Oggi scioperano i metalmeccanici: l’antica “classe generale” quella che esprimeva il sindacato “soggetto politico” nel passaggio per dirla con Bruno Trentin “da sfruttati a produttori”.
Uno sciopero che dovrebbe rappresentare un grande riferimento anche per la sinistra politica alle prese con ormai storiche difficoltà di radicamento sociale e, nella fattispecie, con l’idea che prevalentemente gli operai dell’industria si sono spostati a destra perchè trascurati nella loro condizione di vita e di lavoro e sensibili al richiamo corporativo.
Quanti sono i dipendenti nell’industria metalmeccanica in Italia? Più di 1,8 milioni (dati Istat) se contiamo anche il lavoro interamente sommerso (che avrebbe un’incidenza relativamente bassa in questi comparti) e quel po’ di occupazione metalmeccanica attiva in imprese che ufficialmente non sono metalmeccaniche: al netto di queste due componenti, gli occupati delle imprese metalmeccaniche sono circa 1,7 milioni. Alla vigilia della crisi superavano i due milioni: in un quinquennio le imprese metalmeccaniche hanno dunque bruciato circa 300 mila posti di lavoro. Un terzo di questa perdita è concentrata nei settori della fabbricazione di prodotti in metallo (come generatori, caldaie, armi, ferramenta) che – insieme all’industria meccanica – esprimono il grosso dell’occupazione metalmeccanica.
Il frutto dell’assenza di una politica industriale da parte dei diversi governi succedutisi nel tempo e da scelte compiute al riguardo dello smantellamento dell’intervento pubblico in economia e relative privatizzazioni.
Lo sciopero di oggi riguarda l’emergenza salariale, il superamento della precarietà, l’attacco ai diritti civili, il welfare, la difesa della Costituzione, la richiesta di una mobilitazione europea.
Sarà il primo passo – sostengono dalla segreteria della FIOM – di una lotta lunga che punta come tappa intermedia allo sciopero generale: pesano le divisioni tra la sigle ma soprattutto pesano arretramento sociale e fatica economica.
Oggi si è ricominciato a lottare: ci auguriamo lo si sia fatto per necessità immediata e per dovere della classe storicamente più avanzata.