Il bullismo diventerà ufficialmente un reato. Grazie ad un progetto di legge licenziato all’unanimità dalla Commissione Giustizia, pronto per approdare alla Camera e al Senato per l’esame e il voto definitivo, il fenomeno avrà infatti uno specifico inquadramento giuridico con la previsione di sanzioni, ma anche e soprattutto di percorsi di prevenzione. Si andrà così a colmare una importante lacuna – più volte evidenziata dalle sentenze della magistratura – estendendo la legge n.71/2017, che riguardava il solo cyberbullismo.
La legge italiana inquadra concettualmente il bullismo come “l’aggressione o la molestia reiterate, da parte di una singola persona o di un gruppo di persone, in danno di un minore o di un gruppo di minori, idonee a provocare sentimenti di ansia, di timore, di isolamento o di emarginazione, attraverso atti o comportamenti vessatori, pressioni o violenze fisiche o psicologiche, istigazione al suicidio o all’autolesionismo, minacce o ricatti, furti o danneggiamenti, offese o derisioni”. Per il nuovo reato, il testo varato dalla commissione Giustizia di Montecitorio – frutto di una sintesi tra diverse proposte di legge – prevede una pena che va da un anno a 6 anni e 6 mesi. Per i minori, per i quali viene comunque previsto un progetto educativo, si potrà arrivare all’affidamento ai servizi sociali o a una comunità. La nuova norma contempla inoltre la confisca degli strumenti informatici utilizzati al fine di bullizzare le vittime.
Sulla base di quanto scritto nel testo, gli istituti scolastici dovranno adottare linee di orientamento con l’obiettivo di definire le procedure di prevenzione e contrasto del fenomeno, oltre a promuovere la possibilità di fornire un supporto psicologico agli studenti – sia per le vittime che per gli aggressori – e ad introdurre una serie di misure rieducative per i casi considerati più gravi. Nelle scuole di ogni ordine e grado, sarà prevista l’istituzione di un servizio di coordinamento pedagogico. Grande rilievo, in questo quadro, assumerà la figura del dirigente scolastico, il quale, venuto a conoscenza di atti di violenza nel contesto scolastico, sarà chiamato a informare “tempestivamente” i genitori dei bulli e a promuovere iniziative di carattere educativo nei riguardi dei minori coinvolti. Nel caso in cui il processo educativo non consegni i frutti sperati o le condotte venissero reiterate, il preside potrà allora provvedere a riferire alle autorità competenti.
Ove il bullo tenesse “condotte aggressive, anche in gruppo, anche per via telematica, nei confronti di persone, animali o cose ovvero lesive della dignità altrui”, la Procura della Repubblica, d’intesa con il Tribunale dei minori e con il coinvolgimento dei genitori, dovrà predisporre un “progetto di intervento educativo” con “attività di volontariato sociale o la partecipazione a laboratori teatrali, a laboratori di scrittura creativa, a corsi di musica, lo svolgimento di attività sportive, attività artistiche e delle altre attività idonee a sviluppare nel minore sentimenti di rispetto nei confronti degli altri e ad alimentare dinamiche relazionali sane e positive tra pari e forme di comunicazione non violente”. A conclusione del progetto, il Tribunale dei minori potrà allora “dichiarare concluso il procedimento, disporre la continuazione del progetto di intervento educativo o adottare un nuovo progetto rispondente a mutate esigenze educative del minorenne; disporre l’affidamento del minorenne ai servizi sociali, disporre il collocamento del minorenne in una comunità, qualora gli interventi previsti dai numeri precedenti appaiano inadeguati“.
Nel testo si fa poi espresso riferimento al servizio per l’assistenza delle vittime di atti di bullismo e cyberbullismo, garantito attraverso il numero pubblico emergenza infanzia 114 (sempre attivo) presso il Dipartimento per le politiche della famiglia alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Il servizio è atto a fornire prima assistenza psicologica e giuridica alle vittime e, nei casi di urgenza, a informare immediatamente la polizia degli atti di bullismo oggetto di segnalazione.
Ernesto Caffo, fondatore di Telefono azzurro, onlus attiva dal 1987 con lo scopo di difendere i diritti dell’infanzia, afferma che il testo «è frutto di una lunga battaglia che è stata fatta con questa e la precedente legislatura», seguita da Telefono azzurro «anche partecipando ad alcune audizioni». Secondo l’esperto si tratta di «uno spunto importante», che richiede però «una serie di investimenti di coordinamento e di risorse». Infatti, senza un processo «organizzativo chiaro e definito, rischia di restare una legge non efficace come noi vorremmo».
Ad esprimersi è anche LAV, – associazione italiana concentrata sulla salvaguardia dei diritti degli animali -, che, nonostante le perplessità in merito alla bocciatura di due emendamenti proposti dall’ente e presentati da Luana Zanella (Alleanza Verdi e Sinistra) e sottoscritti dalle deputate del Movimento 5 Stelle che “avrebbero conferito alla scuola e alle famiglie un ruolo determinante per far emergere gli episodi riconducibili ai fenomeni del bullismo e del cyberbullismo anche in relazione agli abusi su animali”, esprime soddisfazione per un testo che riconosce “anche la pericolosità sociale della violenza contro gli animali”. Ilaria Innocenti (Rapporti istituzionali Lav) parla di un «primo positivo passo verso la consapevolezza della gravità degli abusi sugli animali», spesso considerati solo «bravate». «Numerosi studi – aggiunge Innocenti – hanno infatti dimostrato come gli atti molesti o violenti in danno di animali siano molto spesso propedeutici ad atti di particolare allarme sociale» e sono da considerare «comportamenti da ricomprendere nell’ambito dei problemi sociali dei quali bullismo e cyberbullismo sono una manifestazione».
[di Stefano Baudino]