Economia capitalista deregolamentata vs economia pianificata, questo è il vero scontro in atto, dove valori e livelli di democrazia c’entrano molto poco.
Economia capitalista deregolamentata vs economia pianificata
Andando molto a semplificare, quello che sta accadendo è un confronto tra economia capitalista deregolamentata (con vari livelli) e economia pianificata (capitalista ma con varie sfumature in base alle situazioni locali).
La classe dirigente di un paese prende le scelte economiche e politiche (in Occidente, abbiamo fuso i due aspetti per molto tempo), questo gruppo dirigente è a sua volta espressione della classe dominante.
Per comodità (e per evitare confronti sul sesso degli angeli) ho inserito anche l’economia cinese (socialismo di mercato) come economia capitalista pianificata. La presenza di una classe capitalista nel paese è chiara, così come la proprietà privata, l’apertura a capitali esteri e la presenza del mercato. Il Partico Comunista Cinese descrive il socialismo di mercato come fase di transizione.
Per anni, i nostri politici esperti e non, ci hanno detto che il mercato lasciato libero avrebbe fatto crescere l’economia. Ad oggi, tutti i paesi del nominato Occidente collettivo sono in ristagno, accusano crisi, sono vittime di complicati meccanismi finanziari e bancari che non riescono a prevedere e gestire.
Il tenore di vita di buona parte della popolazione di USA e Europa Occidentale (in particolare i più giovani) sta colando a picco e le nuove fiammate inflattive non fanno prevedere per il meglio.
Dall’altra parte abbiamo paesi che penetrano ben più a fondo in economia e nel tessuto sociale. La mano dello Stato nei BRICS è più possente e presente.
Anche qui, è interessante vedere come i paesi più esposti al liberalismo e all’economia occidentale sono anche quelli che rischiano più contagi speculati e crolli (Sud Africa e Brasile in particolare).
Come dimostra la vicenda sanzioni: il sistema economico russo non solo può reggere, ma alcuni aspetti possono prosperare.
La Cina (ma ancora di più paesi Laos o Vietnam) mostra chiaramente come un’economia pianificata, anche se capitalista, ha dei privilegi enormi. La gestione centralizzata permette di bloccare bolle speculative (ad esempio fermare per un determinato periodo l’apertura di nuove attività di un certo tipo), di riassorbire debiti privati riassorbendo un settore immobiliare in crisi e vendendo a prezzo ribassato le case (svolgendo anche una funzione sulle politiche abitative), gestire l’erogazione dei prestiti, favorire aree geografiche svantaggiate rendendo gli attori locali indipendenti e non legandoli a sussidi continui (come nello Xinjiang).
Andando a sfogliare un manuale di storia economica, vi renderete conto che anche l’economia europea e nordamericana sono andate a gonfie vele fino agli anni ’70-’80, quando la separazione dollaro-oro, la deregolamentazione, la separazione ministeri-banche centrali, il precariato hanno introdotto manovre suicide (suicide per la maggior parte della popolazione).
Il divario poveri-ricchi dopo decenni in cui tendeva a ridursi ha ricominciato ad aumentare e le nuove generazione sono le più povere dal dopoguerra.
Il capitalismo in quegli anni ha abbandonato l’intervento dello stato per bloccare quel processo di lotte sindacali e intervento pubblico che alla lunga avrebbe trasformato i paesi a capitalismo avanzato in economie socialiste (ci sarebbero voluti decenni, ma la tendenza era quella).
Abbiamo preso una scelta irrazionale (abbandonare la produzione di beni concreti) a favore di beni inconcreti (finanza), creando denaro dal nulla e basandolo sul nulla. Qui è giusto tornare a principio e correggere non “abbiamo”: “hanno”, la classe dirigente espressione della classe sociale dominante.
Oggi, i paesi che hanno conservato un modello interventista o semi-pianificato sono paesi più stabili, possono reggere al meglio gli urti. Quello che tv, giornali, professori universitari e esperti dicono viene continuamente smentito: la Russia sarebbe dovuta crollare per le sanzioni e non è crollata – la Cina avrebbe avuto una crisi del debito, poi una crisi immobiliare: mai pervenute.
Si tratta, comunque, di economia capitaliste come detto e quindi soggette a crisi cicliche. Tuttavia, credo sia giusto a questo punto rivalutare la definizione di “fase di transizione” al socialismo, queste economie stanno prendendo la scelta più saggia per il tenore di vita dei propri abitanti e non di una classe internazionale parassita che si sposta su aerei scontati.
Questi stati intervengono, pianificano, gestiscono, tassano, spostano soldi.
Sto dicendo che Putin è comunista? No, sto dicendo che la fase storica in cui la Russia si trova, che esula da Putin, è una fase di transizione e che se i BRICS (che più, chi meno) resteranno orientati in questa direzione svolteranno al socialismo (come previsto da Marx per i paesi a capitalismo avanzato).
Perchè è utile fare questi discorsi?
Per conservare quella che Grasmci chiamava ‘egemonia’ e che consiste nel ribaltare i discorsi della classe capitalista. Vi farà un esempio.
Sono un ecologista e sono rimasto molto stupito che in questi giorni si parlasse di non fare la doccia.
Per carità, sacrosanto discorso, però mi domando, perché diciamo al pensionato di non fare la doccia con 40 gradi e non diciamo a chi può pagarsi due viaggi intercontinentali all’anno di non andare in Belize per venti giorni? Che la sua voglia di vedere la barriera corallina non vale il futuro dei miei figli e la sopravvivenza di quella barriera corallina?
Il perchè è facile: il viaggio in Belize per molti è un miraggio, il settore turistico e aereo si regge su questo consumo massiccio di risorse (inquinando e distruggendo di tutto) e tramite i social diffondiamo i valori della classe egemone (sprecare risorse è bello, inquinare per venire qui ne vale la pena).
Ecco per smascherare la falsa coscienza liberale dietro a questo principio del “fate tutti come cazzo vi pare“, è necessario continuare a dire che i nostri governanti, giornalisti, professori universitari, non hanno il verbo rivelato in bocca, ma sono espressione storica di una classe sociale dominante che si sta arrampicando sugli specchi per sopravvivere alla crisi.