Primo Maggio 2023: la prima volta che si ricorda la festa del Lavoro avendo in carica, in Italia, un governo dichiaratamente di destra che oggi presenterà ai sindacati ( esclusa l’USB e inclusa l’UGL oltre a CGIL-CISL-UIL) un “Piano del Lavoro” che può ben essere definito “Piano della Precarietà” e che può essere così riassunto: “Più voucher e contratti a termine Il governo rilancia i mini jobs e l’occupazione flessibile. Il governo risponde così alle richieste delle aziende, un tempo determinato può durare 36 mesi senza causale. E per la stagione estiva largo ai tagliandi da 10 euro lordi all’ora, 7 euro e mezzo netti.”
Si tratta, è bene ricordarlo, di un passaggio – questo della destra – che viene da lontano: dalla precarizzazione voluta dal Governo Renzi con il Job Act, dall’abolizione dell’articolo 18 e da tante altre storie.
Nella sinistra, nel sindacato, nel mondo del lavoro se si vuole ripartire non si può cancellare l’analisi del passato e soprattutto bisogna tornare ai “fondamentali”.
Andando per ordine:
“L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.
Tutti conoscono il dettato dell’articolo 1 della nostra Costituzione, che ho riportato qui sopra soltanto allo scopo di far seguire un brevissimo ragionamento circa il significato di queste frasi e trarne alcune considerazioni d’attualità.
La Repubblica democratica è la forma di governo scelta dalle elettrici e dagli elettori il 2 giugno 1946 contrapponendola alla monarchia.
La Repubblica democratica si caratterizza per la partecipazione del popolo al governo dello Stato, mediante l’elezione degli organi del potere legislativo da parte di tutti i cittadini.
Sotto quest’aspetto attraverso il dettato costituzionale si rende operante il principio della sovranità popolare e si compie una scelta ben precisa: quella della prevalenza della forma di “Democrazia Rappresentativa” attuata con l’elezione da parte delle elettrici e degli elettori dei loro rappresentanti al Parlamento e ai Consigli degli Enti territoriali. Una scelta rafforzata dalla necessità del voto di fiducia al Governo da parte delle Camere e dall’elezione in forma indiretta del Presidente della Repubblica.
Esistono nella previsione costituzionale anche forme di democrazia diretta, ma ben delimitate e circoscritte in due ambiti ben precisi: quello del referendum abrogativo (il referendum confermativo per atti di modifica della Costituzione è, invece, eventuale conseguenza dell’esito di una votazione parlamentare) e quello della potestà di presentazione di progetti di legge a iniziativa popolare. Democrazia diretta che si trova in una condizione evidente di minorità rispetto alla Democrazia rappresentativa.
L’altro elemento da rimarcare, in quest’occasione, riguarda il tema del Lavoro, così come questo è configurato nel dettato dell’articolo1.
Il Lavoro è considerato dalla Costituzione il valore fondamentale che qualifica la forma dello Stato: s’impone così il perseguimento di una politica di difesa sociale, tesa a eliminare le diseguaglianze e i privilegi economici attraverso la promozione e la tutela privilegiata di ogni attività lavorativa.
Nella sostanza, con il dettato del suo articolo 1 la Costituzione Repubblicana afferma il principio dello Stato di diritto che prevede la separazione dei poteri e la supremazia della legge su tutti gli altri poteri pubblici, ma lo vivifica sottolineando il carattere democratico della Repubblica e affermando il primato della Costituzione che è il manifesto dei principi e dei diritti fondamentali.
La Repubblica, che si basa unicamente sul consenso popolare, riconosce il lavoro come principio basilare della società nel senso dello Stato sociale e on conferisce più alcun valore al censo, ossia al possesso di ricchezze, soprattutto quelle ereditariamente acquisite, o ai privilegi di nascita o di casta, ma favorisce tutte le iniziative necessarie per garantire l’eguale dignità sociale e affermare il diritto del lavoro per tutti.
Da questo punto tutto il resto che è stato abbondantemente messo da parte nel corso degli anni.