- Francesco Maringiò
Il Summit di Xi’an, con il discorso del presidente cinese, è entrato nel vivo. Nasce una piattaforma permanente di dialogo e cooperazione economica che integrerà un’area del mondo strategica per posizione e riserve naturali. Preservare la pace in quest’area significa contribuire alla pace mondiale. In contemporanea, parte il G7 in Giappone: è auspicabile un segnale di dialogo, ne ha bisogno il mondo intero.
Il summit di Xi’an tra la Cina e l’Asia Centrale è entrato oggi nel vivo con il discorso programmatico del presidente cinese che ha tracciato un quadro vasto che sostanzia i progetti di integrazione economica e cooperazione politica già in essere ed enuclea i principi e le proposte per portare questa cooperazione ad un livello ancora superiore. È stata firmata una dichiarazione congiunta dei capi di stato e la nascita di un Meccanismo permanete di questo summit, che avrà cadenza biennale (il prossimo si terrà nel 2025 in Kazakistan) ed è stato istituito un segretariato permanente in Cina.
Tutto questo ci proietta immediatamente al cuore del modus operandi cinese e del funzionamento delle iniziative multilaterali. Il principio è semplice: gli affari generali e la politica mondiale si basano su un sistema internazionale centrato sulle Nazioni Unite, contro ogni pretesa di superamento e delegittimazione di queste ultime, mentre gli interessi locali e l’integrazione regionale si consolida attraverso meccanismi di cooperazione regionale che valorizzano i comuni interessi, la pace e la cooperazione.
Parlando dell’Asia Centrale Xi Jinping nel corso del suo intervento ha sottolineato che il mondo ha bisogno che questa regione del mondo sia stabile, fiorente ed armoniosa. Ed ha ammonito: «Nessuno ha il diritto di seminare discordia o di alimentare il conflitto nella regione, tanto meno di perseguire interessi politici egoistici». Un riferimento alle ingerenze straniere che, in quest’area, ha una valenza politica particolare. Venti anni di guerra americana in Afghanistan e continui tentativi di rivoluzioni colorate rendono evidente a chi vi abita il bisogno di preservare la regione da pressioni ed ingerenze straniere, i cui appetiti sono alimentati dalle ingenti riserve minerarie ed energetiche del sottosuolo e dalla posizione strategica di questi paesi, che occupano il cuore del continente eurasiatico. Il presidente cinese inquadra il ruolo di quest’area, invece, in un’altra prospettiva, quella di cerniera dell’Eurasia: «Il mondo ha bisogno di un’Asia centrale interconnessa. Dotata di vantaggi geografici unici, l’Asia Centrale ha le basi, le condizioni e le capacità giuste per diventare un importante nodo di connettività dell’Eurasia e dare un contributo unico allo scambio di merci, all’interazione delle civiltà e allo sviluppo della scienza e della tecnologia nel mondo».
Con questo Summit e la successiva firma del documento finale, i paesi fissano un quadro di principi che regola il modo in cui debbano lavorare congiuntamente. Il discorso di Xi Jinping ha settato quattro principi generali: 1) la mutua assistenza per «fornirsi reciproco sostegno (…) su questioni (…) fondamentali, come la sovranità, l’indipendenza, la dignità nazionale e lo sviluppo a lungo termine»; 2) lo sviluppo comune implementando le iniziative Belt and Road e di Sicurezza Globale; 3) la sicurezza, esercitando «tolleranza zero nei confronti delle tre forze del terrorismo, del separatismo e dell’estremismo» e lavorando affinché «la nostra comunità sia caratterizzata da assenza di conflitti e pace duratura»; 4) l’amicizia eterna. Per raggiungere questi obbiettivi il presidente cinese ha enucleato otto proposte di cooperazione tra i paesi, che vanno dallo sviluppo della connettività e l’integrazione economica e commerciale (con particolare attenzione alla cooperazione energetica e nella green economy), alla cooperazione politica ed istituzionale creando ad hoc strutture e meccanismi di dialogo e cooperazione che permettano lo scambio di esperienze e best practice, per esempio nella lotta alla povertà. A tale scopo la Cina si è impegnata a fornire ai paesi dell’Asia centrale 26 miliardi di RMB in sostegno finanziario e sussidi. Tutto questo ha come obbiettivo centrale quello della pace. Perché l’integrazione regionale e la cooperazione economica e politica si sviluppino è necessario che l’Asia centrale sia un luogo di pace. Questo, di riflesso, avrà un impatto sulla pace e la stabilità del mondo che vive un’epoca di grandi cambiamenti e trasformazioni che, come ama ripetere Xi Jinping, «non si vedevano da un secolo a questa parte (e) si susseguono ad un ritmo sempre più veloce». Per questa ragione «la sovranità, la sicurezza, l’indipendenza e l’integrità territoriale dei Paesi dell’Asia centrale devono essere salvaguardate; la scelta dei percorsi di sviluppo dei loro popoli deve essere rispettata e i loro sforzi per la pace, l’armonia e la tranquillità devono essere sostenuti. (…) I conflitti etnici, le lotte religiose e le distanze culturali non sono la caratteristica della regione. Al contrario, la solidarietà, l’inclusione e l’armonia sono gli obiettivi dei popoli dell’Asia centrale».
Il G7 in Giappone avviene all’indomani del Summit. Questa istituzione, che raccoglieva i maggiori paesi economicamente avanzati del mondo, ora deve condividere questo podio con le economie emerse del sud globale. L’augurio principale è che dal vertice di Hiroshima venga una maggiore attenzione al dialogo ed all’integrazione con il resto del mondo, a partire dall’Asia centrale che, con il summit di Xi’an, ha costruito un meccanismo intergovernativo di dialogo e cooperazione permanente. C’è bisogno che queste due realtà si parlino e lavorino assieme. Ogni altro segnale di chiusura sarebbe deleterio per il mondo intero. La pace ha bisogno di atti concreti