Secondo il Global Multidimensional Poverty Index (MPI), un rapporto delle Nazioni Unite pubblicato in collaborazione con l’Oxford Poverty and Human Development Initiative (OPHI) dell’Università di Oxford l’11 luglio, in India un totale di 415 milioni di persone sono uscite dalla povertà in soli 15 anni, dal 2005/2006 al 2019/2012. Il rapporto sottolinea come, oltre all’India, 25 Paesi hanno ridotto il loro indice di “povertà multidimensionale”, dimostrando che è possibile ottenere rapidi progressi. Tra questi si annoverano Cambogia, Cina, Congo, Honduras, India, Indonesia, Marocco, Serbia e Vietnam. «Il rapporto dimostra che la riduzione della povertà è realizzabile. Tuttavia, la mancanza di dati completi durante il periodo della pandemia di COVID-19 pone sfide nella valutazione delle prospettive immediate», si legge.
Nel 2005/2006, circa 645 milioni di persone erano in povertà multidimensionale in India. Il numero è sceso a circa 370 milioni nel 2015/2016 e a 230 milioni nel 2019/2021. Tutti gli indicatori di povertà sono diminuiti: «gli Stati e i gruppi più poveri, compresi i bambini e le persone appartenenti a gruppi di caste svantaggiate, hanno registrato i progressi assoluti più rapidi». Coloro privi di combustibile per cucinare sono scesi dal 52,9% al 13,9% e quelli senza servizi igienici dal 50,4% nel 2005 all’11,3% nel 2019. Per quanto riguarda l’indicatore dell’acqua potabile, le persone che non ne possono disporre sono scese dal 16,4% al 2,7%; mentre quelle prive di elettricità sono diminuite dal 29% al 2,1%. L’indicatore “abitazione”, invece, ha registrato una diminuzione di persone prive di casa dal 44,9% al 13, 6%.
Secondo il report, 1,1 miliardi su 6,1 miliardi di individui (poco più del 18%) vivono in condizioni di povertà multidimensionale acuta in 110 paesi. L’Africa subsahariana (534 milioni) e l’Asia meridionale (389 milioni) ospitano circa cinque poveri su sei. Quasi due terzi di tutti i poveri (730 milioni di persone) vivono in paesi a medio reddito, ma è nei Paesi a basso reddito che risiede il 35% di tutti gli indigenti. Molte nazioni hanno dimezzato il loro indice di povertà multidimensionale (IPM) in periodi da quattro a 12 anni, dimostrando la fattibilità dell’obiettivo di sviluppo sostenibile (SDG) di dimezzare la povertà secondo le definizioni nazionali entro 15 anni. Tuttavia, le Nazioni Unite hanno aggiunto che, nonostante queste tendenze incoraggianti, la mancanza di dati post-pandemia per la maggior parte dei 110 paesi coperti dall’IPM globale limita la comprensione degli effetti della pandemia nel futuro prossimo. In particolare, si legge che «gli impatti negativi della pandemia in dimensioni come l’istruzione sono significativi e possono avere conseguenze di lunga durata». In ogni caso, è possibile «vedere chiaramente che c’erano progressi costanti nella riduzione della povertà multidimensionale prima della pandemia».
Per quanto riguarda il caso specifico dell’India, è importante sottolineare che questa adotta un modello economico di tipo misto molto distante dal quello liberista occidentale. Il governo indiano, infatti, svolge un importante ruolo di regolazione e pianificazione, oltre a essere titolare di numerose imprese pubbliche. Un fattore che ha sicuramente contribuito, seppure lentamente, al contrasto alla povertà, proteggendo gli interessi e gli asset nazionali e impedendo la liberalizzazione selvaggia dell’economia e le privatizzazioni, ossia gli ingredienti fondamentali delle politiche neoliberiste imposte in molti Paesi del mondo dalle istituzioni finanziarie occidentali, come l’FMI, causando povertà e distruzione. Prima del dominio britannico – estremamente deleterio per l’economia indiana – il Paese asiatico era uno dei più fiorenti al mondo grazie all’esportazione di spezie e tessuti pregiati. Ora l’India sta recuperando le sue posizioni dopo un lungo periodo di depressione e indigenza: secondo le stime dell’FMI, nel 2022 l’economia indiana ha superato quella del Regno Unito in termini di dimensioni ed è salita al quinto posto nel mondo, con una crescita del 7,2% prevista per l’anno fiscale 2023.
[di Giorgia Audiello]