Il Parlamento Europeo, riunitosi a Strasburgo in sessione plenaria, ha deciso con larga maggioranza – 518 voti a favore, 59 contrari e 31 astenuti – che sul sostegno militare all’Ucraina venga applicata la procedura d’urgenza. La richiesta, presentata dal gruppo dei Conservatori e quello dei Popolari, velocizza l’iter di discussione sul provvedimento che permette ai Paesi membri di reindirizzare le risorse economiche contenute nel Fondo di coesione sociale – tra cui rientrano anche le risorse per pensioni e sanità – e nel PNRR per destinarli alla fabbricazione e alla spedizione di almeno un milioni di munizioni l’anno a Kiev.
Tutti i partiti italiani del governo di centrodestra hanno votato a favore della proposta, e lo stesso ha fatto il Partito Democratico (insieme a tutto il partito socialista europeo), ad esclusione di due suoi membri. Hanno invece votato contro i parlamentari europei di Sinistra Italiana e del Movimento 5 Stelle.
L’approvazione della procedura non comporta l’adozione immediata del pacchetto di misure, ma prevede una riduzione dei tempi di analisi che solitamente le commissioni parlamentari decidono di prendersi per deliberare sulle questioni. In questo modo si dovrebbe arrivare al voto in plenaria già entro la fine di maggio. È solo a quel punto che i negoziati con gli Stati membri entreranno nel vivo della discussione su armi e fondi europei, e si pensa che un accordo possa essere raggiunto non oltre luglio.
Tuttavia la votazione di maggio, e il fatto che sia stata accordata al tema la procedura d’urgenza – con tutte le implicazioni tecniche che ne derivano – si porta dietro alcune conseguenze: innanzitutto il testo non potrà essere emendato con proposte di modifica a meno che queste non siano accolte espressamente dalla Commissione. In altre parole, il testo è blindato, ed è impossibile che subisca modifiche a meno che non sia la stessa Commissione Europea a richiederle.
Thierry Breton, commissario Ue al Mercato Interno, ha comunque specificato che «non c’è alcun obbligo da parte degli Stati membri nell’uso dei fondi di Coesione e di quelli del Recovery Fund» per l’aumento della produzione della difesa, ma «Se alcuni Paesi vorranno utilizzarli, possono farlo».
Intanto i cittadini italiani continuano a esprimere la propria opinione sul tema in diversi modi. Il 23 aprile è cominciata ufficialmente su tutto il territorio la raccolta firme per i referendum abrogativi “Italia per la pace“, in favore della sanità pubblica e contro l’invio di armi in Ucraina. La campagna referendaria è organizzata dal Comitato di Generazioni Future presieduto dal giurista Ugo Mattei e sostenuta da influenti personalità del mondo accademico e culturale. Il suo motto è “Ferma il dolore, firma la pace”.
Inoltre, un sondaggio condotto da Euromedia Research ha raccolto le opinioni degli italiani sull’invio di armamenti in Ucraina. È stato registrato un picco di contrarietà, con il 52% degli intervistati che si è detto contrario e il 39,9% favorevole ai rifornimenti militari da parte del nostro Paese, mentre il restante 8,1% non si è schierato. La percentuale dei contrari è, dunque, in crescita e supera per la prima volta il 50%, nonostante le campagne mediatiche e l’allineamento favorevole della quasi totalità delle forze politiche.
[di Gloria Ferrari]