Dal 13 al 16 luglio si è svolta una nuova mobilitazione globale in sostegno della popolazione della regione messicana indigena del Chiapas che chiede aiuto e solidarietà per resistere alla guerra silenziosa che il governo di Città del Messico continua a portare avanti in modo strisciante contro lo storico autonomismo e spirito di indipendenza che anima il popolo chiapaneco. Militarizzazione, repressione, violenze, sequestri, omicidi mirati, espropriazione delle terre e rilocalizzazione della popolazione sono gli elementi denunciati di questa guerra governativa che rischia seriamente di divenire aperta, con la prospettiva di portare a una guerra civile.
L’azione globale ha avuto eco a Morelos, Jalisco, Veracruz, Michoacán, Chiapas, Baja California e Oaxaca, e in altre nazioni come Francia, Grecia, Stati Uniti, Spagna e Germania, dove artisti, musicisti e attivisti hanno protestato per le strade, distribuito striscioni, dipinto graffiti, gridato slogan e tenuto seminari per chiedere il rispetto dell’autonomia dell’EZLN e l’immediata cessazione delle aggressioni armate contro le comunità in Chiapas. «Veniamo a dire che le nostre sorelle e fratelli dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale non sono soli, che non sono soli, che chiediamo la fine dell’attacco contro l’EZLN e, a nostra volta, l’immediata libertà del compagno Manuel Gómez Vázquez, base di appoggio zapatista, e alziamo il pugno dal basso e a sinistra per dire mai più un Messico senza di noi», ha comunicato il Congresso Nazionale Indigeno durante un sit-in politico-culturale di fronte al Palazzo Nazionale di Città del Messico per dodici ore.
I membri della Tejiendo Organización Revolucionaria aderenti alla sesta dichiarazione della Selva Lacandona (TOR), hanno messo in guardia contro i gruppi paramilitari e la criminalità organizzata che tiene sotto controllo le comunità zapatiste, data la complicità dell’esercito e della Guardia Nazionale, nonché l’assenza del governatore dello stato, Rutilio Escandón Cadenas. Itzael Magaña, rappresentante di TOR a Città del Messico, durante le sessioni informative tenute al Monumento alla Rivoluzione, ha affermato che le comunità non solo sono attaccate e sfollate dalle loro comunità dalla criminalità organizzata, ma sono anche vittime di gruppi paramilitari. «Curiosamente il Chiapas è una delle entità con più basi della Guardia Nazionale, con più truppe, se tutto il paese è militarizzato Chiapas più, con il pretesto di combattere le migrazioni, quello che è certo è che la violenza aumenta, i gruppi shock, al servizio dei narcos, aumenta la distruzione del tessuto sociale, la migrazione non si ferma, Al contrario aumenta, è molto chiaro che quando si militarizza l’area si rende illegale il transito delle persone, si incoraggiano gli affari, i coyote fanno pagare di più», ha detto Itzael Magaña.
I membri dell’Organizzazione Regionale dei Coltivatori di Caffè di Ocosingo (Orcao) hanno attaccato con armi da fuoco le comunità autonome zapatiste situate nella regione di Moisés Gandhi e bruciato appezzamenti di terreno e edifici. Gli ultimi episodi di violenza fanno parte di una lunga lista per cui, il mese scorso, le comunità zapatiste avevano già manifestato pubblicamente la grave situazione sociale. A niente sono quindi valse le proteste di giungo scorso, a cui sono seguiti altri episodi di brutale violenza contro le comunità locali.
Neanche la presenza di un socialista – seppur moderato e non certo libero da compromessi con i settori storici del potere profondo messicano – come Andrés Manuel López Obrador alla presidenza del Messico ha potuto o voluto fermare questo progressivo espandersi del potere capitalista e della sua forza armata che, nel caso specifico, è incarnata dalle forze di sicurezza e militari del Paese, che in molti casi si è dimostrata lassista se non addirittura complice di bande e organizzazioni criminali e paramilitari – che sembrano svolgere una sorta di lavoro sporco per conto terzi in cambio di terre e possibilità di business. In fondo, la storia recente del Messico ci ricorda la profonda commistione tra apparati dello Stato e organizzazioni criminale e paramilitari, nonché, ovviamente, da una radicata corruzione.
[di Michele Manfrin]