Le “scorie” del vertice di Hiroshima. Il presidente ucraino prima sposta l’incontro fissato, poi non si presenta. Zero dialogo e gelo diplomatico tra Brasile e Ucraina.

di Claudia Fanti – Il Manifesto

È stato uno sgarbo inatteso quello che Zelensky ha commesso nei riguardi di Lula, non presentandosi all’incontro previsto con lui domenica a margine del G7 di Hiroshima.

A raccontare come e perché il colloquio è saltato è stato lo stesso presidente brasiliano, quando, prima di lasciare il Giappone, ha tracciato in conferenza stampa un bilancio del suo viaggio, ricordando come l’appuntamento con Zelensky fosse stato fissato alle 15.15 all’hotel Ana Crowne Plaza. «Proprio alle 15.15 abbiamo ricevuto il messaggio che Zelensky era in ritardo e io ho accolto il primo ministro del Vietnam. Zelensky non è venuto», ha riferito Lula dichiarando di essere non «deluso», ma «contrariato», perché avrebbe «voluto parlare con lui». E ha aggiunto: «Se ha avuto un problema serio, se ha avuto un incontro più importante, io non lo so. Zelensky è adulto, saprà quello che fa».

Secondo la Folha de S.Paulo, la delegazione del presidente ucraino avrebbe addirittura spostato tre volte l’appuntamento: prima alle 18, poi alle 17 e infine alle 15.15, ricevendo ogni volta una risposta positiva da parte dell’équipe di Lula, malgrado il presidente brasiliano avesse anche lui un’agenda piena. E dopo le 15.15, Zelensky non si sarebbe neppure preso la briga di avvertire che non sarebbe venuto.

Né è andata meglio con le sue dichiarazioni successive: alla domanda dei giornalisti se si fosse sentito frustrato per il mancato incontro con Lula, la risposta del presidente ucraino è stata assai poco diplomatica: «Penso che sia stato lui a rimanere deluso». E ha aggiunto: «Sulle situazioni dei miei incontri, ho incontrato quasi tutti i leader, e tutti avevano i loro programmi, quindi penso sia per questo che non abbiamo potuto incontrare il presidente brasiliano».

È ovvio, tuttavia, che non si sia certo trattato solo di un’incompatibilità tra agende. Che Zelensky non avesse una particolare voglia di ascoltare le proposte di pace di Lula, era risultato chiaro già quando aveva respinto in maniera decisa il suo suggerimento a cedere la Crimea in cambio della restituzione da parte della Russia del territorio invaso.

Né deve essere stata per lui sufficiente la condanna, pure netta, da parte di Lula della violazione dell’integrità territoriale dell’Ucraina e dell’«uso della forza come mezzo di risoluzione delle controversie». Una condanna accompagnata però dal pressante invito a lavorare per una soluzione negoziata del conflitto: «Ogni ulteriore giorno di combattimenti aumenta la sofferenza umana, la perdita di vite e la distruzione delle case», ha dichiarato Lula nel corso della sessione del vertice del G7 dedicata alla pace e alla stabilità. «Ho ripetuto fin quasi all’esaurimento che è necessario parlare di pace, lavorare per creare lo spazio per i negoziati. E nemmeno bisogna perdere di vista il fatto che le sfide alla pace e alla sicurezza che affliggono il mondo vanno ben oltre l’Europa».

Una posizione che Lula ha sempre tenuto ferma, ribadendo per l’ennesima volta la sua volontà di costruire un blocco di paesi disposto a mediare: «In questo momento non vedo né Putin né Zelensky impegnati a parlare di pace. E nemmeno Biden». Ma il presidente brasiliano è andato anche oltre, sollecitando una «transizione verso un ordine multipolare che esigerà cambiamenti profondi nelle istituzioni», a cominciare dalla riforma del Consiglio di sicurezza dell’Onu, senza la quale, ha detto, le Nazioni unite «non recupereranno l’efficacia e l’autorità politica e morale per affrontare i conflitti e le sfide del XXI secolo».

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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