Il programma di AI generativo ChatCPT, sospeso e poi riammesso in Italia, sta invadendo i mercati e riaccende il dibattito sulle ricadute di queste tecnologie innovative sul mondo del lavoro e sui possibili effetti disastrosi sulle competenze umane. Di sicuro niente che il mercato potrà regolare da solo.
Intelligenza artificiale, produzione additiva, auto a guida autonoma, digitalizzazione “tradizionale”
Stiamo apparentemente entrando in una nuova grande fase di innovazione tecnologica. A differenza di quella precedente, questa non sembra toccare tanto i consumatori, ma, prevalentemente, le imprese e l’industria. Questa nuova fase si va sviluppando lungo diverse direttrici.
-I progressi recenti dell’intelligenza artificiale
La messa sul mercato dell’ultimo ritrovato nel campo dell’intelligenza artificiale, il programma ChatGPT, il primo di una serie di sistemi di IA cosiddetti “generativi” che stanno in questo periodo invadendo i vari Paesi, con il suo successo immediato, ha riacceso il dibattito su alcune questioni di base, quali prima di tutto quella della vecchia paura che tale tecnologia esca fuori controllo, prendendo il sopravvento sugli umani. Qualcuno stima in effetti che potremmo raggiungere verso il 2030 la cosiddetta “intelligenza artificiale generale”, con il risultato che l’umanità perderebbe il controllo della tecnologia che sta sviluppando e che alla fine tutti sulla terra morirebbero (Thornhill, 2023). Si discute poi sulla preoccupazione per il grandissimo potere che vanno assumendo i pochi gruppi oligopolistici che controllano le tecnologie, su come mettere a punto strumenti giuridici per far fronte ai sorprendenti tempi nuovi, e , infine, tema anch’esso di grande rilievo, delle conseguenze sul futuro quantitativo e qualitativo del lavoro, nonché parallelamente, della paura che la nuova tecnologia possa esacerbare le diseguaglianze sociali e inquinare l’informazione pubblica, tutti temi sui quali anche gravano delle previsioni molto inquietanti.
-La produzione additiva
Ma l’attenzione dei media trascura di guardare con la dovuta attenzione al fatto che si vanno affermando grandi novità anche sul fronte della produzione dei beni e dell’organizzazione delle catene di fornitura, oggi al centro degli scambi mondiali, con l’arrivo della cosiddetta “produzione additiva”.
Una giornalista del Financial Times (Foroohar, 2013) ed uno del New York Times (Lohr, 2022), ci raccontano come in una società chiamata VulcanForms, situata a 40 miglia da Boston, sulla base della tecnologia di stampa in tre dimensioni, un giorno si producano parti di un motore per aerei, il giorno dopo magari inserti medici o componenti per l’elettronica di consumo e così via. Il know-how di come produrre le varie parti sta semplicemente nel software. Una volta la produzione di parti e componenti veniva decentrata in dozzine di fornitori sparsi per il mondo, mentre ora può essere svolta con fabbriche localizzate nei dintorni. Così si va allineando un modo totalmente nuovo di produrre le cose. Si possono ottenere catene di fornitura molto agili, mentre si riesce tendenzialmente a decarbonizzare il pianeta.
Va sottolineato che tali trasformazioni non si verificheranno, certo, nell’arco di qualche mese, ma richiederanno presumibilmente ancora molti anni per esplicare tutta la loro forza.
Intanto, su di un altro piano, alcune università cinesi hanno cominciato ad esplorare la tecnologia di stampa a 3D per costruire fra qualche anno abitazioni sulla Luna, utilizzando anche materiali reperiti in loco.
-L’auto a guida autonoma e gli sviluppi della robotica
Sta per arrivare sul mercato, dopo varie difficoltà tecniche (si tratta di una tecnologia molto complessa da mettere a punto), una innovazione se vogliamo “minore” rispetto alle due precedenti, ma pur fondamentale: quella dell’auto a guida autonoma. Le nuove vetture circolano sperimentalmente già in misura massiccia per le strade di diverse città cinesi e statunitensi, anche se ancora con qualche limitazione e la vendita al pubblico dovrebbe partire tra un paio d’anni, anche se permangono dubbi sulla possibilità di ottenere prodotti completamente autonomi e sicuri in tutte le circostanze.
In ogni caso, secondo una stima della McKinsey, nel 2040 il 40% delle vendite di veicoli in Cina sarà a guida autonoma.
