Non ci sarà «nessuna riduzione della presenza militare in Sardegna». Così ha chiosato, in Parlamento, il ministro della Difesa Guido Crosetto rispondendo a un’interrogazione di Francesca Ghirra – deputata cagliaritana di Alleanza Verdi e Sinistra – sulla ridefinizione delle servitù militari per ridurre l’impatto ambientale delle esercitazioni sull’isola. Il governo, dunque, non arretra ed esclude categoricamente di mettere mano a una riduzione dei poligoni e delle basi militari che pullulano sul territorio sardo. Il tutto accade pochi giorni dopo il rinvio a giudizio di cinque generali per il disastro colposo che sarebbe stato causato in Sardegna nelle aree dei poligoni interforze e l’ondata di proteste che ha visto scendere in piazza la cittadinanza sarda per dire no alla militarizzazione dell’isola.
«Con la sincerità dovuta al Parlamento – ha riferito in aula Crosetto – devo far presente che l’attività addestrativa delle forze armate nei poligoni di Quirra e di Teulada e nella base di Decimomannu non può essere ridotta. La Sardegna è un territorio chiave per la Difesa». Il ministro ha risposto alle proteste avanzate dalla cittadinanza locale sostenendo che «negli ultimi anni sono state accolte molte istanze dei territori, per esempio con la sospensione delle esercitazioni dal 1° al 30 settembre e durante le festività pasquali e natalizie, ma anche con l’apertura estiva al pubblico delle spiagge situate in prossimità dei poligoni e con la cessione al comune di Teulada della spiaggia di Porto Tramatzu». Crosetto ha poi ricordato il contributo in denaro versato ogni anno al comune di Teulada come risarcimento e gli indennizzi cui hanno beneficiato pescatori e pastori che operano nelle zone in cui si tengono le esercitazioni.
Solo la settimana scorsa cinque generali, tutti ex Capi di Stato maggiore, sono stati rinviati a giudizio dal Gup di Cagliari con l’accusa di disastro colposo per gli effetti di anni di esercitazioni militari (Nato e italiane) nel poligono militare di Teulada. Il dibattimento si aprirà ufficialmente il 25 gennaio 2024 davanti al secondo collegio penale del tribunale di Cagliari. Le indagini hanno accertato lo stato di devastazione dell’area della Penisola Delta, dove tra il 2008 e il 2016 sono stati sparati 860mila colpi di addestramento, con 11.875 missili, pari a 556 tonnellate di materiale bellico.
Per tutto il mese di maggio, in Sardegna si sono succedute ben tre esercitazioni militari condotte dalla Nato e dai suoi partner: Mare Aperto, Noble Jump e Joint Stars. Le ultime operazioni si sono concluse il 26 maggio. Il successivo 2 giugno, in occasione della Festa della Repubblica, A Foras – network che riunisce comitati, collettivi, associazioni, realtà politiche e individui che si oppongono all’”occupazione militare” dell’sola – ha organizzato a Cagliari una grande manifestazione antimilitarista e ambientalista. Hanno aderito numerosissime realtà, tra cui Arci Sardegna, l’Unione Sindacale di Base (USB), il movimento Caminera Noa a Unione Popolare, Arci, Anpi, Rete War Free, al grido di “A fora sas bases dae Sardigna”: via le basi dalla Sardegna.
«La replica del ministro conferma la disattenzione del governo ai diritti dei sardi e l’indifferenza per le reali necessità della Sardegna», ha commentato Francesca Ghirra, secondo cui l’isola, dove si trovano il 65% delle servitù militari italiane, «paga da decenni un prezzo altissimo per via dell’asservimento a fini militari di ampie zone di territorio». Ghirra ha inoltre affermato che «tutti i dati confermano che le compensazioni attuali sono insufficienti a risarcire comunità e territori per l’impossibilità di utilizzarli per scopi economici e ricreativi» e che «i rischi ambientali e per la salute, insieme alla dipendenza dall’economia militare, hanno ostacolato la formazione di capacità imprenditoriali che possano contribuire al loro sviluppo».
[di Stefano Baudino]