“Credo che il carattere e i comportamenti del presidente Trump lo rendano inadatto alla presidenza”. Così Mitt Romney, senatore repubblicano dello Utah, subito dopo la recente incriminazione del tycoon a New York. Romney ha però continuato asserendo che il procuratore Alvin Bragg “ha esagerato per raggiungere i livelli di reati per soddisfare un’agenda politica”. L’azione di Bragg “danneggia la fiducia nel nostro sistema di giustizia”, ha continuato Romney.

La stragrande maggioranza dei repubblicani hanno reagito in maniera simile facendo quadrato attorno a Donald Trump attaccando il procuratore di Manhattan. Nessuno però ha difeso Trump dalle accuse asserendo che lui sia innocente perché dopo tutto sanno che è colpevole. Tutti i dettagli verranno a galla durante il processo fra parecchi mesi ma le linee generali sono già chiare. Si è già stati informati dei pagamenti dell’ex presidente di silenziare due donne con cui aveva avuto rapporti extraconiugali e il silenzio di un possibile figlio illegittimo. Tutti questi fatti sarebbero avvenuti prima della corsa di Trump alla presidenza nel 2016. Uno dei pochissimi leader repubblicani a non avere commentato l’operato del procuratore Bragg è stato Mitch McConnell, senatore del Kentucky e leader della minoranza repubblicana al Senato, che ha avuto e continua ad avere rapporti tumultuosi con Trump.

Anche Romney ha avuto rapporti poco amichevoli con il 45esimi presidente. Va ricordato che all’inizio della campagna elettorale del 2016 Romney aveva attaccato l’allora candidato Trump asserendo che le sue promesse “hanno lo stesso valore delle lauree della Trump University”, il fasullo ateneo del tycoon. La scuola fu denunciata per truffa e nel 2016 Trump dovette risarcire 25 milioni di dollari agli studenti. Quando Trump fu poi eletto presidente i due fecero la pace e Romney fu preso in considerazione per l’incarico di Segretario di Stato senza però ottenerlo. Da senatore dello Utah dal 2018 Romney ha supportato la politica di Trump sulle tasse e i giudici alla Corte Suprema ma ha votato per condannare l’allora residente della Casa Bianca nei due impeachment (2019, 2021).

Se da presidente Trump aveva immunità, l’impeachment era l’unico meccanismo per controllare le sue attività potenzialmente illegali. Adesso da cittadino privato però deve fare i conti con la giustizia. Il caso dell’incriminazione di Bragg e le accuse alla politicizzazione del procuratore sono ingiustificate. Ciononostante i legami fra politica a sistema giudiziario sono troppo evidenti in America. Bragg è stato eletto procuratore di Manhattan come candidato democratico e Trump lo ha accusato di essere di parte. Bragg non è l’unico procuratore o magistrato in America ad avere legami con la politica in un modo o nell’altro ma ciò non significa che l’incriminazione sia dovuta alla politica. Come si sa, i giudici della Corte Suprema hanno legami con la politica. Vengono nominati dal presidente per ragioni politiche e poi vengono confermati dal Senato, anche per ragioni politiche. Ciononostante non vuol dire che una volta che i giudici otterranno la conferma essi rifletteranno sempre i valori e l’ideologia del presidente che li ha nominati. Se così fosse il ricorso di Trump per ribaltare l’elezione del 2020 sarebbe stato accolto dalla Corte Suprema poiché sei dei nove giudici furono nominati da presidenti repubblicani e quindi pendono a destra. Tre dei nove furono infatti scelti proprio da Trump.

Al livello statale in alcuni casi i giudici vengono nominati e poi confermati ma nella metà degli Stati loro sono eletti in contese di parte dove vengono identificati come candidati democratici o repubblicani. In altri casi le elezioni non includono l’etichetta di parte. Un caso estremo è avvenuto proprio al momento di scrivere queste righe in Wisconsin. Janet Protasiewicz, la candidata democratica, ha sconfitto il repubblicano Dan Kelly per un seggio nella Corte Suprema dello Stato. L’elezione è stata risentita in tutta l’America per la questione dell’aborto che ha galvanizzato gli elettori con spese elettorali stratosferiche. Con la vittoria della Protasiewicz i democratici controllerebbero la Corte Suprema (4-3) garantendo che il diritto all’aborto verrà mantenuto nello stato. L’elezione però avrà anche ripercussioni nella politica statale poiché il controllo della Corte Suprema da parte dei repubblicani gli aveva permesso di determinare i distretti elettorali. Non sorprende dunque che i repubblicani controllino ambedue le Camere e di fatti si sono già sentite voci che potrebbero sottoporre la Protasiewicz all’impeachment. Adesso molto potrebbe cambiare in uno Stato storicamente in bilico nelle elezioni presidenziali.

In bilico anche il futuro politico di Romney. Dopo la sconfitta alle presidenziali contro Barack Obama nel 2012 Romney si è candidato al Senato nello Stato del Utah nel 2018 senza attirare l’ira di Trump. Romney vinse le primarie repubblicane con il 93 percento dei voti e l’elezione generale col 73 percento. Vittorie schiaccianti. Dopo i suoi due voti di condannare Trump negli impeachment però adesso si trova in una situazione pericolosa per una possibile rielezione. Il 47 percento degli elettori nello Utah lo vede in maniera negativa. Il suo dilemma dunque si presenterà. Ricandidarsi e rischiare che Trump incoraggi uno sfidante alle primarie contro Romney andando a finire come è successo a Liz Cheney nel Wyoming a un’umiliante sconfitta? Oppure gettare la spugna come hanno fatto alcuni altri repubblicani che hanno “tradito” Trump? Il suo supporto a Trump nei guai giudiziari con Bragg potrebbe essere un ramoscello di oliva verso l’ex presidente che dovrà affrontare al più presto due processi civili e altre 2 o 3 incriminazioni criminali.

Di Domenico Maceri

Domenico Maceri, PhD, è professore emerito all’Allan Hancock College, Santa Maria, California. Alcuni dei suoi articoli hanno vinto premi della National Association of Hispanic Publications.

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