Ricordiamo come vada ancora avanti la tecnologia numerica “tradizionale”, dalla robotica alle varie applicazioni ai prodotti di consumo. Il settore della robotica, mentre sta immettendo sul mercato macchine dalle prestazioni migliori, meno costose, più flessibili, più leggere di quelle di qualche anno fa, si sta spostando anche nel settore dei servizi e tocca ormai anche le fasce impiegatizie e tecniche.
Per una pausa negli sviluppi dell’IA
Facciamo un piccolo detour prima di andare avanti sul tema del lavoro. Premettiamo che i nuovi sistemi di IA lanciati con clamore da pochissimo tempo stanno avendo un successo clamoroso; già alla fine di marzo 2023 erano ben 100 milioni gli utilizzatori che avevano sperimentato i programmi Usa, mentre in Cina si annuncia che il programma concorrente di Alibaba nel settore registra già l’interesse di 200.000 imprese.
In un lettera aperta pubblicata il 28 marzo 2023, un migliaio di esperti e ricercatori (cui si sono aggiunti nei mesi successivi altre 26.000 persone), tra cui Elon Musk e Yoshua Bengio, uno dei fondatori dell’IA, nonché diversi imprenditori del settore, dichiaravano (Piquard, 2023; Simonetta, 2023) che appare necessario mettere in pausa i progressi dell’IA, sospendendo per sei mesi le ricerche sui sistemi ancora più avanzati. Gli autori della lettera affermano, tra l’altro, che questi ultimi mesi hanno registrato una corsa incontrollata dei laboratori per sviluppare dei cervelli numerici sempre più potenti che nessuno, neanche i loro creatori, può comprendere, prevedere o controllare in maniera affidabile. In effetti tutto quello che avviene attualmente nell’IA ha luogo senza alcun controllo etico o legale, come si afferma nella lettera, mentre le imprese dispiegano sul web strumenti che hanno effetti nefasti. Si potrebbe arrivare a perdere il controllo della nostra civiltà. Mantenere le nuove macchine sotto il controllo degli umani è la sfida della nostra epoca (Thornhill, 2023).
Le imprese responsabili dei nuovi più importanti programmi di IA negli Stati Uniti, da Microsoft a Google, vanno raccontando in giro, come al solito, che non c’è nulla di cui preoccuparsi.
Da segnalare incidentalmente che negli ultimi mesi abbiamo registrato l’annuncio della messa a punto di nuovi sistemi di IA da parte di una decina di imprese Usa e cinesi, ma di nessuna impresa europea. E anche per la produzione additiva e per l’auto autonoma le cose non sembrano marciare in modo molto diverso.
Mentre Slavoj Zizek (Zizek, 2023) afferma che l’arroganza antropocentrica nata con l’avvento della tecnologia potrebbe presto “cedere il passo all’inutilità e all’assenza di senso dell’essere umano”, appare a questo punto necessario constatare che la stessa umanità è ormai minacciata di estinzione da almeno tre fattori: alla minaccia nucleare si è aggiunta quella ambientale e ora anche quella da intelligenza artificiale.
Appare vano pensare che le forze di mercato siano capaci da sole di gestire le novità. L’UE sta preparando da due anni, con una apposita Commissione, un direttiva per controllare l’uso della tecnologie nei settori ad alto rischio. Come è noto, dal canto suo, l’Italia ha deciso il 31 marzo di sospendere temporaneamente ChatGPT per questioni legate alla privacy (il Garante della Privacy ha revocato il provvedimento il 28 aprile dietro rassicurazioni della società OpenAI sulla possibilità di cancellazione di dati ritenuti errati pur dichiarandosi impossibilitata a correggere i dati sua sponte), mentre la Spagna ha lanciato una inchiesta preliminare sul soggetto. Sempre nell’aprile del 2023 le autorità cinesi hanno emanato degli orientamenti provvisori sullo sviluppo dei programmi di IA (Naughton, 2023). In Cina si vuole che le società del settore, prima di immettere un prodotto sul mercato, lo registrino e presentino delle valutazioni di sicurezza dello stesso; le piattaforme dovranno verificare l’identità degli utilizzatori mentre il contenuto dovrà incorporare valori “socialisti” (Leplatre, 2023). Bisogna prevenire le discriminazioni per razza, etnicità, fede, genere e altre categorie; il contenuto generato dall’IA deve essere accurato e non generare false informazioni, né infrangere la proprietà intellettuale.
