Il testo curato da Rosario Croce (Edizioni della Normale) e dedicato agli scritti su Marx di Cesare Luporini (“Libertà e strutture: scritti su Marx 1964-1984”) può fornire un utile contributo a chi intendesse sviluppare un tentativo di approfondimento al riguardo delle ragioni del prevalere a sinistra di un agire politico fondato sull’improvvisazione e la “caducità del momento”.

Nell’introduzione ai testi raccolti nel volume , nel capitolo dedicato a “Forme, dialettica e storia. Il lavoro “dentro Marx negli anni’70” si rileva, a pagina LXVII, un passaggio che si può ritenere fondamentale allorquando Luporini insiste molto sul fatto che una teoria marxista non dipende soltanto dall’applicazione di un modelle teorico ai vari campi d’indagine, ma da una incessante discussione sul modello stesso, da un “ripensamento e riapprofondimento continuo delle basi teoriche”.Ogni elaborazione teorica marxista, infatti, nel suo “procedere in avanti”,cioè “a contatto col movimento della realtà, coi suoi mutamenti”, “ha sempre bisogno di ritornare anche indietro, per scavare nei principi, nei fondamenti”.

E Marx stesso. secondo Luporini, era pervenuto ai suoi più importanti risultati scientifici sull’economia politica proprio in virtù di un simile sforzo costante di riflessione meta-teorica “in rapporto dialettico con l’indagine empirica e teorica”.

Con quale obiettivo di fondo perseguire questo continuo lavoro di ricerca?

A mio giudizio la risposta si trova nel prosieguo del testo già citato, a pagina LXXXIII, che mi permetto di citare .

Si tratta, infatti, di contrastare “..la tendenza a dare all’uso della dialettica da parte di Marx una funzione meramente espositiva dettata dalle necessità pratiche, di “perspicuità ed economia della trattazione” e dall’altro, quello di appiattire la dialettica a una logica dello sviluppo storico”.

Sono questioni sulle quali, com’è noto, si sono consumate tante discussioni filosofiche e alle quali – secondo il curatore – le indicazioni di Luporini forniscono un apporto estremamente chiarificante e teoricamente fecondo.

E’ in questo quadro che si apre in Marx uno spazio teorico vuoto, non del tutto riempito: questo è uno dei casi in cui Luporini, nel ripensamento dei problemi marxiani, si muove con una dose di scetticismo ( Croce cita “l’aporeticismo controllato” secondo la formula di Andrè Tosel) senza lasciarsi tentare da soluzioni di armonizzazione tanto rassicuranti quanto artificiose, ma senza neanche delineare programmi di ricerca e soluzioni sistematiche possibili , riproponendo in sostanza un “lavoro di scavo”.

L’abbandono di quella “logica di scavo” di “ricerca permanente” ha fatto sì che ci si proponesse di considerare la ricerca teorica inutile ai fini della proposizione politica che dovrebbe essere elaborata “praticamente”misurandosi sul massimo di omologazione all’esistente.

Nella sostanza ci si è ridotti, nel migliore e più nobile dei casi, in una ricerca storica.

Quella di una ripresa dello “scavare in Marx”potrebbe allora rappresentare una possibile chiave per andare avanti in tempi in cui la velocità delle trasformazioni sociali in virtù del procedere spavaldo dell’egemonia della tecnica potrebbero anche indurci a ulteriori passi indietro sposando una sorta di “teoria delle catastrofi” e incoraggiandoci a sprofondare definitivamente nella “rivoluzione passiva”.

Di Franco Astengo

Lunga militanza politico-giornalistica ha collaborato con il Manifesto, l'Unità, il Secolo XIX,. Ha lavorato per molti anni al Comune di Savona occupandosi di statistiche elettorali e successivamente ha collaborato con la Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Genova tenendo lezioni nei corsi di "Partiti politici e gruppi di Pressione", "Sistema politico italiano", "Potere locale", "Politiche pubbliche dell'Unione Europea".

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