autonomia nella transizione verde 11 . Sebbene siano documenti importanti, lo snodo economico-politico è l’impegno a riscrivere le regole del nuovo patto di Stabilità Europeo 12 che entrerà in vigore nel 2024.
L’Unione Europea ha iniziato a prendere coscienza di alcuni limiti auto-imposti, così come della necessità di cambiare. La riforma rappresenta un notevole balzo in avanti per l’Unione rispetto ai precedenti indicatori del PIL potenziale e riduzione del debito. Al centro della riforma c’è la presa d’atto che la riduzione del debito non può avvenire a scapito della crescita e degli investimenti necessari per affrontare le sfide del futuro, in particolare quella climatica, energetica e conoscenza. Rimangono in vita i vecchi pilastri di riferimento del Trattato, ovvero il 3% del deficit di bilancio e il 60% del rapporto debito/PIL, ma sembrano meno stringenti. Infatti, il nuovo Patto di Stabilità e Crescita prevede un rientro del debito pubblico “appropriato e credibile”, così come una governance economica favorevole alla crescita sostenibile e inclusiva.
Le istituzioni economiche, in realtà, avrebbero una occasione storica per ridisegnare il ruolo pubblico nella soluzione dei problemi legati alla transizione (governo) del sistema economico e, in particolare, alla necessità di guidare la società e la struttura di riferimento verso degli equilibri coerenti con il paradigma che la società nel suo insieme ritiene desiderabile. È un obiettivo molto complicato da raggiungere, ma l’economia nasce come economia politica con l’obiettivo di governare il cambiamento della società; uno degli scopi era quello di essere utile alla società per rimediare alle sue patologie (disoccupazione e inflazione in primis13 ), recuperando la fiducia nella forza delle idee e l’ostinazione (nostalgia) “del buon governo nel quale in fondo s’identifica quel tanto di socialismo realizzabile nel capitalismo conflittuale” 14.
La crisi COVID-19 e le contraddizioni intrinseche nella struttura economica, sociale e produttiva (una fra tutte le catene del valore incontrollate 15), la guerra ucraina che sembra delineare una nuova geografia economica 16 , complicano la soluzione dei problemi, ma queste crisi richiamano l’agire economico che si inquadra in una più generale dimensione etica dell’agire dell’uomo, incanalando la crescita del benessere in modo da farla diventare sviluppo civile e umano. Servirebbe “una riflessione costruttiva sulle possibili microfondazioni alternative delle teorie macroeconomiche nel senso più ampio di costruzioni di ponti tra comportamento individuale e collettivo che siano praticabili in ambedue le direzioni” 17, così come di uno spazio di ricerca inedito, che fuoriesce dalla cosiddetta scienza normale (Roncaglia, 2011) che, come in tutte le grandi crisi, condiziona i grandi cambiamenti degli orientamenti della macroeconomia 18 .
Una analisi delle politiche economiche europee (pubbliche) che più di altre hanno condizionato il corso economico e politico europeo durante la pandemia e il contrasto alla crescita dei prezzi, così come l’orizzonte green che declina nei propri documenti di indirizzo politico e sociale, è fondamentale. Sebbene non esista una vera politica economica pubblica europea, che sottende un bilancio pubblico finanziato da entrate fiscali autonome, la cornice giuridica europea condiziona le politiche finanziarie degli stati che hanno adottato l’euro, i quali singoli Stati implementano in autonomia, ma all’interno di un quadro comune.
L’analisi economico-sociali della pandemia e dell’aumento dei prezzi country by country restituisce, in filigrana, l’inadeguatezza strutturale dell’UEM (Unione Economia e Monetaria) rispetto ai principali competitor internazionali che, per dimensione demografica e omogeneità economica, godono di un vantaggio di scala importante, unitamente al fatto che la frammentazione della politica economica europea country by country privilegia sostanzialmente interessi territoriali particolari che mal si conciliano con la sfida di struttura che l’Europa deve affrontare nella nuova re-ingegnerizzazione dell’economia internazionale.
NOTE:
1 Paolo Maranzano: Email: pmaranzano.ricercastatistica@gmail.com
2 Roberto Romano: Email: romano.roberto64@gmail.com
3 Gli accordi di Bretton Woods (1944) sono un compromesso tra due piani, in cui ha avuto più peso il piano White. Tali accordi prevedevano: la creazione del Fondo monetario internazionale, a cui fu affiancata la creazione della Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo.
4 Tra il 2022 e il 2023 gli US hanno stanziato 2.000 miliardi di dollari a favore di reti stradali, acquedotti e ponti, ferrovie e banda larga digitale nel rispetto della transizione energetica e ambientale (American Rescue Plan, 2021), seguito dall’Infaltion Reduction Act (IRA, 2023), pari a poco meno di 400 miliardi di dollari, che stanzia una quantità di sussidi senza precedenti per convincere le imprese a tornare a investire negli Stati Uniti, oltre a concedere robuste agevolazioni fiscali alle famiglie per convincerle a “comprare americano”.