Note provvisorie sulle conseguenze sul lavoro
-la dimensione quantitativa
Negli ultimi dieci anni si è sviluppato un accanito dibattito tra gli studiosi e gli operatori del settore sulle conseguenze che lo sviluppo tecnologico potrebbe avere sul mondo del lavoro. Semplificando al massimo si può affermare che si sono affermate due scuole: la prima piuttosto ottimistica; l’altra, maggioritaria, invece molto negativa sia sugli effetti qualitativi che su quelli quantitativi per quanto riguarda il mondo del lavoro (Comito, 2018).
I seguaci della prima scuola ricordano le esperienze del passato, sottolineando come avessero a suo tempo torto i luddisti che temevano una grande perdita di posti di lavoro con gli sviluppi della rivoluzione industriale, mentre tale paura fu poi smentita dai fatti. Più in generale, essi sottolineano come ogni innovazione tecnologica abbia sino ad oggi distrutto del lavoro, ma ne abbia apportato del nuovo.
A tali argomentazioni si può obiettare che in realtà l’occupazione al tempo dei luddisti si è certo ripresa, ma solo dopo molti decenni e nel frattempo le classi meno favorite hanno sofferto tremendamente; d’altro canto le innovazioni dell’Ottocento toccavano direttamente solo qualche settore, mentre quelle odierne riguardano pressochè tutte le attività umane.
-Lo studio della Goldman Sachs
Ha fatto immeritamente molto scalpore un recente studio della Goldman Sachs (Elder, 2023) che prevede che nel mondo circa i due terzi dei posti di lavoro attuali, almeno negli Stati Uniti ed in Europa, siano esposti all’intrusione dell’IA. Per quanto li riguarda, sottolinea lo studio, tra un quarto e la metà delle attuali incombenze possono essere svolte da un programma di IA. Si registra così la possibilità che si perdano l’equivalente di 300 milioni di posti di lavoro nelle le economie più importanti; solo il 5% dei mestieri potrebbe essere completamente sostituito dall’IA (Redazione, 2023).
A ben vedere le stime della Goldman Sachs sono largamente più ottimistiche di altri studi accademici e di enti internazionali che tengono conto anche degli effetti sul lavoro di un numero più ampio di tecnologie invece che dei soli programmi di IA.
Così, già nel 2013 (Comito, 2018) una ricerca prevedeva che almeno negli Stati Uniti all’incirca il 47% dei posti di lavoro si trovasse a rischio automazione. Per la Banca Mondiale nel 2016 da qui al 2040 lo sarebbe il 57% degli stessi. Uno studio della McKinsey del 2017 prevedeva che entro il 2030 tra 400 e 800 milioni di persone potrebbero perdere il posto di lavoro.
Sempre secondo lo studio GS, i settori che verranno maggiormente colpiti saranno quelli amministrativo e legale, nonché quello bancario e finanziario. Al contrario, quanti svolgono un mestiere pratico, come gli operai e gli artigiani, non dovrebbero temere.
La società è ottimista sul fondo. Essa, tra l’altro, cita una precedente ricerca svolta dall’economista David Autor che mostra che il 60% dei lavoratori di oggi sono impiegati in lavori che non esistevano nel 1940 e che l’85% della crescita dell’occupazione negli ultimi 80 anni si può spiegare con la creazione di nuove attività spinte dalla tecnologia.
Si può osservare che prendendo in considerazione altri settori tecnologici in via di diffusione, dalla robotica alla produzione additiva, all’introduzione dell’auto a guida autonoma e di quella elettrica e così via, il numero delle persone potenzialmente interessate alla minaccia dei loro posti di lavoro aumenta in maniera molto importante. E tocca in maniera massiccia anche quei settori apparentemente risparmiati dall’IA, quali gli operai e gli artigiani; qualcuno qualche tempo fa aveva ad esempio calcolato che con la sola introduzione dell’auto a guida autonoma avrebbero perso il loro posto di lavoro tutti gli autisti, cioè circa il 10% di tutta l’occupazione mondiale.
L’insufficienza e la superficialità della ricerca della Goldman sono indicate dal fatto che le conseguenze delle nuove tecnologie potrebbero essere nel tempo ben più devastanti. Pensiamo ad esempio al settore di base dell’istruzione, che potrebbe essere per la gran parte messo in causa; persino imparare a leggere, scrivere e far di conto sarebbe inutile, lo potrebbero fare le macchine per noi.
