Uganda 1994, foto di Sebastião Salgado
Il 7 aprile del 1994, 29 anni fa, dopo l’abbattimento dell’aereo su cui viaggiava il presidente ruandese Juvénal Habyarimana, si scatena quello che viene definito uno dei più sanguinosi e terrificanti massacri della storia dell’umanità. Nell’arco di circa cento giorni, vengono infatti sterminate a colpi di machete o di bastoni chiodati, quasi un milione di persone, non esiste un contabilità precisa, in gran parte di etnia tutsi, che vengono chiamati scarafaggi. I Tutsi erano circa il 20% della popolazione, ma le violenze finirono per coinvolgere anche Hutu moderati appartenenti alla maggioranza del paese. L’odio interetnico fra Hutu e Tutsi, molto diffuso nonostante la comune fede cristiana, costituì la radice scatenante del conflitto, nonostante l’idea di una differenza di carattere razziale fra queste due etnie è estranea alla storia centenaria ruandese e rappresenta invece uno dei lasciti più controversi del retaggio coloniale belga. Fu infatti l’amministrazione coloniale del Belgio che, a partire dal 1926, trasformò quella che infatti era una semplice differenziazione socio-economica – gli Hutu erano in prevalenza agricoltori, i Tutsi invece allevatori, e gli scambi e i matrimoni misti fra i due gruppi erano comuni -, in una differenza razziale basata sull’osservazione dell’aspetto fisico degli individui. Questo ha prodotto fosse comuni, ma anche strade e quartieri con i cadaveri lasciati per strada: tra loro anche bambini e donne. Molte delle quali stuprate prima di essere trucidate.
Non tutti i responsabili del genocidio sono stati assicurati alla giustizia e pagano per i loro crimini. Un caso eclatante è quello di Paul Rusesabagina. Paul Rusesabagina, eroe del film “Hotel Rwanda”, condannato nel 2021 a 25 anni di prigione per terrorismo, è nuovamente a piede libero, grazie alla revisione della pena “per ordine presidenziale”. Il suo rilascio giunge a pochi giorni dal 29esimo anniversario del genocidio, iniziato il 6 aprile 1994.
Paul Rusesabagina