5 Serkan Arslanalp, Barry Eichengreen, and Chima Simpson-Bell, 2022, The Stealth Erosion of Dollar Dominance: Active Diversifiers and the Rise of Nontraditional Reserve Currencies, International Monetary Fund WP/22/58, p. 6.
6 World Gold Concil, 2023, Glod demand trends full year 2022 Report, ed. https://www.gold.org/goldhub/research/gold-demand-trends/gold-demand-trends-full-year-2022
7 L’agflazione è un termine utilizzato per descrivere una situazione in cui si verifica un aumento del prezzo delle materie prime agricole, come alimenti e colture, che porta a un aumento dell’inflazione nell’economia generale. Ciò può verificarsi a causa di una serie di fattori, come le cattive condizioni climatiche, l’aumento della domanda da parte di una popolazione globale in crescita, i cambiamenti nelle politiche o nei regolamenti governativi o le interruzioni nelle catene di approvvigionamento.
8 Next Generation EU (750 miliardi di euro) ha condiviso l’idea di un debito comune e limitato nel tempo (2026); REPowerEU è un piano per risparmiare energia, produrre energia pulita e diversificare il nostro approvvigionamento energetico. Alla fine comportava solo acquisti congiunti di gas, GNL e idrogeno tramite la piattaforma dell’UE per l’energia per tutti gli Stati membri che vogliono partecipare e per l’Ucraina, la Moldova, la Georgia e i Balcani occidentali.
9 European Commission, 2022, European Chips Survey Report, https://ec.europa.eu/newsroom/dae/redirection/document/89124
10 European Commission, 2023, A Green Deal Industrial Plan for the Net-Zero Age, ed. Brussels, 1.2.2023 COM(2023) 62 final.
11 “Si prenderà in considerazione l’intera catena di approvvigionamento e di valore transfrontaliero, in modo che le forniture non diventino un collo di bottiglia”, European Commission, 2023, A Green Deal Industrial Plan for the Net-Zero Age, COMMUNICATION FROM THE COMMISSION TO THE EUROPEAN PARLIAMENT, THE EUROPEAN COUNCIL, THE COUNCIL, THE EUROPEAN ECONOMIC AND SOCIAL COMMITTEE AND THE COMMITTEE OF THE REGIONS, Brussels, 1.2.2023 COM(2023) 62 final, p. 3-4).
12 European Commission, 9.11.2022 COM (2022) 583 final, Comunicazione sugli orientamenti per una riforma del quadro di governance economica dell’UE, Bruselles.
13 Gallegati M (2021), Il mercato rende liberi, ed. LUISS
14 Federico Caffè, 1990, La solitudine del riformista, ed. Bollati Boringhieri
15 La discussione economica e politica è oscillata tra una difesa della globalizzazione e una nazionalizzazione dei settori strategici. Quello che emerge è invece una sorta di riscrittura delle catene di fornitura a monte del processo produttivo. Sostanzialmente “l’accento va spostandosi dalla ricerca del minor costo in assoluto a quello della maggiore garanzia di sicurezza e affidabilità”. Onida F (2022), Dal minor costo in assoluto ai compromessi con l’affidabilità, Il Sole 24 ore, p.14.
16 Fantacci L, Gobbi L., Luciani D. (2022), Bene pubblico globale o arma finanziaria? L’egemonia del dollaro alla prova delle sanzioni, Moneta&Credito, V. 75 N. 298; Esposito L., Tori D. (2022), Guerra e moneta: come il conflitto in Ucraina cambierà il sistema monetario internazionale, Moneta&Credito, V. 75 N. 298; Halevi J. (2022), Il neomercantilismo tedesco alla prova della guerra, Moneta&Credito, V. 75 N. 298.
17 Alessandro Vercelli (2013), “Microfondazioni della macroeconomia e visioni alternative”, in Basile E., Lunghini G., Volpi F. (eds.), Pensare il capitalismo. Nuove prospettive per l’economia politica, pp. 61-78, Milano: Franco Angeli.
18 Alessandro Roncaglia (2011), “Macroeconomie in crisi e macroeconomie in ripresa”, Moneta e Credito, vol. 64 n. 254, pp. 115-133.
19 Il Patto di Stabilità e di Crescita (PSC) rientra nel contesto della terza fase dell’Unione economica e monetaria (UEM). Tale patto si prefigge di garantire che la disciplina di bilancio dei paesi dell’Unione europea (UE) continui dopo l’introduzione della moneta unica. Dopo la crisi finanziaria del 2008, le regole di governance economica dell’Unione europea sono state rafforzate per mezzo di otto regolamenti comunitari e un trattato internazionale: il six pack (che ha introdotto un sistema per monitorare le politiche economiche in maniera più estesa, in modo da rilevare problemi come le bolle immobiliari o la perdita della competitività a uno stadio precoce); il two pack (un nuovo ciclo di monitoraggio per l’area dell’euro, che prevede la presentazione di documenti programmatici di bilancio alla Commissione europea ogni autunno da parte dei paesi dell’area euro, tranne quelli con i programmi di aggiustamento macroeconomico); il trattato del 2012 sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance (Fiscal Compact) che introduce disposizioni fiscali più severe del PSC.