In Italia ormai la destra vince ovunque, non per propria potenza intrinseca, ma per abbandono dell’avversario in nome dell’euro-atlantismo e dell’agenda Draghi. Un perdurante KO tecnico.
La destra vince: carpe diem, o ramengo sarà il tuo cammino
Di Fausto Anderlini*
Ci sono momenti fatali nei quali mancare l’attimo è esiziale. Il Conte due, l’alleanza di governo giallo-rossa è stato questo momento fatale andato perso. Abbattuto il governo col beneplacito di Mattarella e instaurate le larghe quasi intese sotto l’egida di Draghi, era ancora possibile prendere l’occasione sfumata per i capelli.
Una qualche intesa elettorale fra Pd e 5 Stelle avrebbe sicuramente impedito l’avvento della destra, senza escludere un eventuale successo pieno. La dote di consenso incamerata dal Conte due era ancora consistente e un rilancio di governo l’avrebbe sicuramente ravvivata.
Perchè è una chimera l’idea che alle elezioni si giochi alla sola rappresentanza, cioè all’ideologia tramutata in seggi. Il gioco vero è il governo e senza una proposta credibile l’unica alternativa è giocarsi il primato dell’opposizione.
E il Pd, con la decisione di liberarsi dei 5S in nome del doppio talmud dell’euro-atlantismo e dell’agenda Draghi, si è giocato in un colpo solo entrambe le poste: il governo, consegnato brevi-manu nelle mani della destra, e l’opposizione, consegnata anch’essa, come residuo, in quelle dei 5 S.
L’idea di poterle incamerare tutte e due con un rilancio del veltroniano ‘partito maggioritario’ essendo una pura follia capace al massimo di trarre in inganno una squinternata base militante di classi medie urbane.
Perso quell’attimo, anche ai supplementari, era inevitabile che le cose evolvessero tal quali sono: una destra che vince ovunque, non per propria potenza intrinseca, ma per abbandono dell’avversario. Una sorta di perdurante KO tecnico.
L’astensionismo di massa, ormai stabilmente oltre la metà degli elettori, se non i due terzi, è l’effetto di questa inutile tenzone. Per quanti siano i tentativi di abborracciare una proposta, neo-centrista o neo-frontista, il risultato è lo stesso.
Il Pd, tra l’altro, ha ormai esaurito le riserve di una classe amministrante, civica e locale, dotata di un proprio spessore. Dove questa persiste, per massima ironia, è subita con imbarazzo o perseguitata nel nome dell’anti-cacicchismo. Col risultato di allevare mine vaganti. Mentre i 5S ne sono programmaticamente privi.
Sicchè, nel vuoto generale, è normale che i notabilucci locali della destra facciano la loro figura, coprendo un certo tot di interessi e domanda di piccola clientela. Con al seguito gli yogurtini italovivi. Considerato che larga parte della politica amministrativa si esaurisce nella routine, per la gente l’uno vale l’altro e tanto vale sottrarsi alla fatica di dover scegliere.
Una fredda cortina di disillusione e indifferenza è calata sull’elettorato. Il ciclo è basso, e durerà a lungo. Anche le vittorie del Pd nelle grandi città nell’anno trascorso avevano piedi di argilla. Galleggiamenti sul vuoto.
Il tentativo della Schlein di raddrizzare la baracca non solo stenta, ma già sta generando inesorabili effetti controintuitivi. Attaccare la irresolutezza della destra a proposito del Mes nel sacro nome dell’eurocrazia vanifica in un colpo mesi di impegno profuso nel tentativo di recupero di una agenda sociale cogente.
Mentre la mancanza di entusiasmo per la pur riconosciuta primazia atlantica la espone all’attizzamento dei fondamentalisti ‘democratici’ filo-ucraini. Cosiccome l’occhio rivolto ai 5S, dove si innesta un gioco perverso. Da un lato l’alleanza ha un tono più concorrenziale anzichè complementare. Interessa ambiti residui di un elettorato ideologico dislocato a sinistra che così è portato anche a dividersi, mentre il grosso degli elettori è appassionato il giusto se non per niente
Dall’altro lato, per la destra interna, vale sempre il motto ‘chi tocca Conte muore’. Ove l’alleanza fosse stata capace di qualche successo i devastatori sarebbero già entrati in opera. Ne sa qualcosa Zingaretti che fu detronizzato con ignominia a seguito di un sollevamento generale (di donne, renziani, ma non solo) proprio all’indomani della vittoria conseguita alle regionali.
Tanto che vien da pensare che la soluzione Bonaccini fosse la più consona per evitare sin da subito gli scogli di questa perigliosa navigazione destinata, con ogni probabilità, a spaccare la navicella del Pd su qualche scoglio. Il Pd è quello che è, un timido partito di sinistra socialista ‘europea’ composto di classi medie che guarda al centro mentre si diletta di fondamentalismo ‘civile’. Difficile disancorarlo dal suo milieu.
Scrivo, naturalmente, imbevuto di pessimismo della ragione. Se non della disperazione, che si alimenta anche di un suo retroterra esistenziale e biologico, Per adesso non mi viene altro.
* Grazie a Fausto Anderlini