D’altro canto, fare delle previsioni attendibili sul futuro del lavoro appare particolarmente complicato; in ogni caso, alle tendenze spontanee che sembrano delineare un quadro negativo, si potrebbero sovrapporre, da una parte possibili politiche volte a ridurre fortemente l’orario di lavoro, politiche di cui si nota qualche segno, mentre anche le tendenze demografiche, che in Occidente in particolare spingono ad un calo rilevante della popolazione, potrebbero ridurre gli impatti sopra indicati.
-La dislocazione e la qualità del lavoro
Da qualche anno le innovazioni nell’automazione delle fabbriche rendono la produzione in loco potenzialmente più economica della delocalizzazione, con un costo del lavoro che diventa quasi irrilevante. Si tendeva già allora a pensare che in molti casi apparisse più economico produrre “in casa”. La produzione additiva dovrebbe avere come conseguenza una forte accelerazione di tale processo e spostare le produzioni di parti e componenti nelle aree dove sono presenti forti concentrazioni di imprese industriali, quali Cina, Stati Uniti, Corea del Sud, Germania. D’altro canto, un Paese come la Cina dovrebbe essere sfavorito da tale tendenza come grande paese esportatore, mentre dovrebbe essere di nuovo favorito per la presenza di un grande mercato di sbocco. Gli Stati Uniti, che importano oggi fortemente dalla Cina e dall’Asia, dovrebbero essere favoriti. Dovrebbero soffrirne i Paesi in via di sviluppo nei quali negli ultimi decenni le imprese occidentali hanno decentrato tante lavorazioni.
In generale si assiste da tempo ad un deterioramento della qualità del lavoro. I ritmi si accelerano, i rischi si moltiplicano, i margini di manovra e di respiro si riducono, compaiono inedite modalità di sorveglianza. Possiamo per brevità concentrare la nostra attenzione sull’espressione “precario”. Il lavoro è sempre più soggetto ad una precarietà temporale (relativa alla continuità dell’occupazione), economica (relativa ai livelli retributivi), sociale (riguardante l’accesso a protezioni sociali, ma anche alle tutele contro le discriminazioni, abusi, pratiche degradanti), organizzativa (relativa al controllo sulle condizioni di lavoro da parte dei singoli e dei sindacati), attraverso anche l’aiuto e il sostegno dei governi in carica. E’ stato calcolato che nella sostanza – secondo un’analisi dell’Ilo – solo il 20% dei lavoratori dipendenti a livello mondiale ha oggi un lavoro a tempo indeterminato, mentre situazioni di precariato sostanzialmente analoghe si potevano rilevare anche per il settore dei lavoratori autonomi.
Aumentano in ogni caso i lavori poveri, a bassa qualificazione, mentre si riducono quelli più elevati.
Non si vede come le nuove tecnologie in arrivo possano arrestare autonomamente tali tendenze. A questo punto dovrebbe ovviamente intervenire l’operatore pubblico, che dovrebbe portare avanti diversi e difficili obiettivi, la riduzione dell’orario del lavoro, la riconversione produttiva delle imprese toccate dalle trasformazioni, l’incoraggiamento alla qualificazione verso l’alto delle mansioni, come hanno cercato di fare alcuni Paesi per attenuare le conseguenze negative del mercato (Germania, Svezia), infine il governo delle forti dimensioni dannose delle nuove tecnologie. Vasto (e disperato) programma, come avrebbe detto Charles De Gaulle.
Testi citati nell’articolo
-Comito V., L’economia digitale, il lavoro, la politica, Ediesse, Roma, 2018
-Elder B., Surrender your desk job to the AI productivity miracle, says Goldman Sachs, www.ft.com, 27 marzo 2023
-Foroohar R., A new technology boom is at hand, www.ft.com, 27 marzo 202
-Leplatre S., En Chine, une IA aux « valeurs socialistes », Le Monde, 19 aprile 2023
-Lohr S., 3-D printing grows beyond its novelty roots, www.nytimes.con, 3 luglio 2022
-Naughton J., Can China keep generative AI under its control?, www.theguardian.com, 22 aprile 2023
-Piquard A., Intelligence artificielle : les états d’ame des figures de la tech, Le Monde, 31 marzo 2023
-Redazione, Con l’intelligenza artificiale addio a 300 milioni di posti di lavoro…, www.open.online, 28 marzo 2023
-Simonetta B., “L’intelligenza artificiale mette in pericolo l’umanità”, Il Sole 24 Ore, 30 30 marzo 2023
-Thornhill J., Keeping ultra-intelligent machines docile is the challenge of our age, www.ft.com, 20 aprile 2023
-Zizek S., L’IA révèle nos peurs d’un avenir posthumain, Courrier International, 27 aprile-3 maggio 2023