I dati pubblicati dal Mef sui redditi del 2021 confermano che la ricchezza è concentrata nelle mani di pochi
Secondo i dati diffusi dal ministero dell’Economia e delle Finanze in Italia nel 2021 il reddito imponibile pro-capite è stato di 20.745 euro. In aumento di 949 euro rispetto al 2020. Il Comune più ricco è stato Lajatico (Pi) con un reddito medio di 52.378 euro, seguono Basiglio (Mi) e Bogogno (No).
I capoluoghi con i redditi medi più alti sono stati quelli di Milano (33.703), Monza (29.597) e Bergamo (29.090), dove, rispetto al 2020, si sono registrati incrementi rispettivamente di 1.926, 1.332 e 1.848 euro.
La ricchezza è concentrata nelle mani di pochi.
Il 5% degli italiani guadagna più di 55mila euro annui, mentre il 43% meno di 15mila euro, con una diminuzione dell’1% rispetto al 2020.
Niente di nuovo. È così da oltre trent’anni. La precarizzazione del lavoro con la cosiddetta politica dei redditi ha incrementato le diseguaglianze ed accresciuto il numero di lavoratori che vive in condizioni di povertà relativa o assoluta.
I ricchi sono sempre più ricchi ed i poveri crescono di numero.
Non solo, i nostri giovani spesso fanno fatica a trovare un’occupazione stabile e sono costretti ad emigrare.
Tra il 2012 e il 2021, secondo Eurostat, la differenza tra rimpatri ed espatri di giovani laureati (fascia di età 25-34 anni) è stata pari a -79.162 unità. Inoltre, nel nostro Paese c’è un’alta percentuale di Neet, giovani non attivi in istruzione, lavoro o formazione. Nel 2022 erano il 19%, un dato superiore alla media europea.
Il divario territoriale anziché diminuire cresce.
Il calo demografico e la mancanza di opportunità di lavoro stanno spopolando intere aree del Mezzogiorno, in particolare quelle interne ed i piccoli centri. Il processo di privatizzazione dei servizi pubblici ha ridotto le opportunità di lavoro per i giovani diplomati e laureati che in gran parte sono costretti ad emigrare nelle città del Nord o all’estero.
Tutto in attesa della riforma sull’Autonomia differenziata.