Le provincie di Bologna e Ravenna sono ancora alle prese con l’alluvione che i giorni scorsi ha colpito l’Emilia-Romagna causando almeno due morti e centinaia di sfollati. Resta alta l’allerta in tutta la Regione, dove nelle ultime 48 ore è caduta una quantità di pioggia pari a un quinto di quella prevista per un anno intero. Per la prima volta, 15 corsi d’acqua nel territorio regionale hanno superato il livello di allarme. Faenza e Imola sono i comuni più colpiti, dove i soccorsi sono costretti a raggiungere persone intrappolate nelle proprie abitazioni per portare acqua, viveri e medicine. Alla base dell’alluvione in Emilia-Romagna c’è un insieme di fattori: l’intensità delle piogge, la secchezza del terreno causata dalla siccità e lo stato dei corsi d’acqua e delle strutture che li circondano, a partire dagli argini. Tre aspetti apparentemente slegati che tuttavia hanno in comune almeno due elementi scatenanti, il cambiamento climatico in corso e un’immancabile dose di negligenza politica.
Nonostante un po’ ovunque si parli di maltempo, quella con cui l’Emilia-Romagna ha avuto a che fare è solo una delle tante sfumature della crisi climatica, il risultato di un riscaldamento globale accelerato dalle attività antropiche. Non è un caso quindi che proprio la Regione in questione sia risultata tra le dieci europee più esposte agli eventi meteorologici estremi, e al cambiamento climatico in generale, al 2050. A renderlo noto è stata la prima analisi globale del rischio per il patrimonio immobiliare e il territorio compiuta dalla The Cross Dependency Initiative. Nel complesso, lo Stivale ha ben tre regioni nella classifica redatta per gli investitori: oltre all’Emilia-Romagna, Veneto e Lombardia. Che l’Italia sia particolarmente esposta agli effetti dei cambiamenti climatici lo conferma invece il numero sempre maggiore di eventi estremi tra loro via via più ravvicinati nel tempo. Secondo l’associazione ambientalista Legambiente, il 2022 è stato un anno record in questi termini. Rispetto al 2021, gli eventi estremi che hanno provocato danni e vittime sono infatti aumentati del 55%. Nel dettaglio, lo scorso anno sono stati rilevati 310 fenomeni meteorologici estremi, che hanno causato 29 morti e avuto impatti drammatici sull’economia e l’ambiente lungo tutta la Penisola.
Il cambiamento climatico, tuttavia, farebbe molti meno danni se non fosse associato ad una buone dose di negligenza. L’Italia è infatti l’unico tra i grandi paesi europei a mancare di un Piano di Adattamento ai Cambiamenti Climatici. Un documento essenziale, tanto più nel contesto attuale, del quale se ne sta riparlando solo ora, troppo tardi. Il vero problema però è un altro. Non solo non si è fatto nulla per favorire l’adattamento a delle conseguenze inevitabili e ampiamente denunciate dalla scienza, si è persino messo il dito nella piaga rendendo il territorio più fragile e vulnerabile. Come? Cementificando a più non posso. Ora, anche nel caso dell’alluvione in Emilia-Romagna, i politici di turno piangono, quando fino a pochi mesi prima nessuno si era curato di arrestare un consumo di suolo alla deriva. La Regione colpita in queste giorni è infatti la prima in Italia per cementificazione in aree alluvionali: nel 2021, +78,6 ettari nelle aree ad elevata pericolosità idraulica e +501,9 ettari in quelle a media pericolosità. Sommando una tale condizione di vulnerabilità ad un restante suolo libero ormai secco, sempre a causa del cambiamento climatico, il risultato è un territorio incapace di assorbire acqua. La pessima condizione degli argini dei fiumi poi di certo non ha aiutato.
L’Emilia-Romagna, tra il 2020 e il 2021, è stata la terza Regione italiana per consumo di suolo, più 658 ettari cementificati in un solo anno, pari al 10,4% di tutto il consumo di suolo nazionale. Consumo nazionale che, comunque, è tra i più elevati a livello europeo. In Emilia-Romagna, la superficie impermeabile si è così attestata all’8,9% contro una media nazionale del 7,1%. Il troppo cemento, come ormai dovrebbe essere noto, riduce l’infiltrazione dell’acqua, la quale scorre su di esso più velocemente, accumulando energia e, di conseguenza, facendo più danni. Al riguardo, in un rapporto del 2020, il Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici è stato molto chiaro: “i dati disponibili sull’Italia in merito alle precipitazioni suggeriscono che le condizioni di rischio geologico, idrologico e idraulico risultino esacerbate in conseguenza di un aumento del numero degli eventi di precipitazione estrema (caratteristica attesa dagli studi di cambiamento climatico) e una crescente urbanizzazione del territorio che ha portato, da un lato, a un incremento dei deflussi e ad una riduzione della capacità di smaltimento da parte degli alvei (tombamenti, riduzione dell’estensione delle aree golenali, ecc.), dall’altro lato, a un aumento dell’esposizione al rischio”. La recente frana ad Ischia, l’alluvione nelle Marche di qualche mese fa ed ora quella in Emilia-Romagna confermano la tesi.
[di Simone Valeri]