Mercoledì è arrivata in Commissione Giustizia del Senato la proposta, a firma Fratelli d’Italia, per l’abrogazione del reato di tortura e la sua derubricazione ad aggravante comune. I promotori di questo provvedimento intendono, nello specifico, eliminare gli articoli 613-bis e 613-ter del codice penale che delineano il reato, mantenendo soltanto una sorta di aggravante all’articolo 61. La maggioranza corre dunque all’attacco di una fattispecie di reato – presente in più di 100 Paesi del mondo e introdotta nell’ordinamento dall’Italia, con grande ritardo, soltanto nel 2017 – che ha permesso di porre una lente di ingrandimento sugli innumerevoli abusi perpetrati dall’autorità nei confronti dei cittadini. Il più delle volte all’interno delle carceri.

I firmatari della proposta di legge hanno scritto nella relazione che accompagna il testo che “l’incertezza applicativa in cui è lasciato l’interprete” con le norme introdotte nel 2017 “potrebbe comportare la pericolosa attrazione nella nuova fattispecie penale di tutte le condotte dei soggetti preposti all’applicazione della legge, in particolare del personale delle Forze di polizia che per l’esercizio delle proprie funzioni è autorizzato a ricorrere legittimamente anche a mezzi di coazione fisica“. Nella relazione si legge ancora che, ove gli articoli 613-bis e 613-ter non venissero abrogati, “potrebbero finire nelle maglie del reato in esame comportamenti chiaramente estranei al suo ambito d’applicazione classico, tra cui un rigoroso uso della forza da parte della polizia durante un arresto o in operazioni di ordine pubblico particolarmente delicate o la collocazione di un detenuto in una cella sovraffollata“. Secondo i promotori, le pene previste per il reato sarebbero “chiaramente sproporzionate rispetto ai reati che puniscono nel codice attualmente tali condotte (percosse, lesioni, minaccia eccetera) e non giustificate dall’andamento della situazione criminale in Italia”.

Il reato di tortura, per come è stato introdotto nell’ordinamento dall’Italia, riguarda “chiunque, con violenze o minacce gravi, ovvero agendo con crudeltà, cagiona acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a una persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza, ovvero che si trovi in condizioni di minorata difesa”, punendolo con la reclusione da 4 a 10 anni “se il fatto è commesso mediante più condotte ovvero se comporta un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona”. Inoltre, è stata prevista un’aggravante nel caso in cui a commettere il reato sia “un pubblico ufficiale” o “un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o in violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio”.

La prima condanna nei confronti di un membro delle forze dell’ordine – un agente di polizia in servizio presso il penitenziario di Ferrara – è stata comminata solo nel 2021 per fatti risalenti al 2017. Il mese successivo altri 10 agenti erano stati condannati in abbreviato a pene dai 2 anni e 3 mesi ai 2 anni e 8 mesi per il pestaggio di un detenuto avvenuto nell’ottobre 2018 nel carcere di San Gimignano (Siena). Per gli stessi fatti, alcuni mesi fa altri 5 agenti hanno subìto condanne a pene comprese tra i 5 anni e 10 mesi e i 6 anni e mezzo di detenzione dal Tribunale di Siena nella cornice del rito ordinario. In particolare, la possibilità di indagare per un reato specifico ha consentito che emergessero i trattamenti inumani a cui, troppo spesso, sono stati sottoposti i detenuti all’interno delle carceri dello stivale. Inchieste e processi incentrati sui presunti abusi, violenze e torture subìti negli ultimi anni dagli ospiti di moltissime case circondariali hanno infatti cominciato a fioccare.

A schierarsi subito contro la proposta di legge sono state le associazioni Amnesty InternationalAntigone e A Buon Diritto, che hanno lanciato un appello per la difesa del reato di tortura. Il presidente dell’associazione Antigone, Patrizio Gonnella, ha dichiarato che la cancellazione del reato, che ha consentito di promuovere l’idea che «non debbano esistere spazi di impunità», significherebbe «far ripiombare il carcere nel sistema opaco che lo caratterizzava fino a pochi anni fa».

Dura la reazione di gran parte delle opposizioni alla mossa dei deputati di Fdi. “Il reato di tortura c’è in tutti gli ordinamenti democratici, è richiesto dalle convenzioni internazionali a tutela dei diritti umani, siamo uno degli ultimi paesi occidentali che l’hanno introdotto” – ha dichiarato Alfredo Bazoli del Partito Democratico -. L’intenzione di abrogarlo rivela un’idea preoccupante e pericolosa dell’uso del potere e della forza da parte della destra”. Sulla stesa scia si sono posti Angelo Bonelli, co-portavoce nazionale di Europa Verde, e Devis Dori, capogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra in Commissione Giustizia, che in una nota comune hanno scritto che la proposta di Fdi costituisce “un’azione gravissima che va contro la Convenzione ONU del 1984 contro la tortura, ratificata dall’Italia con la legge n. 498/1988, che prevede l’obbligo per gli Stati di legiferare affinché qualsiasi atto di tortura sia espressamente e immediatamente contemplato come reato nel diritto penale interno”. All’attacco anche il leader del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, che ha affermato che “la proposta di legge che mira a depennare dal codice penale il reato di tortura vuole farci percorrere a ritroso il cammino di civiltà fin qui compiuto”. L’ex premier ha parlato di un “grave attacco allo Stato di diritto“.

[di Stefano Baudino]

Di L.M.

Appassionato sin da giovanissimo di geopolitica, è attivo nei movimenti studenteschi degli anni novanta. Militante del Prc, ha ricoperto cariche amministrative nel comune di Casteldelci e nella C.M. Alta Valmarecchia. Nel 2011 crea il blog Ancora fischia il vento.

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